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193 ANNALI D'ITALIA, ANNO LIV. 194

simili bisogni della corte. E sapendo, quanto il marito fosse ghiotto di boleti, ne acconciò uno al proposito, e gliel fece poi presentare dall’eunuco Haloto, solito a fare il saggio de’ cibi del principe. Mangiò di que’ boleti anche Agrippina, ma con lasciare il più bello al marito. Fu portato Claudio come ubbriaco (che questo gli accadeva spesso) dalla tavola al letto1. Perchè parve che sciolto il ventre potesse sovvenire al rischio in cui egli si trovava, spaventata Agrippina ricorse a Senofonte medico di sua confidenza, il quale già preparata, col pretesto di svegliargli il vomito, una penna tinta d’altro fiero veleno gliela immerse nella gola. La notte egli perdè i sentimenti, e verso il far del giorno del dì 13 d’ottobre spirò. Abbiamo da Svetonio2, che in diverse maniere si contò questo fatto: comunemente nondimeno essersi detto e creduto ch’egli morisse di veleno. Incerto è anche il luogo, e sembra piuttosto ch’egli morisse in Roma. Lo stesso storico quegli è che cel dà morto nel dì 13 del suddetto mese, e con lui va d’accordo Dione. Ma pare che Tacito lo supponga prima; perciocchè si tenne (e sembra non delle sole ore) celata la di lui morte, e però potè succedere prima di quel giorno. In Roma si faceano intanto preghiere agli dii per la di lui salute. Agrippina chiamò i commedianti, quasi che li desiderasse Claudio per divertirsi, e spesso facea spargere voce che il di lui incomodo andava di bene in meglio. Tutto ciò per dar tempo a disporre le cose per far succedere Nerone. Ella inoltre si mostrava spasimante di dolore pel marito, e piena di tenerezza per Britannico e per le sorelle di lui, Antonia ed Ottavia, e trattenevali tutti, affinchè non uscissero della loro stanza, con aver anche messe guardie dappertutto.

Preparato ciò che occorreva, sul mezzogiorno del suddetto dì 13 di ottobre [p. 194]si spalancarono3 le porte del del palazzo, e ne uscì Nerone, accompagnato da Burro prefetto del pretorio, che andava ben d’accordo con Agrippina, siccome sua creatura. Fu presentato al corpo di guardia e ricevuto con acclamazioni: indi entrato in lettiga, non senza maraviglia di molti al non veder seco Britannico, fu condotto al quartiere dei pretoriani in Roma, senza che apparisca da Tacito, il quale fa morto Claudio a Sinuessa, alcun lungo viaggio, per venire da quella alla gran città. Dappoichè Nerone ebbe parlato ai pretoriani, e promesso loro un donativo, non inferiore al ricevuto da Claudio, fu acclamato da tutti per imperadore. Non tardò molto a far lo stesso il senato, perchè privo di maniere da resistere ai voleri e alla forza della milizia, già entrata in possesso di far essa gl’imperadori. Furono poi decretati a Claudio i medesimi onori che si praticarono alla morte d’Augusto, con deificarlo, e fargli un solennissimo funerale, in cui Agrippina gareggiò nella magnificenza con Livia Augusta sua bisavola4. Aveva ella anche cominciato un sontuoso tempio alla memoria del Divo Claudio; ma l’invidioso Nerone lo lasciò poi andare a terra, o lo distrusse per la maggior parte. Fu poi rifatto e compiuto da Vespasiano per gratitudine ad un imperadore che l’avea beneficato. Ed ecco come finì sua vita Claudio, principe annoverato fra i partecipanti del buono e del cattivo, di cuore inclinato alla giustizia, alla clemenza e alla munificenza, e che fece molte azioni da principe ottimo; ma di testa troppo debole, per cui lasciandosi governare da mogli scellerate e da liberti iniquissimi, per gli consigli ed inganni di essi tante altre azioni operò obbrobriose o ridicole. Gallione fratello di Seneca il derise morto, con dire, ch’egli veramente era salito al cielo5, ma tirato con un uncino, come

  1. Tacitus. Annal., lib. 12, cap. 67.
  2. Sueton., in Claud. cap. 43.
  3. Tacitus, Annal., lib. 12, cap. 69.
  4. Sueton. in Claud., c. 45, et in Vespas., c. 9.
  5. Dio., lib. 60.