Astronomia/Capitolo secondo/3

Distanza, forma, dimensioni della Luna, e particolarità della sua superficie

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Joseph Norman Lockyer - Astronomia (1904)
Traduzione dall'inglese di Giovanni Celoria (1904)
Distanza, forma, dimensioni della Luna, e particolarità della sua superficie
Capitolo secondo - 2 Capitolo terzo

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§ III.

Distanza, forma, dimensioni della Luna, e particolarità della sua superficie.


99. La Luna è tanto vicina alla Terra che chiunque può, anche ad occhio nudo, notare delle disuguaglianze di splendore sul suo disco illuminalo, e con un cannocchiale comune può anche osservare, quando non è piena, che la linea la quale separa sovr’essa la parte luminosa dalla oscura è assai irregolare e quasi dentellata.

In vero nessun altro corpo celeste, se non le stelle cadenti, ove vogliansi considerare come tali, è così vicino alla Terra quanto la Luna.

100. La sua distanza da noi è circa 1/400 di quella del Sole; sicchè mentre il grande astro dal quale ci viene luce, calore e vita, dista da noi in media circa 150 milioni di chilometri (press’a poco 12 mila diametri terrestri) la Luna dista solamente 384 mila chilometri in media, o 30 diametri terrestri.

Questa distanza, paragonata a quelle alle quali l’uomo può giungere colla sua vista alla superficie della Terra, è ancora enorme; tuttavia la superficie della Luna è così irregolare e variata, che un buon cannocchiale ci mette in grado di discernere sovr’essa distintamente i monti, e gli avvallamenti, e tutti [p. 97 modifica]quegli altri accidenti del suo suolo ai quali volgarmente si dà il nome di macchie.

Son queste macchie quelle che fan di Caino favoleggiare altrui, e che già negli antichi tempi suggerirono l’idea di rappresentare la Luna con una faccia umana 1.

101. Nelle eclissi di Sole e nella fase del plenilunio abbiamo potuto accertarci che la Luna è un corpo rotondo; la misura diretta ci apprende che il suo diametro apparente, l’angolo cioè che le visuali condotte dall’occhio ai punti estremi di un diametro della Luna formano fra loro, è in media quasi eguale a quello del Sole.

Con questi dati, conoscendo il rapporto delle [p. 98 modifica]distanze del Sole e della Luna da noi, si potrebbe, se non vi fossero metodi più rigorosi, calcolare il diametro reale della Luna; diametro uguale a 3482 chilometri, un poco più che un quarto (0,273) di quello della Terra. È ci vuole quindi 50 volte circa il volume della Luna per formare un globo grande come la Terra.

102. L’osservazione del disco della Luna ci autorizza come ho detto a ritenere sferica la forma del globo lunare. Tale possiamo ritenere almeno quella porzione di esso globo che vediamo; porzione limitala, poichè la Luna rivolge alla Terra un istesso emisfero per tutto il corso di ogni sua rivoluzione

Che la dosa sia cosi, chiunque può accertarsene coll’ispezione degli accidenti della superficie lunare, i quali sono sempre i medesimi e sempre sensibilmente all’istesso posto rispetto al centro di figura del disco. L’emisfero opposto non diventa mai per noi visibile, e noi ne ignoriamo la forma e le particolarità; solamente per analogia siamo indotti ad arguire che esso sia simile a quello costantemente rivolto verso di noi.

103. Accertato questo fatto, ne segue naturalmente quale sia la durata della rotazione della Luna intorno al suo asse.

La Luna ruota intorno ad un suo asse così come fa la Terra, ma a compiere una rotazione impiega molto maggior tempo, impiega cioè tutto il tempo che essa impiega u compiere una rivoluzione intorno a noi.

