Notizie speciali sopra i pianeti inferiori

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Joseph Norman Lockyer - Astronomia (1904)
Traduzione dall'inglese di Giovanni Celoria (1904)
Notizie speciali sopra i pianeti inferiori
Capitolo terzo - 2 Capitolo terzo - 4

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§ III.

Notizie speciali sopra i pianeti inferiori.

mercurio.


125. Mercurio, il pianeta più vicino al Sole, gira intorno ad esso ad una distanza media di circa 58 milioni di chilometri. 11 suo anno è meno che un quarto del nostro; è di 88 giorni in cifra tonda (87g 23h 15m 44s).

La forma di Mercurio è quella di unu sfera; il suo diametro è un terzo circa (0,38) di quello della Terra, e misura 4816 chilometri; la sua superficie è appena la settima parte circa della superficie terrestre; il suo volume è meno che i sei centesimi del volume della Terra. Qualche incertezza, sebbene non grande, regna tuttora nei numeri appena scritti. [p. 119 modifica]

Mercurio è opaco, e splende per luce solare che la sua superficie riflette, ed esso riceve dal Sole una luce sette volte circa più intensa di quella che riceve la Terra. Brilla quindi di vivissima luce, e per essa, in certe epoche ed in circostanze d’atmosfera favorevoli, l’occhio nudo riesce a rintracciarlo e vederlo per qualche tempo, o appena dopo il tramonto o poco prima del levar del Sole. Coi cannocchiali moderni si riesce ad osservarlo con successo nella piena luce del giorno, in presenza del Sole sempre ad esso vicino, attraverso all’atmosfera terrestre potentemente illuminala.

126. Intorno alla costituzione fisica di Mercurio poco si sa, e quel poco dipende in gran parte da osservazioni fatte in questi ultimi anni a Milano dall’illustre astronomo italiano G. Schiaparelli.

127. È probabilissimo che attorno a Mercurio, cosi come attorno alla Terra, esista un’atmosfera.

La presenza di un’atmosfera in Mercurio fu già da tempo congetturata, ma solo le osservazioni recenti riescirono a dare di essa indizii più sicuri ed evidenti. Non si può ancora affermare con certezza che essa esista, ma la probabilità che esista è così grande, che poco dalla certezza si discosta.

128. La superficie di Mercurio è sparsa di macchie oscure (fig 29 bis), delle quali le forme sono permanenti, e delle quali permanente è pure la disposizione reciproca. Sono difficilissime ad essere osservate, e non riescono sempre ugualmente manifeste, divenendo esse talvolta più intense tale altra più pallide, l’una o l’altra divenendo per qualche tempo perfino invisibile affatto.

La permanenza di forma e di reciproca disposizione dimostra che queste macchie oscure appartengono alla superficie o al suolo del pianeta, che esse ne sono configurazioni stabili, così come [p. 120 modifica]della superficie terrestre lo sono i continenti, le isole, gli oceani.

I diversi gradi di visibilità per i quali le macchie in questione passano incessantemente non si sanno attribuire ad altra causa più ovvia che ad una atmosfera del pianeta, ed a condensazioni transitorie in essa producentisi, analoghe per naturaFig. 29 bis. alle nostre nuvole. È chiaro che condensazioni siffatte possono impedire più o meno completamente la veduta del suolo di Mercurio in alcune parti or qua or là; è chiaro dico, poichè apparenze identiche dovrebbero presentare le regioni annuvolate della Terra a un osservatore che le contemplasse da un punto dello spazio molto lontano, e in condizioni analoghe a quelle in cui noi siamo rispetto a Mercurio.

129. Le macchie oscure di Mercurio sono, come [p. 121 modifica]già dissi, difficili ad osservarsi, e non meno difficili ad essere ben studiate. Ne segue che altrettanto difficile diventa, per il momento almeno, esporre un’opinione alquanto fondata sulla loro natura.

Possono provenire dalla diversa materia e struttura degli strati solidi superficiali, come nel capitolo secondo di questo manuale già dimostrammo essere il caso della Luna. Ma dal momento che su Mercurio può esistere un’atmosfera capace di condensazioni e forse anche di precipitazioni, possono provenire ancora da qualche cosa di analogo ai nostri mari. Non si hanno argomenti decisivi per sostenere questa piuttosto che la prima opinione.

