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e di Soldati Italiani. 113

tiera della Boemia, assalita terribilmente dal General Urangel cogli Svezzesi. Giunse tardi al soccorso; poichè in avanti la piazza erasi renduta. Si trattenne però in quelle vicinanze, ove giunsero in di lui soccorso due Generali, stati per avanti al servigio del Bavaro, cioè Gio. di Vert, e lo Sporc, conducendo alquanti Soldati, de’ quali erano capi, per rientrare all’ubbidienza di Cesare, a cui con editto Imperiale erano stati chiamati, ed intimate pene, se mancavano. Giudicarono loro dovere, l’anteporre l’esecuzione de’ comandi Imperiali a quelli di qualunque Principe. L’Elettor Bavaro, disturbato da questo recesso de’ suoi Generali, pubblicò severissimo bando contra di loro; li privò di tutti li beni, e pose premj grossissimi a chi gli dava vivi, o morti nelle di lui mani. Premeva a lui di sincerarsi, sul non aver esso avuto parte in quell’affare, ma mantenuta inviolabilmente la neutralità, stabilita co’ Francesi, e cogli Svezzesi.

Al Defonto Galasso aveva Ferdinando surrogato il Generale Milander nella direzione del proprio Esercito. I Ministri della Corte, informati, che il Milander erasi invecchiato nelle guerre, si lusingarono, che avesse conseguita grand’arte, ed insigne perizia per ben maneggiarla; e però consigliarono Cesare, a dichiararlo Capo Supremo. Aveva Egli militato contra la Casa d’Austria al governo delle truppe Assiane. Ma o la età avanzata gli aveva indebolito il capo, o le abilità fossero sempre state scarsissime, colla sua, non ben misurata condotta, ruinò malamente gli affari di Casa d’Austria, e li sottopose a rischi peggiori. Stava l’Imperatore accampato coll’Esercito sopra un monte, poco discosto da Egra. Alloggiava dentro di certo Castelletto con a canto un piccolo borgo, dove dimoravano le artiglierie con un quartiero di Dragoni, e Croatti. Il General Helm Urangel, Cugino del Generale, pretese di fare un bel colpo coll’assalire quel corpo. Prese grosso stuolo di Cavalli. Passò il Fiume Egra; e camminando a briglia sciolta fugò la prima guardia: ruppe la seconda; e intromise nel borgo seicento Cavalli, che si diedero a predare fino alle porte del Castelletto. Datosi all’arme, il General Cesareo Co. Tommio Pompei, il quale stava a tutto vegliano, benchè nel giorno antecedente avesse inteso l’ordine dato dal Milander, che niuno si movesse dal suo posto per qualsisia rumore; pure, illuminato dal buon discorso, che gli dettava, quello esser un ordine dato malamente, si spinse a tutta briglia con parte della Cavalleria di suo comando addosso gli nemici1; li caricò con tanto ardore, che tutti o gli uccise, o gli obbligò a cadere prigionieri. Gli altri Svezzesi, rimasti fuori del Borgo furono fugati con perdita d’altri trecento di loro. L’essere successo questo accidente con tanto pericolo dell’Imperatore dopo quell’ordine, spic-

  1. Co. Gualdo Scena d’uomini illustri. V. Pompei.