A persuadersene basta considerare che essa nel plenilunio rivolge al Sole l’emisfero stesso che noi vediamo; che nel novilunio al Sole rivolge invece l’emisfero per noi sempre invisibile. Uno spettatore collocato nel Sole vedrebbe quindi [p. 99 modifica]successivamente, nella durata di una lunazione, passare davanti a sè una volta tutte le regioni della Luna, o, in altri termini, vedrebbe girare la Luna una volta intorno a sè medesima.

104. Se volete convincervi ancor meglio di questo fatto importante, fate una prova sopra voi medesimo, nella vostra camera. Ponetevi verso il mezzo di essa, e girate sopra voi stesso; voi ne vedrete successivamente le quattro pareti. Ebbene, le vedrete del pari se girerete intorno al tavolo che della camera occupa la parte centrale, tenendo sempre la faccia rivolta ad un oggetto posto in mezzo ad esso. Quest’ultima esperienza paragonata con la prima, vi persuaderà che voi realmente nel compiere un giro intorno al tavolo, avete pure ruotato una volta sopra voi stesso. Voi avete fatto intorno a quell’oggetto, posto sul tavolo, quello che fa la Luna intorno alla Terra.

La Luna compie dunque una rotazione nello stesso tempo che impiega a fare una rivoluzione.

105. Sull’emisfero lunare, che, come ho detto, è sempre rivolto a noi, si osservano degli spazii oscuri, degli spazii luminosi, e qua e là dei punti brillanti.

Gli spazii oscuri, grazie all’aspetto loro, per gran tempo si credettero mari, laghi, seni, paludi, e come tali ricevettero nomi diversi quali: mare degli Umori, mare delle Crisi, mare della Serenità, mare delle Pioggie, lago della Morte, seno delle Epidemie, palude del Sonno, nomi che sussistono ancora sulle moderne carte lunari2. [p. 100 modifica]

Questa opinione, che attribuisce le macchie scure lunari a masse liquide, persistette finchè la potenza degli strumenti non constatò la natura rigida delle macchie stesse, e finchè altre osservazioni non persuasero che la Luna non ha atmosfera sensibile, e non può quindi avere alla sua superficie acqua o liquidi di sorta3. L’acqua ed ogni altro liquido sotto l’azione del calore solare si convertirebbe infatti in vapore, e questo finirebbe per formare intorno alla Luna, quello che non esiste, una specie di atmosfera cioè.

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A dir vero, alcuni pretendono che attorno alla Luna un’atmosfera ancora vi sia, tanto bassa da occupare soltanto le depressioni e le profonde cavità del suolo, ma questa per il momento è una congettura e nulla più.

106. Se voi osservate la Luna con un telescopio od un cannocchiale capace di un sufficiente ingrandimento, vedrete non solo le parti sue oscure, quali più quali meno, scabre ed irregolari, ma vedrete ancora le parti luminose, quelle che da tempo si ritengono continenti, disseminate di montagne circolari, intersecate da catene o serie di monti molto alti relativamente alle altre dimensioni lunari.

Quelle montagne circolari sembrano vulcani o meglio crateri di vulcani estinti, e molte di esse hanno tali dimensioni in larghezza da non trovar riscontro nei crateri terrestri, anche i più giganteschi.

Spesso dal centro dei crateri lunari s’ergono dei picchi altissimi le cui vette brillano di una luce più viva di quella che domina sulle parti circostanti. Spesso le maggiori cavità chiuse da circuiti montuosi e che ebbero il nome di circhi, misurano 100 e più chilometri di diametro; l’altezza di alcuni picchi fu trovata di 5500, di 6000 e persino di 7600 metri.

Nulla prova che i monti della Luna e le vallate che essi includono fra le loro balze sieno rivestile di vegetazione come sulla nostra Terra; gli uni e le altre appaiono affatto brulle, aride, deserte, e cotesto aspetto, per così dire, desolato è comune a tutta la superficie del suolo della Luna4 [p. 102 modifica]

107. La fig. 26 rappresenta il circo o cratere lunare, al quale si suol dare il nome Copernico, e che è uno dei più belli della sua specie. Intorno ad esso è disseminata una quantità di crateri minori; di piccolissimi ve n’ha una moltitudine5.