Poco di certo possiamo quindi dire sulla natura delle macchie oscure; meno ancora possiamo ricavare, dalle osservazioni almeno fatte fin qui, intorno alla natura delle parti lucide di Mercurio, e intorno all’ordine di cose esistenti sulla sua superficie in generale.

130. Le macchie oscure, in grazia della loro permanenza, permettono di verificare se Mercurio ruoti o non intorno a sè medesimo, e permettono ancora di determinare, sebbene non senza difficoltà, quanto tempo esso impieghi a compiere una tal rotazione.

Come ciò avvenga diventa chiaro al lettore, se appena egli pensa che un tratto di superficie più oscuro dei tratti che lo circondano, avente inoltre contorni determinati e configurazione sua propria, diventa per l’osservatore un’area sulla quale egli in ogni istante può orientarsi, e se egli pensa insieme che a giudicare, per via sperimentale, della rotazione di un astro lontano, solo mezzo possibile è fissare prima un punto determinalo della sua superficie, seguirne poi lo spostamento continuo e successivo che la rotazione dell’astro produce. [p. 122 modifica]

131. Mercurio non solo si rivolge attorno al Sole, ma ruota insieme intorno a sè medesimo. Di questo siamo certi, ed il lettore sa per quale via ce ne siamo accertati.

Per lungo tempo si ritenne nel secolo decimonono la durata di questa rotazione uguale a 24 ore circa, 24h5m, ma lo Schiaparelli dalle proprie osservazioni fu portato a conchiudere che in Mercurio la rotazione e la rivoluzione hanno ugual durata.

Mercurio, in altre parole, gira intorno al Sole in modo simile a quello con cui la Luna gira intorno alla Terra. Abbiamo visto che la Luna descrive il suo corso intorno alla Terra, mostrandoci sempre ad un di presso la medesima faccia e le medesime macchie. Altrettanto fa Mercurio nel percorrere la sua orbita attorno al Sole; esso presenta al gran luminare sempre a un di presso il medesimo emisfero della suu superfìcie.

Vi sono regioni su Mercurio le quali non vedono mai il Sole; ve ne sono altre che perpetuamente lo vedono. Questo fatto fu confermato appieno nel 1896 dall’astronomo americano Lowel, fu da altri parzialmente confermato in seguito, e, quantunque dipenda da osservazioni difficilissime in ogni clima, tutto porta a pensare che sarà ancora da altre osservazioni in avvenire confermato. Esso permette al lettore di immaginare quanto diverso sia l’ordine delle cose esistente su Mercurio e sulla Terra.

venere.

132. A 108 milioni di chilometri circa di distanza dal Sole, gira nella propria orbita Venere; compie una rivoluzione in poco meno che 225 (224,7) giorni; ritorna però ad una stessa congiunzione soltanto [p. 123 modifica]ogni 584 giorni, e questo periodo che trascorre fra due congiunzioni successive si dice rivoluzione sinodica.

133. Delle fasi che presenta Venere abbiam già detto nel § II del presente capitolo. Ora noteremo soltanto che noi non possiamo ammirare questo bell’astro quando ha il suo diametro apparente massimo, ossia nella sua congiunzione inferiore, Fig. 30. poichè esso non ci presenta il suo disco quasi pieno, se non in vicinanza all’altra congiunzione, la superiore, allora quando la sua distanza da noi è accresciuta di quasi tutta la lunghezza del diametro della sua orbita, che è di circa 216 milioni di chilometri.

La fig. 30 rappresenta la forma apparente di falce che prende Venere quando lo splendore suo diventa massimo.

134. Venere ha in realtà forma esattamente [p. 124 modifica]sferica, e non mostra schiacciamento sensibile; fra tutti i pianeti è quello che per grandezza più richiama la Terra; il suo diametro si può, con qualche incertezza ancora, ritenere uguale a 0,97 del diametro terrestre; la sua superficie e il suo volume sono quindi certamente di poco più piccoli della superficie e del volume della Terra.

