Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/324
Questo testo è incompleto. |
◄ | 323 | 325 | ► |
Anno di | Cristo CCCXXIV. Indizione XII. SILVESTRO papa 11. COSTANTINO imperadore 18. |
FLAVIO GIULIO CRISPO CESARE per la terza volta, e FLAVIO VALERIO COSTANTINO CESARE per la terza.
Prefetto di Roma nel Catalogo del Cuspiniano, ossia del Bucherio, continuò ad essere nell’anno presente Lucerio ossia Lucrio Valerio Verino. Secondo l’asserzione d’Idacio3224, che mette in un anno la totale sconfitta di Licinio, e nel seguente la di lui morte, dovrebbe Licinio, coerentemente a quanto s’è detto di sopra, essere giunto3225 nel presente al fine de’ suoi giorni. Il Pagi3226, che pretese atterrato Licinio solamente nell’anno corrente, differisce la di lui morte al seguente. Eusebio3227, dopo aver detto che Costanzo fu creato Cesare (il che anche da esso padre Pagi vien riferito all’anno 323), seguita a narrar la morte d’esso Licinio. Quello intanto che non cade in controversia, si è che mentre Licinio inviato a soggiornare in Tessalonica, dove si può credere che godesse libertà e buon trattamento, quivi per ordine di Costantino fu strangolato. Non solamente Zosimo3228 ed Eutropio3229 autori pagani, ma anche Eusebio nella sua Cronica (se pur non è san Girolamo traduttore della medesima) chiaramente dicono che Costantino, in torgli la vita, mancò alla promessa e al giuramento da lui fatto a Costanza, sua sorella e di lui moglie, di lasciarlo in vita. E Zosimo, autore per altro di umore alterato contro le azioni di questo invitto principe, aggiunge che non era in lui cosa insolita il violar la parola e i giuramenti. Eusebio3230, nella vita di esso Costantino, altro non dice, se non che Licinio dal consiglio di guerra fu giudicato degno di non più vivere. E l’Anonimo Valesiano3231 pare che scriva, avere i soldati in un tumulto dimandata la di lui morte, e che vi acconsentisse Costantino per tema ch’egli, imitando Massimiano Erculio, un qualche dì ripigliasse la porpora. Quel solo che può sembrar più verisimile, si è il dirsi da Socrate3232, che egli tolto fu dal mondo perchè sollecitava i Barbari in suo favore. Qualche movimento d’essi in questi tempi probabilmente fece sospettare che avesse origine dai segreti impulsi di Licinio, e però piombò sopra di lui la sentenza di morte, arrivando anch’egli, per giusto giudizio di Dio, al fine di tanti altri persecutori della santa ed innocente religione di Cristo. Furono perciò cassati i decreti ed altri atti di Licinio, fatti durante la di lui tirannia. Poche sono le leggi di Costantino sotto l’anno presente, e queste cel fanno vedere in Sirmio e Tessalonica. Nè apparenza alcuna ci è ch’egli venisse a Roma, come s’avvisò il cardinal Baronio3233, il quale racconta succeduto in quella gran città il battesimo d’esso Augusto, la sontuosa donazione che si pretende da lui fatta alla Chiesa romana, la lepra del medesimo, con altri assai strepitosi avvenimenti. Niuno v’ha oggi dei letterati che non conosca essere tai fatti invenzioni favolose de’ secoli posteriori, nè io mi fermerò punto ad esporne la falsità, perchè superfluo sarebbe il dirne di più. Quel sì che può appartenere all’anno presente, si è la premura del piissimo Costantino per soffocare la già insorta eresia d’Ario contraria alla divinità del nostro Signor Gesù Cristo. Gran tumulto per questa bolliva in Egitto e nei paesi circonvicini; ed Alessandro vescovo santo di Alessandria avea già scomunicato l’ostinato eresiarca. Maraviglia è che Costantino solamente catecumeno allora nella fede di Cristo, dopo aver vedute le dissensioni de’ cristiani nell’Africa per la petulanza de’ Donatisti senza poterle acquetare, trovando nato anche un più fiero scisma per cagion d’Ario, non si scandalizzasse e formasse cattiva opinion de’ cristiani. Ma il saggio Augusto, ben riflettendo questi non essere mali o difetti della religione in sè santissima, ma bensì dei mortali troppo esposti al furor delle passioni; e sentendosi ben radicato nell’amore d’essa religione, concepì anzi uno zelo grande per ismorzar quell’incendio. Perciò da Nicomedia spedì un suo fedel deputato ad Alessandria, che si crede essere stato Osio, insigne vescovo di Cordova, per mettere la pace fra Alessandro ed Ario. Bellissima è la lettera da lui scritta in questa occasione, rapportata da Eusebio Cesariense, se non che egli si mostra in essa poco conoscente della controversia de’ cattolici