Biografia di Frà Paolo Sarpi/Vol. II/Appendice bibliografica/Sezione quarta
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SEZIONE QUARTA.
Opere falsamente attribuite a Frà Paolo.
1.° Opinione come debba governarsi internamente ed esternamente la repubblica di Venezia per avere il perpetuo dominio.
Stampata anco col titolo: Memoria presentata al Senato, ecc. ovvero Ricordi al principe e Senato veneto, ecc. e tradotta in francese col titolo: Le Prince de F. Paolo. Pietro Daru ne fece grand’uso per la sua Storia di Venezia il che lo trasse ad errori radicali.
Quest’operetta fu scritta l’anno 1615 o in quel torno, lo stile ha simiglianza col fare vibrato di Frà Paolo; ma la locuzione è più scorretta e più dura. L’introduzione sarebbe insolita a Frà Paolo, non uso a perdersi in proemi, e così anco la divisione per capitoli e per paragrafi; e per lui non meno inusitata sarebbe la frase che sente di francesismo, a proporzione del mio talento, con cui termina il libro. Certi principii d’ingrandimento e di conquista sono troppo ipotetici, nè Frà Paolo era un uomo da fondarvi sopra un dogmatismo politico; e sono eziandio contrari al sistema di conservazione seguito allora dalla Repubblica, sistema al quale partecipava lo stesso Frà Paolo. Certi consigli atroci e in contraddizione colle massime di severa giustizia proposte già dall’autore siccome fondamento del ben regnare, più che a perpetuare un governo sarebbero atti a pervertirlo; altronde sono trafatto disformi dalla morale pratica del Consultore. Vi sono poi precetti e considerazioni puerili affatto, e che torna troppo arduo l’attribuire a un tant’uomo di Stato; e una certa causticità e un astio crudele, che malamente velasi coll’arte del consiglio, dà a quello scritto l’aria di una satira ironica od insidiosa: e se Frà Paolo ne fosse l’autore e l’avesse scritto seriamente e collo scopo annunciato nel titolo, bisognerebbe confessare ch’ei fu il più tristo uomo del mondo, ponendo egli come fondamento di stabil regno l’ipocrisia, la frode, l’assassinio, l’immoralità, l’irreligione ridotte a sistema: forse con questi mezzi si acquista un regno ma non è per essi che si può conservarlo.
Se fosse vero che Frà Paolo scrisse que’ suoi ricordi ad istanza del governo, è chiaro che diventavano un secreto di Stato; e non era a Venezia dove tai secreti si potevano facilmente e impunemente divulgare. Eppure quel libello ignoto a contemporanei, non trovato fra le carte del Sarpi, fu stampato per la prima volta a Venezia col titolo: Opinione di Frà Paolo come debba governarsi ecc. e si vede che la Censura, cioè il Consiglio dei Dieci non fece alcun conto di esso, ma che lo lasciò anco ristampare quattro anni dopò; se non che nella edizione del 1685 il titolo fu Opinione falsamente attribuita a Frà Paolo ecc.; ma ignoro se tale mutazione derivò per ordine del governo, o per consiglio di letterati. So bene che essa nulla valse, perchè e il traduttore che la pubblicò in francese nel 1751, e quelli che la ristamparono in italiano a Livorno con data di Colonia nel 1760 e a Friburgo nel 1767 continuarono a spacciarne Frà Paolo autore. La riprovazione del doge Marco Foscarini non bastò a convertire Pietro Daru e Carlo Botta; ma la recente scoperta dell’erudito autore delle Inscrizioni Veneziane professore Emanuele Cicogna (Tom. 3, p. 507) deve finalmente relegare codesto libello fra i parti fittizi: «Il padre Giovanni degli Agostini, dic’egli, in una nota di suo pugno nella cronaca cittadinesca dei Gradenigo all’art. Canale dice: 1648. Un bastardo di casa Canal veneziana scrisse molte opere politiche, tra le quali l’Opinione come debba governarsi la repubblica di Venezia falsamente attribuita al P. Paolo Sarpi». Pare che l’Agostini fosse contemporaneo; e se è lecito arrischiarmi con una congettura direi che il Canale scrisse il suo libro col fine apposito di suscitar rancori ed animosità tra i nobili ricchi e i nobili poveri; imperocchè sotto colore di consigliare ai primi l’abbassamento degli altri non fa che pennelleggiare odiosamente l’oligarchia de’ potenti e il loro disprezzo pei deboli: come ancora consigliando l’abbassamento delle Quaranzie e l’ingrandimento del Consiglio decemvirale sembra che intenda a fomentare gelosie fra que’ due corpi; e fu forse per smentire l’autenticità del libro che il governo ne permise la stampa, nel che mostrava ciò che non possono mostrare molti governi attuali, una piena confidenza in sè e nella pubblica opinione.
