Azioni egregie operate in guerra/1647

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1647.

I
N quest’anno l’Imperatore Ferdinando si vide abbandonato da’ suoi antichi Confederati, e rimasto Egli solo, a difendersi contro a due potentissimi nemici, la Francia, e la Svezia, i quali oltre i proprj Regni la facevano da padroni nella maggior parte dell’Alemagna. In più di cento Città dell’Imperio dominavano gli Francesi, gli Svezzesi, e i loro Alleati, ed o ne ricavavano tutte le rendite, o ne esigevano grossissime contribuzioni, colle quali sostentare i loro eserciti, e promuovere la guerra contra la Casa d’Austria. L’Elettor di Sassonia aveva accettata la neutralità con condizioni assai favorevoli agli Svezzesi, di piazze rilasciate in mano loro, e di paghe mensuali da contribuirsi alle loro truppe. L’Elettor di Baviera erasi accordato, di ritirare le proprie Soldatesche dal servigio di Cesare, e di conservarsi anch’Egli neutrale sino alla pace generale. Da più anni andavasi maneggiando, il come accomodare gl’interessi de’ Principi Belligeranti in Germania con una concordia universale. In due Città della Vestfalia, Sedi di due Prelati Alemanni, Munster, ed Osnabrug, erano radunati i Plenipotenziarj in gran numero dell’uno, e dell’altro partito. Quali fussero le ca[p. 112 modifica]gioni, dalle quali si dilungasse la conclusione per tanto tempo, può rilevarsi dalle Istorie d’allora. Una se ne poneva in campo: ed erano le vicende della guerra, poichè ora prevalendo un esercito, ed ora un altro, quando variava la fortuna, s’alteravano le pretensioni de’ Principi, a cui la sorte arrideva. E però fu proposto, di trattare un armistizio, il quale, quando si stabilisse, fosse per incamminare con più speditezza all’accomodamento stabile delle pretensioni contrarie. L’Elettor Bavaro era di questo sentimento. In Ulma Città sul Danubio convennero i Commissarj a tal effetto. Non vi fu modo di stabilire la tregua fra Cesare, la Francia, e la Svezia. Allora i Ministri di questi due Re richiesero a’ Deputati Bavari, se avevano facoltà di trattare sospensione d’armi particolare, e rispondendo questi di sì, la conchiusero con condizioni per altro dure in riguardo dell’Elettore, che dovette cedere varie piazze, e soggiacere ad altri discapiti. L’Imperator Ferdinando per queste separazioni de’ due Elettori, vedutosi in contingenze cotanto pericolose, di perder tutto, moltiplicò i ricorsi alla Divina Clemenza, per essere sostenuto dalla protezione Onnipotente. In tutto il corso delle guerre contro a’ Protestanti, Egli, e il Padre suo avevano intimate a’ proprj Vassalli straordinarie divozioni, ad implorare l’assistenza del Cielo. Ma ora che le necessità s’augumentavano, ordinò, che s’accrescessero le Orazioni1. Egli medesimo eresse, e dedicò con solenne cerimonia alla Vergine Santissima nella gran piazza di Vienna, che ha in capo la Chiesa de’ Gesuiti, su colonna di finissimo marmo, la Statua della Gran Signora, vestita di dorato splendido manto, colle stelle intorno al capo, e sotto a’ piedi la luna, ed il Dragone Infernale, scolpiti in bronzo. Nel Pedistallo, che sostenta la colonna, è incisa questa Inscrizione in latino. A Dio Ottimo Massimo, Supremo Imperatore del Cielo, e della terra, per cui regnano i Re: Alla Vergine Madre di Dio, Immacolatamente concetta, per cui i Principi imperano, eletta in singolare Protettrice, e Padrona dell’Austria, confida, dona, e consacra se medesimo, i Figliuoli, i Popoli, gli Eserciti, e a perpetua memoria del fatto pone per voto la presente Statua

Ferdinando III Augusto.


