Antropologia/XXI
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questa dalla specie A. Gli individui della specie D non nasceranno direttamente coi loro proprii caratteri, perchè i caratteri di A, B e C, pel principio di ereditarietà, cercheranno pure di apparire in quegli individui. E per la legge della ereditarietà in epoche corrispondenti, tutti i caratteri non si manifesteranno allo stesso tempo, ma i primi ad apparire saranno quelli di A, poi quelli di B, poi quelli di C, ed infine quelli della forma perfetta D. Con altre parole, l’individuo dovrà svilupparsi, ossia percorrere successivamente quegli stadii che ha attraversato la specie nel corso dei secoli. Resta ancora a sapersi, perchè questi stadii, durante lo sviluppo, sieno percorsi con rapidità ed incompletamente. La ragione, a quanto sembra, sta nel fatto che gli embrioni, così bene come le larve e le forme adulte, sono soggetti alla elezione naturale, la quale avrà accelerato o modificato lo sviluppo tutte le volte che la maggiore rapidità od un cambiamento del medesimo tornavano utili alla specie.
Due sono le teorie professate in tale materia. L’una dice che l’uomo è il prodotto di un atto creativo speciale; l’altra sostiene che l’uomo, con lenta e graduata modificazione, per gli effetti della elezione naturale, è disceso dagli animali sottostanti. La prima è la vecchia teoria suggerita dalla Bibbia, la seconda è la teoria moderna che scaturisce spontanea dalle dottrine intorno alla evoluzione degli organismi.
Per vero dire, le ragioni scientifiche sono tutte dalla parte della seconda teoria; ma i sostenitori della prima invocano la ragione della dignità umana offesa. Ma per poco si rifletta intorno a quest’argomento, non riescirà difficile il persuadersi, che tali apprensioni non hanno fondamento. Per ciò che si attiene alla dignità umana, sembra anzi che la nostra teoria conduca ad un risultato opposto a quello che si è tanto temuto. Imperocchè egli è evidente, che se l’uomo fu fatto direttamente, e d’un solo getto, da un essere supremo, la perfezione, che nell’uomo stesso ammiriamo, non costituisce merito alcuno; mentre d’altra parte le imperfezioni nella sua struttura devono apparire come prodotte da un movimento regressivo. In tale modo, mentre ci sono tolti i meriti, ci vengono addebitati scrupolosamente tutti i demeriti; e la dignità umana non potrà guadagnarvi. Se, al contrario, si ammette il lento e progressivo sviluppo dell’uomo, e con ciò la sua discendenza da uno stipite umile ed imperfetto, la supremazia nella natura da noi raggiunta si presenterà, almeno in parte, come il risultato dei nostri lavori e delle nostre lotte; le perfezioni saranno merito nostro, mentre l’oscura origine sarà giusta scusa delle nostre imperfezioni e dei nostri errori. Si asserisce che la credenza nella unità della origine dell’uomo e degli animali conduca seco lo imbestiare e il degradare l’uomo stesso. Ma cotesti non sono che argomenti rettorici superficiali. Si può egli dire che il poeta, il filosofo e l’artista, che col genio costituisce una gloria della sua epoca, sia decaduto dall’alta sua posizione per la probabilità storica, per non dire certezza, che egli è un discendente diretto di qualche selvaggio nudo e brutale l’intelligenza del quale bastava appena a renderlo un poco più astuto della volpe, e un poco più terribile della tigre? Oppure è egli forzato di camminare a quattro gambe, perchè sta il fatto, completamente fuori di ogni dubbio, che una volta egli era un uovo, nel quale non si poteva minimamente discernere differenza alcuna da quello di un quadrupede? Coloro che riflettono, smesso ogni pregiudizio tradizionale, troveranno nella umile origine dell’uomo la miglior prova di fatto dello splendore delle sue attuali prerogative, e discerneranno in questo lungo cammino a traverso il passato, un fondamento ragionevole per credere alla realizzazione di un più nobile avvenire.
I sostenitori della creazione diretta dell’uomo asseriscono anche che le opposte idee sovvertono la morale e mettono a repentaglio l’attuale ordine di cose. Ma non si può sostenere con serietà, che l’uomo onesto cesserebbe di condurre una vita esemplare, quando sapesse che non fu creato direttamente, ma discende da una specie animale; nè una madre crederà vile il suo amore verso i figli, perchè lo possiedono anche i bruti. La morale è indipendente dal nostro passato. Da secoli si racconta ai fanciulli che l’uomo è impastato di creta, ed ogni anno i credenti si sentono rammentare che sono polvere e che alla polvere ritorneranno; nondimeno colla civiltà è progredita anche la moralità.
Colle obbiezioni succitate la questione è spostata, perchè a noi interessa di conoscere le origini dell’umanità, e non di conoscere le conseguenze dell’una o dell’altra teoria. Noi abbiamo piena fiducia nella verità, e siamo convinti che essa non può portare all’umanità funeste conseguenze.