con Ario, perchè probabilmente mal informato da Eusebio vescovo di Nicomedia, gran protettore del medesimo Ario, e sommo imbroglione, il quale si era, non ostante i suoi demeriti, introdotto forte nella corte dell’imperadore. Venuta dipoi una sincera informazione del fatto, scrisse egli un’altra lettera piena di zelo contra dell’eresiarca. Ma indarno la scrisse. Chiaritosi dipoi che non v’era mezzo per mettere in dovere l’orgoglioso Ario, perchè assistito e fomentato da varii vescovi suoi partigiani, non potè lo zelantissimo principe ritener le lagrime, e ricorse poi al ripiego di far celebrar per questa causa nell’anno seguente il famoso concilio di Nicea, di cui parleremo. Credono il Baronio3234 e il Tillemont3235 che in questi tempi avvenisse ciò che racconta s. Giovanni Grisostomo detto da san Flaviano a Teodosio Augusto. Cioè che avendo i furiosi Ariani in Egitto scoperto l’Augusto Costantino contrario all’empia loro opinione, sfogarono la loro rabbia contra delle di lui statue, sfregiandole con una pioggia di sassate. Saputo che l’ebbe, non se ne alterò punto il magnanimo imperadore; e perchè i suoi cortigiani pur lo instigavano a farne vendetta, si mise la mano al volto, e tastatoselo, sorridendo poi disse che non si sentiva ferita alcuna: il che fece ammutolire gli adulatori consiglieri. Benchè poi, per quanto ho detto, poche leggi si riconoscano date nell’anno presente da Costantino, pure Eusebio3236 si stende a raccontar varie nobilissime di lui azioni e costituzioni fatte, dappoichè colla caduta di Licinio egli ebbe uniti gli imperii d’Occidente e d’Oriente, tutte in favore del pubblico e della professata da lui religione di Cristo. Molte furono le provvisioni da lui fatte per rimettere la felicità nelle conquistate provincie dell’Oriente e dell’Egitto, diffondendo spezialmente le rugiade della sua munificenza sopra que’ popoli cotanto in addietro estenuati dalle estorsioni di Licinio: di modo che a tutti parve di rinascere da morte a vita, e sembrava loro un miracolo tanta mutazione di cose. Ma quello, a che maggiormente si applicò il piissimo imperadore, fu di favorire i cristiani, e di dilatare la loro religione, scorgendo provenuto dalla santità e verità di essa il conseguimento di tante sue vittorie, e l’abbassamento di qualsivoglia persecutore della medesima. Leggesi presso Eusebio l’ampio editto da lui pubblicato per i cristiani in addietro oppressi, e per la ristituzion delle chiese e dei loro beni. Poscia, per promuovere la cristiana religione, diede fuori altre leggi di gran forza contro dei professori del paganesimo3237, con esortar ognuno, ma senza forzare alcuno, ad abbracciar il culto del vero Dio. Cominciò ad inviar nelle provincie governatori per lo più cristiani, o se pur gentili, loro era vietato di sacrificare e di far alcun’altra azione d’idolatria, affinchè le persone tuttavia dedite agl’idoli si disavvezzassero dal prestar loro onore e fede. Ordinò che si ristabilissero le chiese già abbattute, che se ne fabbricassero dell’altre e più magnifiche, sperando di vedere un dì tutti i suoi sudditi adoratori di Gesù Cristo, e volle che l’erario suo soccombesse a tutte le occorrenti spese. Abbiamo inoltre un editto composto da lui stesso in latino, e tradotto in greco da Eusebio, in cui, deplorando la cecità dei suoi predecesori nell’adorare i falsi dii, esorta in forma patetica tutti i sudditi suoi a riconoscere e venerare Iddio creatore del mondo, notando che già in qualche paese erano stati aboliti gl’idoli, ed interamente cessato il sacrilego lor culto: del che sommo piacere egli sentiva. Proibì ancora le imposture degli aruspici e di altri indovini della setta gentile, meritando ben più fede Eusebio storico contemporaneo, che Zosimo3238 gentile, vivuto quasi un secolo dopo, il quale spaccia Costantino come tuttavia attaccato a quegl’ingannatori, e come seguace delle superstizioni pagane. Che questo zelantissimo imperadore giugnesse anche a far serrare i templi e spezzare gl’idoli in molti paesi, l’abbiamo dal suddetto Eusebio3239; ma di questo tornerà occasion di parlare; perciocchè non nel solo anno presente, ma in altri susseguenti andò sempre più crescendo lo zelo di questo insigne Augusto per isbarbicare la gramigna de’ pagani: cosa nondimeno da lui eseguita con destrezza, affinchè non nascessero sedizioni, e chiunque voleva ridursi alla vera religione, spontaneamente e non per forza lo facesse.