Se questa operetta è la medesima che l’accennata di sopra a pag. 381, parrebbe che essendo stata essa trovata fra i libri di Frà Paolo, per questo solo motivo gli fu attribuita leggermente da alcuni malpratici, e quindi spacciata come sua.
2.° Consolazione della mente nella tranquillità di coscienza svegliata dal buon modo di vivere nella città di Venezia nel preteso interdetto di Paolo V. Con una seconda parte che ha per titolo: Collazione delle massime universali esaminate nella prima parte a’ punti contenziosi tra la corte di Roma e la repubblica di Venezia.
Fu stampata la prima volta all’Aia ne 1721, 2 vol. in 12.° presso Enrico Scheurleer, con una traduzione francese a fronte e il titolo: Droits des Souverains defendus contre les excomunications et les interdits des papes; titolo conservato poi dal Selvaggi nella sua ristampa di Napoli.
Gli aneddoti raccontati dallo Scheurleer e creduti buonamente dal Selvaggi, per provare l’origine e l’autenticità del MS., sono le solite ciancie usate dai librai in casi simili. Ma basta appena avere qualche cognizione degli scritti di Frà Paolo per conoscere che la Consolazione non è del numero: il solo preambolo fratesco basterebbe a provarlo, quand’anco non vi abbondassero e metafore e ampollosità e fioretti di retorica conventuale, soliti abbellimenti ne’ librai de’ frati; a cui bisogna aggiungere lo stile verboso, prolisso, pieno d’inutili digressioni, la logica scolastica, la superficialità e i pregiudizi dell’autore, la mancanza di erudizione, e i grossolani errori di critica e di fatto, tutte cose che non si possono attribuire a Frà Paolo. Servano i seguenti esempi:
L’autore della Consolazione dice che i quattro patriarchi, di Roma, di Antiochia, di Alessandria e di Costantinopoli furono instituiti a’ primi tempi del cristianesimo, e dopo molti anni fu instituito il quinto che fu quello di Gerusalemme. Al Sarpi non poteva scappare un granchio così fatto, mentre è noto a chiunque abbia cognizione dell’antichità che la distinzione de’ patriarchi incominciò nel V secolo; che nè a tempi degli apostoli e neppure tre secoli dopo si parlava della Sede di Costantinopoli; e che il vescovo di Gerusalemme, fu dichiarato patriarca nel 451, ma puramente di onore, perchè in fatto di giurisdizione restò tuttavia suffraganeo al metropolitano di Neo-Cesarea.
Ammette per vera la donazione di Costantino, che Frà Paolo chiama una falsità.
Ammette la Storia del concilio di Sinuessa che Frà Paolo tratta da favola.
Degli asili sacri tiene un concetto che è tutto l’opposto di quello che n’ebbe il Consultore.
Prova la sovranità de’ Veneziani sull’Adriatico con argomenti rigettati dal Sarpi, ecc. ecc.
3.° Risposta data da F. Paolo Servita a Paolo V sommo pontefice sopra l’Interdetto da esso fulminato contro la Serenissima repubblica di Venezia.
Senza un maggiore esame per cosa piccola, lo stile studiato e prolisso lo dimostra abbastanza un’opera spuria.
4.° Dominio del mare Adriatico e sue ragioni pel jus belli della Serenissima repubblica di Venezia.
