Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/54

Anno 54

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[p. 191 modifica]>però dacchè fu ritornato dall'Africa, dove era stato proconsole, il fece accusare in senato da Tarquinio Prisco, con apporgli falsamente d'essersi mischiato in superstizioni di magia forse contro la vita di Claudio. S'impazientò egli cotanto per questa trappola, che datasi la morte colle proprie mani, prevenne la sentenza del senato.


Anno di Cristo LIV. Indizione XII.
Pietro Apostolo papa 26.
Nerone Claudio imperad. 1.


Consoli


Marco Asinio Marcello e Manio Acilio Aviola

.


Scrive Tacito1, che l’uno di questi consoli, sicome ancora un questore, un edile, un tribuno e un pretore, nello spazio di pochi mesi terminarono i lor giorni: accidente interpretato dai superstiziosi Romani per preludio di gravi disgrazie. Noi non sappiamo, nè qual dei consoli morisse, nè chi succedesse al defunto. All’ambiziosa Agrippina faceva ombra Domizia Lepida, donna ricchissima e di gran fasto, sorella del suo primo marito, cioè di Gneo Domizio Enobarbo, e parente d’Augusto, per via d’Antonia sua madre. Mirava Agrippina di mal occhio, che Lepida, oltre ad altri riguardi, si comperasse l’affetto del nipote Nerone con assai carezze e frequenti regali. Ella volea comandare al figliuolo, e però non istava bene in vita chi potea contrastarle un sì fatto imperio. Per attestato di Tacito non era meno impudica Lepida che si fosse Agrippina; tuttavia ella non fu per questo verso assalita. Le accuse che contra di lei inventò la malizia, furono d’aver fatti de’ sortilegi per far morire essa Agrippina, oppure per diventar moglie dell’imperadore; e ch’ella non avesse frenata l’insolenza de’ suoi servi, i quali, diceva ella, in Calabria turbavano la pace dell’Italia. [p. 192]Fin lo stesso Nerone2 fu sforzato dalla madre, donna fiera, a far testimonianza contro l’amata sua zia. In una parola, per sentenza del senato, Lepida perdè la vita, ancorchè Narciso, potente liberto di Claudio, vi si opponesse con tutte le sue forze. E probabilmente questo liberto, che osservando i disegni ambiziosi di Agrippina, si teneva perduto, se il di lei figliuolo fosse pervenuto all’imperio e perciò si dichiarava tutto in favor di Britannico, si servì di tal occasione per rivelare, a Claudio l’amicizia infame che passava tra Agrippina e Pallante, altro onnipotente liberto di corte. Promosse inoltre a tutto potere gl’interessi di Britannico presso il padre, con fargli insieme conoscere, quanto fosse indecente l’anteporre al proprio figliuolo un figliastro, e quali fossero le trame di Agrippina per questo3. In fatti cominciarono a comparire alcuni segni ch’egli si fosse pentito4 d’aver presa per moglie Agrippina, e d’aver adottato il di lei figliuolo. Si faceva egli condurre più del solito innanzi il proprio figlio Britannico; l’abbracciava, e un dì fu udito dire, che con quella mano con cui l’avea ferito, il guarirebbe. Narciso, anch’egli consapevole della mutata inclinazion del padrone, animava Britannico, e gli facea gran festa intorno. Ad occhi aperti stava Agrippina. Ma dacchè seppe essere scappato detto un giorno a Claudio, che per suo destino egli avea dovuto avere solamente delle mogli impudiche, per poi punirle: non volle aspettar più, e si studiò di prevenirlo. Si sentiva poco bene di sanità Claudio, e sperando aiuto dall’aria e dall’acque di Sinuessa, colà si portò, per quanto scrive Tacito. Quivi fu che Agrippina, dopo aver allontanato Narciso con bella maniera, mandandolo in Campania, si fece preparar un potente veleno da una famosa fabbriciera d’essi, nominata Locusta, che servì gran tempo a [p. 193 modifica]simili bisogni della corte. E sapendo, quanto il marito fosse ghiotto di boleti, ne acconciò uno al proposito, e gliel fece poi presentare dall’eunuco Haloto, solito a fare il saggio de’ cibi del principe. Mangiò di que’ boleti anche Agrippina, ma con lasciare il più bello al marito. Fu portato Claudio come ubbriaco (che questo gli accadeva spesso) dalla tavola al letto5. Perchè parve che sciolto il ventre potesse sovvenire al rischio in cui egli si trovava, spaventata Agrippina ricorse a Senofonte medico di sua confidenza, il quale già preparata, col pretesto di svegliargli il vomito, una penna tinta d’altro fiero veleno gliela immerse nella gola. La notte egli perdè i sentimenti, e verso il far del giorno del dì 13 d’ottobre spirò. Abbiamo da Svetonio6, che in diverse maniere si contò questo fatto: comunemente nondimeno essersi detto e creduto ch’egli morisse di veleno. Incerto è anche il luogo, e sembra piuttosto ch’egli morisse in Roma. Lo stesso storico quegli è che cel dà morto nel dì 13 del suddetto mese, e con lui va d’accordo Dione. Ma pare che Tacito lo supponga prima; perciocchè si tenne (e sembra non delle sole ore) celata la di lui morte, e però potè succedere prima di quel giorno. In Roma si faceano intanto preghiere agli dii per la di lui salute. Agrippina chiamò i commedianti, quasi che li desiderasse Claudio per divertirsi, e spesso facea spargere voce che il di lui incomodo andava di bene in meglio. Tutto ciò per dar tempo a disporre le cose per far succedere Nerone. Ella inoltre si mostrava spasimante di dolore pel marito, e piena di tenerezza per Britannico e per le sorelle di lui, Antonia ed Ottavia, e trattenevali tutti, affinchè non uscissero della loro stanza, con aver anche messe guardie dappertutto.