108. Immaginatevi pertanto un mondo senza acqua, e perciò senza nuvole che ne proteggano il suolo dagli infuocati raggi del Sole, senza

[p. 103 modifica]Fig. 26. [p. 104 modifica]rugiada che lo abbeveri nelle lunghe notti, senza pioggie nè nevi, senza fiumi nè rivi; un mondo senza atmosfera, e quindi senza crepuscoli, nel quale repentinamente si passa dalla luce più viva alle tenebre più cupe, nel quale nessuno strato atmosferico colora colle belle tinte d’oro e di porpora le aurore ed i tramonti; un mondo immerso in un eterno silenzio, perchè senz’aria veicolo del suono; un mondo su cui ad ogni passo non s’incontrano che tracce di tremende commozioni, e di eruzioni vulcaniche, e di spaventevoli cataclismi. Tale è la Luna6.

Note

  1. Giova soffermarsi un momento sulla distanza che separa la Terra dalla Luna, perchè da essa può trarsi un concetto concreto e praticamente utilissimo delle dimensioni degli oggetti più piccoli che ancora si possono distinguere sulla Luna.
    Alla distanza di cui trattasi, un angolo ampio un minuto secondo d’arco abbraccia coi suoi lati, sottende, 1863 metri. Un secondo d’arco d’altra parte equivale a 1:1865 del diametro apparente lunare ed è all’occhio nudo assolutamente invisibile; 1863 metri rappresentano quindi una dimensione lineare che è molto ma molto al disotto di ciò che il nostro occhio nudo può ancora distinguere sulla Luna.
    È vero che noi abbiamo i cannocchiali, i quali aumentano d’assai la potenza dell’occhio, ma non l’aumentano oltre un certo limite. Col più potente dei cannocchiali d’oggi giorno si distingue un oggetto sulla Luna solo se esso abbia in ogni direzione dimensioni di almeno 320 metri, se ne riconosce la forma solo nel caso che esso in ogni direzione misuri 641 metri almeno. Sono questi i numeri che oggi segnano l’ultimo limite dell’ancora visibile e discernibile sulla superficie lunare, ed in massima si può ritenere che quanto sulla Luna appare con forma distinta misura in ogni direzione circa un chilometro.
    È già molto, ma siamo ben lontani dalle dimensioni degli ultimi dettagli che sulla Terra misuriamo ancora direttamente. Quante e importanti cose della Terra ci sfuggirebbero se dalla Luna avessimo a guardarle sia pure col più potente del nostri cannocchiali!
  2. Queste macchie più o meno oscure, mari, laghi, seni, paludi, occupano circa i due quinti dell’emisfero lunare per noi visibile; sono più numerose ad est ed a nord, meno nelle parti centrali e verso ovest, mancano affatto nelle alte latitudini meridionali della Luna.
    Il lettore che fosse vago di meglio conoscere i dettagli delle configurazioni diverse della superficie lunare potrebbe con profitto consultare l’Atlante Astronomico (2a edizione) edito da Ulrico Hoepli in Milano.
  3. Oggi così stanno realmente le cose, ma non è a pensare che così siano sempre state. Acqua e atmosfera sono esistite sulla Luna in epoche di molto anteriori alla nostra, e sembra anzi che in un’epoca lontana, posteriore però al primo consolidarsi della superficie lunare, siavi sulla Luna stata un’atmosfera di grande densità. Alla sparizione sua seguì necessariamente un grande abbassamento della temperatura media lunare, abbassamento generale, indipendente dalla irradiazione del Sole, e del quale possiamo farci un concetto adeguato pensando a quello che esperimentiamo sulla Terra nel passare dal livello del mare alle sommità delle maggiori montagne.
    Tale raffreddamento, quantunque esteso al globo initiero della Luna, deve essere stato diverso nelle diverse zone di latitudine. La zona equatoriale della Luna deve essersi in conseguenza di esso raffreddata incomparabilmente più che non le calotte polari, deve essere quindi stata soggetta a contrazioni che ne hanno abbassato il livello, e che hanno prodotto un fluire verso l’equatore delle masse liquide allora ancora esistenti nelle alte latitudini lunari.