P
Rosperò il Cielo le di lui suppliche; poichè inspirò a’ Magnati, e a’ Comitati sudditi dell’Ungheria, di accordarsi nella elezione del Figlio Ferdinando Quarto in Re loro, che nel Giugno coronarono con isplendidissima magnificenza, ed ornatissima pompa. Uscì poscia in Campagna l’Imperatore alla testa dell’Esercito, e s’approssimò ad Egra Fron[p. 113 modifica]tiera della Boemia, assalita terribilmente dal General Urangel cogli Svezzesi. Giunse tardi al soccorso; poichè in avanti la piazza erasi renduta. Si trattenne però in quelle vicinanze, ove giunsero in di lui soccorso due Generali, stati per avanti al servigio del Bavaro, cioè Gio. di Vert, e lo Sporc, conducendo alquanti Soldati, de’ quali erano capi, per rientrare all’ubbidienza di Cesare, a cui con editto Imperiale erano stati chiamati, ed intimate pene, se mancavano. Giudicarono loro dovere, l’anteporre l’esecuzione de’ comandi Imperiali a quelli di qualunque Principe. L’Elettor Bavaro, disturbato da questo recesso de’ suoi Generali, pubblicò severissimo bando contra di loro; li privò di tutti li beni, e pose premj grossissimi a chi gli dava vivi, o morti nelle di lui mani. Premeva a lui di sincerarsi, sul non aver esso avuto parte in quell’affare, ma mantenuta inviolabilmente la neutralità, stabilita co’ Francesi, e cogli Svezzesi.

Al Defonto Galasso aveva Ferdinando surrogato il Generale Milander nella direzione del proprio Esercito. I Ministri della Corte, informati, che il Milander erasi invecchiato nelle guerre, si lusingarono, che avesse conseguita grand’arte, ed insigne perizia per ben maneggiarla; e però consigliarono Cesare, a dichiararlo Capo Supremo. Aveva Egli militato contra la Casa d’Austria al governo delle truppe Assiane. Ma o la età avanzata gli aveva indebolito il capo, o le abilità fossero sempre state scarsissime, colla sua, non ben misurata condotta, ruinò malamente gli affari di Casa d’Austria, e li sottopose a rischi peggiori. Stava l’Imperatore accampato coll’Esercito sopra un monte, poco discosto da Egra. Alloggiava dentro di certo Castelletto con a canto un piccolo borgo, dove dimoravano le artiglierie con un quartiero di Dragoni, e Croatti. Il General Helm Urangel, Cugino del Generale, pretese di fare un bel colpo coll’assalire quel corpo. Prese grosso stuolo di Cavalli. Passò il Fiume Egra; e camminando a briglia sciolta fugò la prima guardia: ruppe la seconda; e intromise nel borgo seicento Cavalli, che si diedero a predare fino alle porte del Castelletto. Datosi all’arme, il General Cesareo Co. Tommio Pompei, il quale stava a tutto vegliano, benchè nel giorno antecedente avesse inteso l’ordine dato dal Milander, che niuno si movesse dal suo posto per qualsisia rumore; pure, illuminato dal buon discorso, che gli dettava, quello esser un ordine dato malamente, si spinse a tutta briglia con parte della Cavalleria di suo comando addosso gli nemici2; li caricò con tanto ardore, che tutti o gli uccise, o gli obbligò a cadere prigionieri. Gli altri Svezzesi, rimasti fuori del Borgo furono fugati con perdita d’altri trecento di loro. L’essere successo questo accidente con tanto pericolo dell’Imperatore dopo quell’ordine, spic[p. 114 modifica]cato dal Milander, diede molto da mormorare. All’opposto l’avere il Pompei posto in sicuro la vita di Cesare, e disfatti gli assalitori nemici, conciliò a lui grand’applauso. L’Imperatore lo chiamò d’avanti a sé, e l’onorò con molta lode, e con cortesi ringraziamenti.

Da parecchi anni era passato al servigio di Casa d’Austria il Conte Tommio, Cavalier Veronese d’Illustre, ed antica prosapia. Si trovò alla battaglia di Volfembutel; ove sostenendo la zuffa vigorosamente, ebbe ucciso il cavallo, e rimase prigione, trattato però da’ nemici con onore. Riscattato con cambio, intervenne alla battaglia seconda di Lipsia. Ivi rimase ferito; Perloché condotto a Praga fu fatto visitare dall’Arciduca Leopoldo con espressioni di ringraziamento per il gran valore, con cui aveva operato in quel fatto d’armi. Lo stesso seguì nella battaglia di Jaconitz, nella quale doppiamente ferito fu mandato a Praga nella lettica medesima dell’Arciduca, e da lui visitato personalmente, che poi gli rese nuove grazie del buon servigio prestato; e mentre continuò la cura, bene spesso l’andò regalando.