Non si può supporre questa dissertazione di Frà Paolo, perchè ivi sono usati argomenti di fatto rigettati da lui.
5.° Dialogo latino in cui Frà Paolo fa la parte d’interlocutore con Antonio Quirini.
«Operetta, dice il Foscarini, già posseduta da Bernardo Trivigiano e che noi leggemmo nell’indice de’ suoi MSS.; ma stando al titolo, posciachè non ci venne fatto di vederla, ci passa per la mente ch’essa venga o dal Quirini o da qualsivoglia altri fuorchè dal Sarpi: e ciò perchè il talento di esso, rapito sempre mai dalla contemplazione delle cose, era intollerante dall’usar fatica nel ridurla a pulitezza di modi. Laonde non è da supporre leggermente che si ponesse a comporre dialoghi, essendo quel genere di scrittura il più sottoposto allo studio delle parole, e a mille altri legami particolari».
6.° Arcana Papatus, lavoro imperfetto, possieduto nel 1653 da Andrea Colvio che lo attribuiva al Sarpi.
Foscarini crede che siano frammenti della Podestà de’ Principi sopra accennata; ma potrebb’essere anco una impostura del Colvio. Certo è che nissun altro ebbe notizia di tale opera di Frà Paolo, e il Colvio istesso nel parlarne al Colomesio si guardò bene dal mostrargliela.
7.° Storia della religione in Occidente del cavaliere Edvino Sandis.
Fu pubblicata la prima volta in lingua inglese nel 1605, errano dunque coloro che attribuiscono questa istoria a Frà Paolo; altri gli altribuiscono solamente la traduzione italiana apparsa nel 1625 e le giunte ai primi dieci capitoli. Della traduzione è incredibile perchè Frà Paolo non sapeva la lingua inglese; e delle giunte il Foscarini che le ha esaminate trova che sono indegne del Sarpi per la materia, assolutamente non sue per lo stile, e le prove che adduce mi sembrano irrefragabili. Egli congettura che tanto la traduzione quanto le giunte siano lavoro del Diodati, e la sua congettura si approssima assaissimo al vero. Grozio dice che Frà Paolo somministrò ad Edoino Sandis i materiali di quella storia: era una strana fisima de’ protestanti questo far intervenire Frà Paolo in tutte le cose in cui vi fosse qualche arditezza di concepimento, o che essi volessero accreditare. Fatto è che il Sandis viaggiò in Italia nel 1597, quando Frà Paolo viveva nella migliore armonia colla corte di Roma, tutto intento a coltivare le scienze, e non pensando minimamente a cose teologiche o di controversia.
8.° Discorso intorno la credenza del P. Paolo.
Pauli Veneti Confessio fidei.
Il primo esisteva MS. fra i codici di Bernardo Trivigiano ed è citato dal Foscarini; l’altra n’è una traduzione pubblicata dal Colvio e forse anco adulterata. Fra quelli che conoscono la maniera di pensare del Sarpi niuno vorrà persuadersi che volesse scrivere un discorso sulla propria credenza.
9.° De iurisdictione Serenissimæ Reipublicæ Venetae in mare Adriaticum, Epistola Francisci de Ingenuis Germani ad Vincentium Liberium Hollandum, adversus Joannem Baptistam Valenzolam et Laurentium Motinum romanum, qui iurisdictionem illam non pridem impugnare ausi sunt. Eleuteropoli 1619.
Il P. Aprosio da Ventimiglia la spaccia scritta dal Sarpi in italiano poi ridotta in latino da Nicolò Grasso; ma il Foscarini dimostra che è un’impostura.
10.° Risposta di Valerio Fulvio Savojano al libello intitolato Avvisi di Parnaso.
Ascritta a Frà Paolo dallo Scavenio e rigettata dal Foscarini.
11.° Una Lettera a Daniele Einsio nella collezione di epistole degli uomini illustri pubblicate da Simone Abes-Galbema in Arlinga 1665.
Il Sarpi morto nel 1623 non poteva scrivere una lettera in data del 1630.