Baby (Rovetta)/IX
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IX.
Andrea, dopo la visita che avea avuta, non si fece aspettar molto dalla cugina; ma la marchesa d’Arcole, la Generalessa e madama Kraupen non ricevettero nessun messaggio in proposito. Quando lo seppero, e lo seppero subito, se ne lagnarono altamente, dicendo alla Baby, non senza malizia, che cominciava a essere gelosa delle sue conquiste e a far misteri. La Baby ascoltò i rimproveri coll’usata docilità, ma invece di rimediare al mal fatto, fece peggio; invitò a pranzo il Santasillia solo, con Marco Baldi.
Ne seguì uno scompiglio; una piccola rivoluzione: musonerie, lamentele, consigli, e anche rimproveri. Ma la Castelguelfo rispose chiaro e netto che non aveva potuto invitare nessuno, perchè il Santasillia non volea conoscer nessuno; e andava apposta da lei nelle ore in cui sapeva di non incontrare altro che il Baldi, con cui era in amicizia.
Che fare?... La Baby aveva parlato esplicitamente, dunque bisognava rassegnarsi ed accettare i fatti compiuti. Ma allora, tutti insieme, amiche e innamorati, le une per un po’ d’invidiuzza, gli altri per amor proprio, cominciarono, quasi si fossero data l’intesa, a proclamare con quanto fiato avevano in corpo, l’innocenza di quelle visite.
— Il Santasillia vedeva la Contessina per distrarsi un poco, e non altro, perchè le sembrava proprio un baby — assicuravano le signorine. — Infatti, la Castelguelfo è carina, carina, assai carina; ma solamente carina. È una cosuccia graziosa e profumata; un ninnolo, una maraviglia da ètagère... Ma per inspirare una passione?... Oibò!... Manca la donna! — E in più ci sono i nervi — soggiungevano gl’innamorati. — In quanto al Santasillia, egli era un uomo... diverso dagli altri... Era ancora troppo vivo in lui il ricordo della Parabiano; poi aveva fatto i voti proprio come un prete e pativa di scrupoli.
E allora il voto di Andrea e i nervi della Contessina diventarono gli articoli di fede della chiesuola elegante, e uno solo, il più piccolo dubbio in proposito non sarebbe stato di buon genere. Fra gli altri, Titta Damonte e Scipio Spinola si mostravano i più convinti e intolleranti; essi non permettevano nemmeno lo scherzo.
Ma ci fu un guaio: commisero l’imprudenza di mettere a parte anche la Baby di quella buona opinione; ed essa, invece di gloriarsene, si sentì pungere e proprio sul vivo.
Il solo Andrea, sempre chiuso in sè stesso, non ne sapeva nulla di tutti quei discorsi e di tutti que’ commenti che lo toccavano tanto da vicino. Egli cominciava ad andare con certa frequenza in casa Castelguelfo, dove avea ritrovata un’amica buona e intelligente, che ascoltava volentieri il racconto de’ suoi viaggi e gli intendimenti de’ suoi studi e i progressi del suo lavoro. Ma non vi andava altro che di giorno e quando sapeva che la Contessina sarebbe stata sola. E in quell’intimità affettuosa, egli ritrovò un nuovo conforto: quello di aprire il cuore alla giovane cugina e confidarle l’angoscia, lo spasimo dei suoi rimorsi, l’alta e forte idealità del suo amore; tutto ciò che aveva sofferto, tutto ciò ch’egli aveva sperato. E le raccontava quando e come si era incontrato la prima volta, ai Santi Apostoli, coll’Adele «che indossava un abito di percallina bianca, sparso di fiorellini azzurri.» E le ripeteva le ansie delle notti terribili, quando egli spiava la vita della sua cara fanciulla, mirando una finestra lontana, illuminata, che risplendeva sola fra le tenebre; e le disse ancora, piangendo, com’egli avea veduto contraffatto dalla morte quel viso tanto adorato.
La Baby lo ascoltava muta, raccolta, e spesso i suoi occhi si facevano umidi, lucenti per le lacrime. Una volta sola essa aveva interrotto Andrea: quando egli le avea detto che l’Adele era bionda.
