Brani di vita/Libro primo/Neve
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NEVE
C’è la neve?
Vi pare una domanda sciocca, non è vero? Eppure in casa mia ha una grande importanza, poichè in un momento di tenerezza paterna ho avuto la imprudenza di prometterla al mio bambino che non ricorda più quella dell’anno passato. Io gli ho promesso la neve pel giorno di Natale, io che l’ho avvezzato a credere ciecamente alle mie parole! La stagione si manteneva sempre eccellente e cominciavo a fare il diplomatico col signorino, cercando di preparare delle scappatoie alla paterna autorità. Ho insinuato così alla larga certi dubbi impertinenti sulla infallibilità dei lunari, e prendendola da lontano, ho fatto per incidente certe subdole supposizioni che implicavano la perfetta serenità del giorno di Natale; ma non c’è stato verso di proteggere decentemente la mia ritirata. Questa sera stessa dipingevo con colori vivacissimi (non faccio per lodarmi) e con eloquenza maravigliosa, le delizie di una passeggiata da farsi nel santo giorno, con un sole splendido ed un cielo sereno, sino ai giardini pubblici, dove al caffè vendono i dolci tanto buoni. Il signorino mi ascoltava serio serio, colle mani dietro la schiena alla napoleonica, e pareva soddisfatto della magnifica prospettiva di vedere i pesci rossi nel laghetto e di mangiare i pasticcini al caffè, quando ad un tratto mi ha chiesto a bruciapelo se ci sarà poi anche la neve!
La mia autorità è in pericolo! Come potrò io godere ancora la confidenza del mio primogenito che ho ingannato così? Mi domando spaventato con quali doni potrò asciugare le lacrime della sua prima disillusione. C’è in una bottega un tramway di latta coi cavalli di legno che gli deve aver ferito la fantasia; ma basterà a fargli dimenticare la neve promessa? Io domando a che cosa serve l’Ufficio Meteorologico Centrale che manda tanti curiosi telegrammi ai giornali? A che cosa serve leggere nel foglio della sera che oggi è stato bel tempo? C’è bisogno di telegrafarlo da Roma, quando già io sono uscito senza pastrano? Quanto più utile sarebbe quell’Ufficio se sapesse dire in tempo ai poveri padri di famiglia: — Badate di non promettere la neve pel giorno di Natale ai vostri bimbi, perchè quel giorno sarà sereno! — Allora si capirebbe il perchè di tanti impiegati e di tanti telegrammi. Ma a mezzanotte non sanno dire che tempo farà al tocco. Oh, la scienza! Meglio il lunario, che almeno qualche volta ci coglie.
Iddio misericordioso mi tenga le sue sante mani sul capo e non permetta mai ch’io faccia di questo libro una cattedra di irreligione, specialmente nei giorni benedetti. Ma però mi sia permesso di dolermi che la tradizione cristiana, e specialmente cattolica, abbia incorniciato la nascita del suo Messia con tutti gli orrori della stagione invernale. Anche a me sono noti, press’a poco, i risultati della moderna esegesi che tendono a stabilire Nazaret e non Betlemme come luogo di nascita di Cristo, secondo il Vangelo di Giovanni. So benissimo che il censimento di Quirinio, che la leggenda ritiene causa del viaggio a Betlemme, è almeno di dieci anni posteriore all’anno della Natività secondo Luca e Matteo, poichè i due evangelisti fanno nascere Gesù sotto il regno di Erode e il censimento non fu fatto che dopo la deposizione di Archelao; e che ad ogni modo questa operazione amministrativa dovette aver luogo solo nelle provincie romane e non nelle tetrarchie. Ma non è il caso di sfoggiare una erudizione troppo facile per tacciare di inverosimiglianza tante pie leggende, e ripeto che non voglio tener cattedra di irreligione. Solo mi preme di protestare contro la tradizione della neve natalizia, cui debbo il mio paterno imbarazzo.
Che a Nazaret l’inverno sia rigido, lo credo, benchè io non ci sia mai stato nè d’inverno nè d’estate. Benchè Nazaret sia ad una latitudine anche più meridionale di quella di Tunisi e le linee isochimene notino per quella regione una temperatura invernale di + 10 centig. in media, so che la patria del falegname Giuseppe è sul monte, e quindi soggetta a squilibri forti di clima. Ma poichè la tradizione pia fa nascere Gesù a Betlemme, molto più al sud, in latitudine più meridionale di Tripoli, in luogo montuoso, ma aperto ad oriente e riparato a settentrione dai monti che limitano la riva sinistra del Cedron, dubito che la neve fosse molto alta la notte del 25 dicembre dell’anno 1.