Lo studio della questione sarebbe del resto a miglior punto, se l’ambizione dell’uomo non facesse ogni sforzo per chiuderci gli occhi alla luce dei fatti. L’uomo crede di dover esigere per sè solo un atto creativo, ed è anzi da stupire, come questa ambizione non lo spinga più oltre e non lo conduca ad ammettere più che una eccezione, facendolo considerare i protagonisti di tutte le maggiori epopee come creati con altrettanti atti speciali. Questa esigenza è tanto forte, che l’uomo cerca di illudersi anche a costo di continue inconseguenze. Egli ammette volontieri una parentela fra due persone che tra loro si somigliano e riconosce spesso, senza precedente presentazione, il figlio o fratello di un suo conoscente; ma ogniqualvolta la somiglianza si fa minore, invece di ammettere una parentela più lontana ed una più ampia variazione, ricorre ad un atto creativo speciale, appoggiandosi a quel canone antico che ad ogni specie assegna un limite di variazione. Considerando le due ipotesi sopra esposte in modo affatto generale, conviene ammettere, che la prima di esse non risolve il quesito, ma lo soffoca con una risposta mistica. Alla domanda, come l’uomo sia apparso sulla terra, si risponde: Dio l’ha creato. Ma non è difficile comprendere che in tale guisa il nodo gordiano è tagliato, ma non sciolto. Se noi domandassimo ad un fisico una spiegazione sull’origine del lampo, ed egli ci dicesse che Dio lo produce, ben pochi potrebbero astenersi dal sorridere a tale risposta. Il naturalista deve dare una spiegazione naturale dei fatti e dei fenomeni, e non può accontentarsi di spiegazioni vaghe ed indeterminate, come sono quelle che ammettono un continuo e diretto intervento della divinità nelle cose di questo mondo.
Ci viene fatto il rimprovero che noi neghiamo l’esistenza di Dio. Ma quello che in realtà sosteniamo si è, che il naturalista deve spiegare i fenomeni colle sole forze naturali senza chiamare in sussidio una forza soprannaturale che agisce di proprio arbitrio. Chi introduce quest’ultima potenza nelle discipline naturali, toglie loro il carattere di scienze e le converte in una mitologia greca o romana.
Chi ammette la discendenza di tutti gli organismi da un’unica cellula, esistita in tempi assai remoti, ha ancora un vasto campo per la fede, credendo alla creazione di quella prima cellula fornita di un sì potente impulso allo svolgimento. E chi quest’unica cellula fa scaturire, per generazione spontanea, dal regno inorganico, può ancora sollevare il quesito della origine della materia che la scienza non seppe finora risolvere. Certo è che la teoria dell’evoluzione, sia in generale estesa a tutti gli organismi, o particolarmente ristretta all’uomo, può stare disgiunta dall’ateismo.
Le ragioni che militano contro la creazione diretta dell’uomo ed in favore della sua discendenza da una specie animale, sono in gran parte sparse qua e là in questo volumetto. Riassumendo brevemente quello che fu esposto e facendovi qualche aggiunta a complemento, possiamo dire quanto segue. Ecco i principali argomenti,
1.° La posizione sistematica del genere umano. — Come fu già esposto, nulla ci autorizza ad elevare il genere umano al rango di un regno distinto, e nemmeno a quello di una serie o classe separata. Se l’uomo appartiene alla classe dei mammiferi, e se si ammette la teoria evoluzionista, la discendenza del genere umano da un altro organismo ne è necessaria conseguenza, un semplice corollario. Tutta la struttura dell’uomo, così concordante con quella degli animali che lo circondano e adattata alle condizioni di vita nelle quali si trova, è una prova eloquente dell’idea sopra esposta. La quale idea non è confutata nemmeno dallo studio dei caratteri psichici della nostra specie, che sono essenzialmente i medesimi in tutti i mammiferi, e ne’ quali generi diversi possono differire assai in senso quantitativo.
2.° I caratteri anormali. — Avviene talvolta che un organo od una parte qualsiasi del corpo umano devii dalla sua struttura normale. Allora succede di frequente che tale deviazione si compie in guisa da rappresentare lo stato normale di altri vertebrati. Ciò non può attribuirsi al semplice caso, nè possiamo considerare questi fenomeni come giuochi della natura; per spiegarli è d’uopo ammettere un legame tra l’uomo e gli animali a lui sottoposti nella scala zoologica. Questo legame non può essere determinato che dai rapporti di parentela.
Fra i molti esempii di questo genere da me esposti nel mio libro sulla Teoria dell’evoluzione1, ne cito qui uno solo. L’utero dei mammiferi è ora doppio, come nel lepre e nello scoiattolo; ora bipartito, come nel porcellino d’India; ora bicorne, come nei carnivori e negli insettivori; ora infine semplice, come nelle scimie e nell’uomo. Ma nella specie umana l’utero, in regola semplice, devia talvolta dallo stampo normale, e vediamo allora ch’esso si fa bicorne od anche bipartito, ossia questo vizio di conformazione della donna riproduce lo stato normale dell’utero di altri animali.