— Bionda?... Come me?! — chiese subito la Contessina.
— Sì... proprio come lei! — rispose il Santasillia, e rimase lungamente silenzioso a guardarla.
E l’amica buona, e le visite frequenti, e le lunghe confidenze dissipavano a poco a poco la monotonia della sua vita. Egli adesso non si sentiva più solo, no; nemmeno nel voler bene alla povera Adele... Anche la cugina diceva di amarla, anche la cugina credeva nella povera Adele, come in una santa; ed era così contenta di somigliarle un poco, almeno nei capelli... almeno negli occhi!...
— Sì, che le somigliava, anche negli occhi! — pensava Andrea, ricordandosi quando la Baby era attenta e sembrava commossa nell’ascoltarlo.
E nemmeno non si sentiva più solo mentre era chiuso nel suo studiolo a lavorare. Voleva imporsi, voleva vincere col suo ingegno, e ci sarebbe riuscito. Ma guai se gli fosse mancata l’amica sua... Gli sarebbe venuta a mancare la collaboratrice necessaria del suo lavoro... Del resto, era naturale che le volesse bene. Così giovane giovane, e sola, poveretta; sola anche lei!... E poi, egli non aveva altri parenti! Ci sarebbe stata, per dir la verità... quella vecchia arpia dei bezzetti, ma gli era troppo antipatica... Pure, andando spesso in casa Castelguelfo, bisognava proprio che, almeno una volta tanto, facesse il sacrifizio di lasciarsi vedere anche dalla Giustiniani... Il non farlo sarebbe stata una sgarberia troppo forte... una sconvenienza che lo avrebbe messo dalla parte del torto...
Così pensando, e a ragione, una domenica (era la domenica il giorno in cui la Giustiniani riceveva) si fe’ coraggio e andò a farle visita.
Il fuoco era spento, la gaiezza della luce primaverile era frenata dagli spessi cortinaggi; ma pure la vecchia signora era sempre seduta accanto al caminetto e pareva ancora più sprofondata nella poltrona bassa, tanto gli anni l’avevano assecchita. Invece del levriere essa teneva accucciata sulle ginocchia una canina punch che si rizzò, ringhiando col muso sudicio, appena Andrea si avvicinò per stringere la mano alla padrona.
— E così, fiol mio, — cominciò la Giustiniani dopo finiti i saluti, parlando con voce più debole e tremante, ma pure conservando la cadenza spiccata e lenta delle parole, che parevano altrettante punture; — e così, fiol mio, i me dise che femo dei gelosi in casa Castelguelfo.
Andrea guardò serio la vecchia senza rispondere.
— Sicuro... sicuro... i me dise che quel pôro Damonte el sbossega a tuto andar... Pôro putelo... bisogna compatirlo!... El pareva tanto avanti nelle bone grazie della Baby!
Quando Andrea uscì dalla Giustiniani era pallido, sconvolto.
— Il Damonte? — ripeteva fra sè nell’avviarsi verso casa. — Il Damonte tanto innanzi nelle sue buone grazie?!... Vecchia strega! — Ma sentiva che non poteva odiare soltanto la Giustiniani; odiava anche il Damonte, e quell’odio, quella collera sua, in quel primo impeto di sdegno pareva arrivasse fino alla Baby.
— In fine poi, che cosa me ne deve importare?... Nulla. Non vado più in casa Castelguelfo per non arrischiare di essere incomodo, e tutto è finito... A me proprio non preme punto; e che quel cretino sia innanzi nelle sue buone grazie quanto vuole!...
Ma Andrea era troppo onesto e schietto e non poteva mentire nemmeno con sè stesso. Interrogò il suo cuore, e il cuore gli rispose fra i rimorsi e la disperazione ch’egli era geloso e che ne soffriva come un dannato.
Geloso!... Dunque... Dunque era l’amore?!
Sì, sì, era l’amore, e bisognava fuggire, nascondersi e non rivederla mai più!...