Sant’Epifane (vedete come la so lunga) mette il Natale ai 6 di gennaio, e San Clemente Alessandrino dice che a’ suoi tempi chi lo celebrava nel 19 o 20 d’aprile, chi al 20 maggio. Nel passato secolo vi fu chi sostenne che il Natale doveva cadere in settembre, ma il calendario del Bucherius mette la festa ai 25 di dicembre, e la Chiesa la celebra in quel giorno.
Certo in dicembre è freddo; almeno per lo più l’inverno è già inoltrato verso la fine dell’anno. Ma se badassimo alla tradizione ed ai quadri dei pittori, tra i gradi 31 e 32 di latitudine dovrebbe esistere la Siberia e non la Giudea. Ci dipingono certe nevicate da fare invidia alla Groenlandia, mentre, anche ora, gli ulivi prosperano a Betlemme senza paura di morire gelati. Giacomo di Vitry narra che l’esercito dei crociati, giunto sulle rive del Giordano a metà di novembre, prese un bagno con molto piacere. E se al 6 di gennaio è solennizzato il battesimo di Gesù, che fu da Giovanni immerso nel fiume, certo il Giordano non doveva esser gelato anche secondo l’idea della Chiesa. Quanto al bue ed all’asinello, non hanno che una dubbia frase del profeta Abacucco per giustificare la loro presenza nel presepio; e ad Abacucco ne lasceremo tutta la responsabilità.
Dunque il Vangelo non ci dice che nel giorno di Natale, a Betlemme, nevicasse. La geografia fisica lo nega. Perchè dunque dovrà esserci la neve quel giorno? Perchè queste belle ed erudite riflessioni non mi vennero in mente quando promisi la neve al mio bambino? Chi lo persuade ora? Se gli cito Abacucco, ho paura che non lo prenda sul serio. Specchiatevi, padri imprudenti, e vedete dove vi può trascinare una promessa fatta leggermente!
⁂
Il profeta Daniele dice: Benediciamo i ghiacci e le nevi del Signore, e questo invito mi ricorda l’egoismo de’ miei desiderii. C’è troppa gente al mondo per la quale la neve è una tribolazione: desiderarla è dunque male. Lasciamo che il profeta la benedica e speriamo che i poveri possano farne a meno oggi. Comprerò il tramway al mio erede, che dimenticherà le promesse paterne, ed i bimbi dei poveri saranno contenti perchè oggi avranno meno freddo. Tutto quindi anderà pel meglio.
Ma io l’ho tuttavia colla scienza che non mi ha saputo guidare nelle promesse.
Sono oggi quasi trecento anni che il signor Ovidio Montalbani, il Rugiadoso Accademico della Notte e fra gl’Indomiti lo Stellato, pubblicava la sua Chiologia, cioè Discorso sulla Neve, e press’a poco sapeva quel che sa l’Ufficio Meteorologico Centrale. Sapete come si scriveva nel seicento? Ebbene, il Montalbani dedica il suo libro ad un conte Riario cominciando così: “La neve che io tratto nel presente discorso non sa intiepidire: ella ha riscaldato gagliardamente quel riverente affetto con che gran tempo fa vivo ambitioso della gratia di V. S.” Nientemeno! Egli ci dice più avanti che la neve “coll’inertia d’una quiete stagnante fabrica veloci le ali agli odori, et la medema si dichiara per indivisa compagna della Mestitia et della Giovialità”. Proprio quello che dicevo! Mentre la neve pel mio bimbo sarebbe compagna della Giovialità, per altri bimbi sarebbe compagna della Mestitia. E andate poi a parlare di progresso mentre l’Accademico Rugiadoso, quasi tre secoli addietro, diceva quel che dico io!
Nel 1644 l’Accademico Stellato affermava che l’oroscopo “trigonocratore dell’uno cielo ed oriocratore del proprio luogo” lo induceva a credere che “le feste natalitie non saranno tanto rigorose nel freddo quanto i giorni adietro, overo che riusciranno serene”. Non so se l’indovinasse per quell’anno; so che l’indovina per questo. Provino un po’ i meteorologi odierni, che non usano termini meno difficili, ad indovinare che tempo farà per le feste di Natale del 2000? Vedremo se ci colgono. Sì, lo vedremo!
Facciamo pure senza la neve poichè tutti ci guadagnano e tanto il tramway l’avrei dovuto comprare lo stesso; e in questo giorno in cui gli angeli hanno cantato pace in terra agli uomini di buona volontà perdoniamo anche ai meteorologi, che in fatto di buona volontà e di buone intenzioni (l’inferno ne è foderato) non sono secondi a nessun’altra classe di scienziati. Pace dunque al padre Denza e al Ministero della Marina.