135. Attorno a Venere esiste un’atmosfera molto densa, due volte circa più densa che quella della Terra.

Le osservazioni più recenti, le apparenze di Venere quando è vicina alla sua culminazione inferiore, i fatti osservati durante gli ultimi suoi passaggi sul Sole rendono probabilissima resistenza d’una densa atmosfera sovr’essa.

Vicino alla culminazione inferiore, quando Venere appare sotto forma di falce sottile, qualche volta si è visto illuminato anche il suo contorno che più dista dal Sole, in altre parole s’è visto tutto attorno al disco suo, non esclusa la parte oscura di esso, un sottile anello di luce.

Durante i passaggi di Venere sul Sole, quando essa con metà del suo globo già è entrata sul disco solare e su questo appare come una macchia scura a forma di segmento semicircolare, più volte fu vista apparire subitamente anche la parte del globo suo non ancora arrivata sul Sole, ed apparire insieme l’intero contorno di esso globo.

Sono fatti questi che e l’uno e l’altro appena si possono spiegare per mezzo di rifrazioni della luce solare prodotte da una densa atmosfera del pianeta.

136. Sul disco di Venere non è stato ancora possibile riconoscere con piena sicurezza macchie permanenti, che accennino a mari, o in generale a configurazioni stabili e caratteristiche del suolo. [p. 125 modifica]

Di rado si riuscì a poter constatare su Venere qualche macchia, ma si tratta sempre di macchie tenui, diffuse, aventi carattere transitorio; più che macchie sono eccessi di splendore in certe regioni, irregolari deficienze in certe altre, apparenze mutabili e fuggevoli.

Solo nelle regioni più australi del pianeta occorrono talvolta macchie meglio definite, ma anche di queste poco finora si è con certezza veduto.

Della superficie di Venere poco quindi si conosce, e ciò probabilmente in causa della densa sua atmosfera che, potentemente illuminata dal Sole, impedisce di vedere, anche verso il mezzo del disco, il nucleo solido del pianeta.

137. Il carattare transitorio delle macchie generalmente osservabili su Venere rende assai difficile determinare quanto tempo essa impieghi a compiere una rotazione intorno a sè medesima, anzi può dirsi che la durata di questo rotazione è tuttora un problema aperto ed insoluto.

Fino al 1890 si ritenne universalmente tale durata uguale a poco meno che 24 ore, 23h 21m 22s. Lo Schiaparelli fu in quell’anno dalle proprie osservazioni e da una critica stringente delle ricerche anteriori condotto a pensare che la rotazione di Venere è lentissima, che essa succede intorno ad un asse press’a poco coincidente colla perpendicolare al piano dell’orbita del pianeta, e che probabilmente si compie in giorni 224,7 cioè in un periodo esattamente uguale a quello della rivoluzione del pianeta intorno al Sole.

Le conclusioni dello Schiaparelli, secondo le quali Venere rivolgerebbe essa pure, così come pare faccia Mercurio, sempre lo stesso emisfero al Sole, furono da alcuni osservatori o appoggiate o interamente confermate, furono da altri [p. 126 modifica]contraddette, ma recentemente, nel 1902 e nel 1903, l’astronomo americano A. Lowell, indagando il controverso problema per vie nuove, nulla trovò che favorisca il concetto di una rapida rotazione del pianeta quale sarebbe quella che si compie in 24 ore, trovò invece risultali favorevoli ad una stessa durata della rotazione e della rivoluzione del pianeta.

È questo quanto appunto affermò nel 1890 lo Schiaparelli, e che riceve quindi dalle più recenti osservazioni una nuova e autorevole riconferma.

138. Talora mentre Venere brilla sull’orizzonte ridotta a falce sottilissima, si vede di essa l’intero disco grazie ad una luce debole ed incerta sovr’esso diffusa. È una luce che dicesi secondaria, e che finora non si sa spiegare.

Alcuni l’hanno attribuita ad una fosforescenza intrinseca all’atmosfera e alla superficie del pianeta, ma anche questa spiegazione ha il suo lato debole. Se vera essa fosse, la luce secondaria di Venere non potrebbe essere, come nel fatto è, un fenomeno saltuario, ed osservabile solo a lunghi intervalli di tempo.