3.° I caratteri rudimentali. — Gli organi rudimentali, che non si rinvengono raramente nei regni animale e vegetale, costituivano pei naturalisti del passato altrettanti enigmi. Considerando ogni singola specie come creata direttamente, non si comprende, perchè essa abbia degli organi così ridotti che non funzionano e sono interamente inutili; questo fatto è in evidente contrasto colla sapienza e colla economia che dominano nella natura. La teoria dell’evoluzione spiega la presenza di tali organi in modo plausibile, considerandoli come organi bene sviluppati negli antenati, e che sono in via di regressione. Essi potrebbero paragonarsi alle lettere di una parola, che si conservano nel compitare, ma non vengono pronunciate, le quali tuttavia ci guidano nella ricerca della sua etimologia.
Anche nell’uomo rinvengonsi degli organi rudimentali; tali sono, ed esempio, la piega semilunare dell’occhio, l’appendice vermiforme del cieco, i muscoli dell’orecchio, la porzione codale della colonna vertebrale, il pelo, ecc. La loro presenza non è spiegabile che coll’ipotesi della origine naturale dell’uomo.
4.° I caratteri embriologici. — Lo sviluppo individuale dell’uomo è un altro enigma pei sostenitori della origine divina dell’umanità. Ammessa questa divina origine, non si comprende, perchè in generale l’uomo debba svilupparsi, e ogni individuo non venga per atto creativo messo al mondo perfettamente adulto, come dicesi sia avvenuto di Adamo ed Eva. In particolare poi è incomprensibile, perchè l’individuo nel suo sviluppo sia costretto ad assumere delle forme fugaci che per gli altri animali sono altrettanto forme permanenti. Io ho già citato l’esempio del cuore; ora citerò un altro fatto che mi sembra molto istruttivo, quantunque apparentemente insignificante. Nella parte inferiore ed anteriore del cervello si vedono nella massima parte dei mammiferi sporgere due lobi olfattivi, che nell’uomo sono rappresentati semplicemente dalle clave olfattorie, ma che nei mammiferi sono talora molto sviluppati, e d’ordinario presentano ciascuno una speciale cavità o ventricolo, tappezzato da speciale epitelio. Quello che a noi interessa si è il vedere che tali ventricoli, i quali nell’uomo adulto non esistono, si trovano evidenti nell’embrione, per cui questa parte del cervello, prima di assumere nell’uomo la propria forma stabile, assume transitoriamente una forma che è permanente negli animali sottostanti.
5.° Lo sviluppo intellettuale e morale della specie umana. — Se Dio avesse creato l’uomo direttamente con un atto della sua volontà, egli non avrebbe potuto che crearlo perfetto tanto dal lato fisico, che intellettuale e morale. Oggi l’uomo non è perfetto per alcun riguardo; ma se la teoria della nostra origine divina fosse esatta, risalendo ai tempi antichi dovremmo trovare i rappresentanti la nostra specie degni della mente suprema che loro diede l’esistenza. Ma a questa nostra aspettazione non corrispondono i fatti. I selvaggi più antichi non conoscevano nè l’uso del ferro, nè quello del rame; foggiavano i loro arnesi con pietre, ossa e corna di corvo; non avevano nemmeno una rozza scrittura, e la loro stessa favella era con ogni probabilità una serie di grida più o meno intelliggibili; non possedevano animali domestici, nè coltivavano piante; e vivevano nelle caverne nudi o seminudi. Quanto alla moralità, basta dire essere cosa ben certa che in alcuni luoghi praticavano l’antropofagia. L’uomo sorse quindi da un ceppo basso, e soltanto nel corso dei secoli crebbero la sua intelligenza ed il suo senso morale. 6.° Gli avanzi umani antichi. — Se il corpo dell’uomo si è perfezionato nel corso dei tempi, risalendo nel passato noi dovremo trovare gli avanzi di un’organizzazione tanto più bassa, quanto più il passato, cui appartengono, è remoto. E così è realmente. I cranii, di cui più sopra abbiamo fatto menzione, presentano tutti dei caratteri di inferiorità, e si può affermare ch’essi costituiscono l’anello che unisce l’uomo odierno alle forme a lui sottoposte nella scala zoologica. Del resto giova riflettere che molte parti del mondo sono ancora inesplorate, e che i materiali di studio da noi raccolti sono una minima cosa in confronto di quelli che trovansi sepolti nella corteccia terrestre; per cui da questo lato possiamo molto aspettarci dalle ricerche dell’avvenire.
La teoria della discendenza naturale dell’uomo è dunque sostenuta da molte serie di fatti positivi, mentre la dottrina opposta non è puntellata che dall’autorità contestabile delle tradizioni, da sentimenti non generali e da timori infondati.
FINE.