Preparato ciò che occorreva, sul mezzogiorno del suddetto dì 13 di ottobre [p. 194]si spalancarono7 le porte del del palazzo, e ne uscì Nerone, accompagnato da Burro prefetto del pretorio, che andava ben d’accordo con Agrippina, siccome sua creatura. Fu presentato al corpo di guardia e ricevuto con acclamazioni: indi entrato in lettiga, non senza maraviglia di molti al non veder seco Britannico, fu condotto al quartiere dei pretoriani in Roma, senza che apparisca da Tacito, il quale fa morto Claudio a Sinuessa, alcun lungo viaggio, per venire da quella alla gran città. Dappoichè Nerone ebbe parlato ai pretoriani, e promesso loro un donativo, non inferiore al ricevuto da Claudio, fu acclamato da tutti per imperadore. Non tardò molto a far lo stesso il senato, perchè privo di maniere da resistere ai voleri e alla forza della milizia, già entrata in possesso di far essa gl’imperadori. Furono poi decretati a Claudio i medesimi onori che si praticarono alla morte d’Augusto, con deificarlo, e fargli un solennissimo funerale, in cui Agrippina gareggiò nella magnificenza con Livia Augusta sua bisavola8. Aveva ella anche cominciato un sontuoso tempio alla memoria del Divo Claudio; ma l’invidioso Nerone lo lasciò poi andare a terra, o lo distrusse per la maggior parte. Fu poi rifatto e compiuto da Vespasiano per gratitudine ad un imperadore che l’avea beneficato. Ed ecco come finì sua vita Claudio, principe annoverato fra i partecipanti del buono e del cattivo, di cuore inclinato alla giustizia, alla clemenza e alla munificenza, e che fece molte azioni da principe ottimo; ma di testa troppo debole, per cui lasciandosi governare da mogli scellerate e da liberti iniquissimi, per gli consigli ed inganni di essi tante altre azioni operò obbrobriose o ridicole. Gallione fratello di Seneca il derise morto, con dire, ch’egli veramente era salito al cielo9, ma tirato con un uncino, come [p. 195 modifica]si faceva ai giustiziati che venivano strascinati dal boia al Tevere. Lodava anche i boleti, perchè divenuti cibi degli dii. Lo stesso Lucio Anneo Seneca, siccome maltrattato da lui, se ne vendicò anch’egli con una satira che tuttavia sussiste, rappresentandolo portato al cielo, ma poi cacciato di là e mandato all’inferno, con essere riconosciuto in entrambi que’ luoghi per uno scimunito e per una bestia. L’orazione funebre10 composta dal medesimo Seneca in onore di Claudio, fu recitata da Nerone. Era elegantissima; ma allorchè si udì esaltare la provvidenza e sapienza del defunto principe, niuno vi fu che potesse trattenersi dal sogghignare, forse non prevedendo chi si ridea di Claudio, che avea poi da piangere del suo successore, sentina di crudeltà e di vizii. Non fu letto in senato il testamento di Claudio, perchè verisimilmente non volle Agrippina che Britannico a Nerone in esso comparisse anteposto. Comandano i principi quel che vogliono in vita; morti, quel solo che piace al loro successore. Solamente sotto quest’anno il padre Antonio Pagi11 comincia l’anno primo del pontificato di san Pietro, perchè sostiene ch’egli solamente ora venisse a Roma. Trattandosi di punti assai tenebrosi e controversi di storia, si attenga ognuno a quella opinione che più gli aggrada.


Note

  1. Tacitus, Annal., lib. 12, cap. 64.
  2. Sueton. in Nerone, cap. 7.
  3. Idem ibid., cap. 43.
  4. Dio., lib. 60.
  5. Tacitus. Annal., lib. 12, cap. 67.
  6. Sueton., in Claud. cap. 43.
  7. Tacitus, Annal., lib. 12, cap. 69.
  8. Sueton. in Claud., c. 45, et in Vespas., c. 9.
  9. Dio., lib. 60.
  10. Tacit., Annal., lib. 13, c. 3.
  11. Pagius in Critica Baroniana.