    Tutto questo è confermato dai fatti. Da tempo fu osservata sulla Luna la preponderanza dei così detti mari nelle basse latitudini, e la sommersione parziale delle montagne della regione equatoriale. Le fotografie lunari mostrano oggi in gran numero le traccie di antiche correnti superficiali dirette nei due emisferi dal poli verso l’equatore.
  4. La parte della Luna, che appare all’occhio più luminosa, è quasi senza eccezione aspra, disuguale, seminata di altissime montagne, variamente aggruppate, e in generale addossate le une alle altre senz’ordine apparente. Queste montagne hanno contorni più erti e più frastagliati delle nostre, e la loro struttura dirupatissima dimostra essa pure la mancanza assoluta di acqua, sulla superficie lunare. Manca su questa l’azione della grande livellatrice terrestre, ossia dell’acqua, e nelle montagne lunari non s’incontrano nè dolci pendii, nè passaggi blandi da uno ad altro piano; tutto in esse procede a salti bruschi e scoscesi.
    Nè le montagne però, nè i mari costituiscono il vero dettaglio tipico e caratteristico della superficie visibile lunare; esso sta nei crateri.
    I maggiori o circhi hanno 89, 100, perfin 200 chilometri di diametro; hanno struttura complessa, e si direbbero antichi crateri sconvolti da un cataclisma. Più numerosi sono i crateri di dimensioni medie, i cui diametri vanno da 15 a 40 a 60 chilom., e nei quali la forma è più regolare di quella che riscontrasi nei circhi. Innumerevoli invece, regolari di forma, sparsi per ogni dove sono i crateri piccoli, con diametri minori di 15 chilometri; si opina che il numero loro superi i 100 mila, e se ne hanno in catalogo già più di 32 mila.
  5. Intorno al cratere lunare Copernico si osservano rughe caratteristiche, specie di solchi o scanalature sottili e lunghe. Questi solchi, scanalature o cordoni che dire si vogliano esistono in varie parti della superficie lunare, e si prolungano generalmente in linea retta.
    La loro lunghezza raggiunge talora i 100 chilometri, la larghezza non supera mali 2000 metri; i loro bordi sono frastagliati e scoscesi. Si arrestano generalmente ai contorni dei crateri, e solo rare volte attraversano questi ultimi. Si svolgono in generale isolati; eccezionalmente convergono, si incontrano e nel punto di incontro formano un intreccio molto complesso. A Luna piena appaiono luminosi e brillanti; durante le fasi lunari sembrano oscuri, in causa dell’ombra proiettata sul fondo loro dai bordi scoscesi e a ripida scarpa.
  6. Antica e non meno attraente è la quistione se un globo quale è la Luna sia abitato ed abitabile.
    Senza atmosfera e senz’acqua certo si è che vita o animale o vegetale analoga a quella della Terra è assolutamente inconcepibile. Questo però non vuol dire ancora che la Luna sia un mondo spento e assolutamente privo d’ogni vita, presa questa parola nel suo significato più vasto e vero.
    La vita è varia, multiforme nel suo svolgersi, nè dalla vita sulla Terra può arguirsi con sicurezza la vita nel cosmo. Sulla Terra stessa la vita ha preso nelle diverse età geologiche forme interamente diverse, ed ancora oggi nessuna mente, che non fosse guidata dall’osservazione dei fatti, potrebbe concepire tutte le forme sotto le quali la vita terrestre si mostra, e dalle condizioni di essa sui continenti ideare la vita quale si svolge nelle profondità dell’Oceano, o dalla vita umana arguire le strane e mirabili e rapide trasformazioni per le quali passa quella di un insetto.