La difficoltà di sussistere a lungo nelle vicinanze d’Egra, determinò l’Imperatore a mutar posto coll’armata. Egli si ritirò a Pilsen, e ivi fermossi per esser vicino, a dar gli ordini di quanto dovesse operare l’Esercito, non molto discosto di colà. Dopo due mesi di campeggiamento senza incontro di considerazione tra le armate, s’incamminò il Milander contra gli Svezzesi, alloggiati parte in Pleucen, e parte su un monte a veduta di Triebel. Di questa separazioni riputarono i Cesarei opportuno il prevalersene a’ loro vantaggi. Fu il primo il Capitan Martellini Italiano con cinquecento Fanti scielti, sostenuti da mille Cavalli, ad assalire alcuni Forti, che coprivano la guardia avanzata del Nemico. Espugnò i Forti con la presa di quattro piccoli Cannoni, e rovesciò in fuga la Cavalleria avversaria. Il buon successo riempì di maggiori speranze lo spirito del Milander, che s’accinse a fazioni maggiori. Con tutta la Cavalleria, sostenuta da mille Fanti, attaccò la diritta degli Svezzesi. Gio. di Vert guidava la diritta: il Co. Raimondo Montecuccoli la sinistra. Il Milander si teneva nel mezzo, e il Marchese di Baden reggeva i Fanti. Si dovette traversare un sito selvoso angusto, che non permetteva di marciare se non a pochi Cavalli alla volta; con tutto ciò, superato quest’ostacolo dall’attenzione de’ Generali Cesarei, si uscì dal bosco, e formati cinque, o sei squadroni, si attaccarono da tre mila Cavalli i nemici. Sopravvennero altri Imperiali, sortiti dalla selva. Dopo lungo contrasto di due ore furono rotti gli Svezzesi con perdita di più di mille dugento di loro, ed acquisto di 19 Stentardi.

L’armistizio, stabilito tra il Duca di Baviera, e le due Corone di Francia, e di Svezia, durò appena sei mesi. Era stato persuaso l’Elettore, che questa sua neutralità coadiuverebbe molto ad avanzare i [p. 115 modifica]trattati della pace generale, come stava pur’espresso negli articoli, concordati per quella tregua, ch’ella dovesse promuoverla. Ma poi da Persone autorevoli, e degne di fede intese, che dopo l’armistizio suddetto, tanto i Plenipotenziarj Svezzesi in Vestfalia, quanto i Protestanti alzavano le pretese a depressione della Casa d’Austria, e a propagazione della libertà di coscienza nell’Imperio. Intendeva ancora continui rimproveri, che contra di lui si spargevano ne’ pubblici congressi da’ Cattolici per la neutralità abbracciata. Dal Fratello Elettor di Colonia fu ragguagliato, come gli Svezzesi contra il convenuto proseguivano le ostilità a’ danni di lui. Per esprimere accertatamente la cagione primaria, per cui l’Elettore recedette dalla neutralità, ripeterò le parole di Nobile Istorico, e savissimo Politico, ove dice, che dalla tregua conclusa da lui, scorgendo l’Elettore l’eccidio della Religione, e dell’Imperatore, ruppe ben presto la neutralità cogli Svedesi3. Altra ragione lo mosse, ed era la necessità, che aveva il Mondo Cattolico, di conservare gran Stati, e grande possanza nella Casa d’Austria, la quale posta a’ confini degli Ottomani, era il più prossimo, e maggior propugnacolo della Cristianità contra le invasioni pericolosissime degli Infedeli. Altro riflesso ebbe forza nel di lui spirito; ed era, come non compliva la depressione della Causa d’Austria loro nazionale, per condursi sotto la soggezione, e dipendenza degli Stranieri.

Risolse per tanto l’Elettore, di sagrificare sé medesimo, e i suoi Stati a qualunque evento per bene comune della Religione, e di Cesare, fortissimo sostegno d’essa. Intimò agli Svezzesi le cagioni di tale determinazione. Spedì poi parte delle sue truppe, ad augumentare l’Esercito Cesareo sotto al Milander, che con tale rinforzo obbligò i nemici ad uscir di Boemia con perdita di gente. Allora i più savj Generali proposero d’inseguir gli Svezzesi, e tentare la loro distruzione; giacché le circostanze d’allora lo permettevano. Ma il Milander contra l’opinione comune volle condurre l’armata Cesarea per fini suoi particolari nel Langraviato d’Assia. Il viaggio fu lungo, e costò gran patimenti alle Soldatesche. La dimora riuscì peggiore, per esser quella Provincia, quanto feconda di bravi guerrieri, altrettanto scarsa di provvisioni da alimentarvi una grossa armata. Consumò il tempo in assedj di piccole Piazze. Finalmente dovette ritirarsi di colà coll’Esercito, mezzo ruinato, e particolarmente la Cavalleria per mancanza di foraggj.

  1. Riccius de Bellis Germanicis pag. 717, 718.
  2. Co. Gualdo Scena d’uomini illustri. V. Pompei.
  3. Nani Istoria Veneta in Bologna pag. 84 tomo primo.