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Si asserisce che la credenza nella unità della origine dell’uomo e degli animali conduca seco lo imbestiare e il degradare l’uomo stesso. Ma cotesti non sono che argomenti rettorici superficiali. Si può egli dire che il poeta, il filosofo e l’artista, che col genio costituisce una gloria della sua epoca, sia decaduto dall’alta sua posizione per la probabilità storica, per non dire certezza, che egli è un discendente diretto di qualche selvaggio nudo e brutale l’intelligenza del quale bastava appena a renderlo un poco più astuto della volpe, e un poco più terribile della tigre? Oppure è egli forzato di camminare a quattro gambe, perchè sta il fatto, completamente fuori di ogni dubbio, che una volta egli era un uovo, nel quale non si poteva minimamente discernere differenza alcuna da quello di un quadrupede? Coloro che riflettono, smesso ogni pregiudizio tradizionale, troveranno nella umile origine dell’uomo la miglior prova di fatto dello splendore delle sue attuali prerogative, e discerneranno in questo lungo cammino a traverso il passato, un fondamento ragionevole per credere alla realizzazione di un più nobile avvenire.
I sostenitori della creazione diretta dell’uomo asseriscono anche che le opposte idee sovvertono la morale e mettono a repentaglio l’attuale ordine di cose. Ma non si può sostenere con serietà, che l’uomo onesto cesserebbe di condurre una vita esemplare, quando sapesse che non fu creato direttamente, ma discende da una specie animale; nè una madre crederà vile il suo amore verso i figli, perchè lo possiedono anche i bruti.