Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/139

Anno 139

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Anno di Cristo CXXXIX. Indizione VII.
Igino papa 2.
Antonino Pio imperadore 2.


Consoli


Tito Elio Adriano Antonino Augusto per la seconda volta, e Cajo Bruttio Presente per la seconda.


Ebbe il console Presente il prenome di Cajo, ciò risultando da una greca iscrizione che si legge nella mia raccolta1. Così da un’altra pubblicata dal Fabretti2 apparisce che avendo Antonino Augusto deposto il consolato, a lui fu sostituito Aulo Giunio Rufino. Morto Adriano imperadore nell’anno precedente, prese le redini del governo Antonino Pio, ed ebbe il titolo d’Imperadore (se non l’avea ottenuto prima), d’Augusto e di Pontefice Massimo. Era egli della famiglia Aurelia, originaria di Nimes, città della Gallia, e il suo primo nome fu quello di Tito Aurelio Fulvo o Fulvio3. L’avolo suo, che portava lo stesso nome, tre volte ebbe l’onore dei fasti consolari: due volte il di lui padre. Arria Fadilla, sua madre, figliuola fu di Arrio Antonino, stato anch’esso console, ed uno de’ più illustri senatori d’allora. Tito Aurelio suddetto si vede poi nominato Arrio Antonino con indizio, che l’avolo materno l’avesse adottato per figliuolo; e certamente fu erede del ricco di lui patrimonio. Nacque egli nell’anno 89 della nostra Era nella villa di Lanuvio. Nell’anno 120 dal suo merito fu portato al consolato, imperciocchè si univano in lui la bella presenza, un ingegno penetrante, ma insieme placido e sodo, molta letteratura, maggiore eloquenza, e sopra tutto una rara saviezza, sobrietà ed amorevolezza. Era liberale in donare il suo, lontano dal volere quel d’altri, il tutto sempre operando con misura e senza giattanza. Tale in somma comparve[p. 486] agli occhi dei Romani nella vita privata, e molto più divenuto imperadore, che i saggi l’assomigliavano, e con ragione, a Numa Pompilio. Da Adriano fu scelto per uno de’ quattro consolari che reggevano l’Italia. Proconsole dell’Asia fece un sì bel governo, che ne riportò plauso da ognuno. Poscia ammesso nel consiglio di Adriano, costumò in tutto ciò che era messo in consulta, di eleggere la sentenza più mite. Stimarono alcuni, che l’avere Adriano veduto Antonino entrar nel senato dando di braccio al vecchio suo suocero, cioè al padre d’Annia Galeria Faustina sua moglie, tanto si compiacesse di quell’atto, che per questo il volle suo successore. Ma è ben più da credere che a tale elezione si sentisse mosso Adriano dalla conoscenza e sperienza del senno e delle tante virtù che concorrevano in esso Antonino.

Dappoichè egli ebbe riportate a Roma le ceneri di Adriano4, trovò il senato così irritato contro la memoria di Adriano per le crudeltà sul principio e nell’ultimo di sua vita usate verso l’ordine senatorio, che non solamente stava forte in negargli i creduti onori divini, ma era in procinto di cassar ancora tutti i di lui atti e decreti. Entrò in quella illustre assemblea il novello imperadore, che per la sua adozione fu da lì innanzi nominato Tito Elio Adriano Antonino, e colle lagrime agli occhi perorò in favore del defunto padre così vivamente, che avrebbe potuto muovere ogni più duro cuore. Vedendo tuttavia i senatori mal disposti a compiacerlo, venne all’ultima batteria con dire, che dunque non volevano nè pur lui per imperadore, giacchè se pensavano d’abolir tutti gli atti d’Adriano, come di un principe cattivo e nemico, fra questi entrava anche la sua adozione. A tali parole si piegò il senato, non tanto per riverenza ad Antonino, quanto per timore de’ soldati che erano per lui; decretando che Adriano potesse [p. 487 modifica]aver luogo fra gli dii, benchè personaggio da lor tenuto per sanguinario e crudele. Puntualmente pagò Antonino5 di sua propria borsa alle milizie il regalo promesso loro dal padre, e diede al popolo un congiario fors’anche vivente lo stesso Adriano. Restituì e condonò interamente alle città d’Italia l’oro coronario, cioè la contribuzione o sia il donativo esibito per la sua adozione, e ne rilasciò la metà alle provincie fuori d’Italia. Rientrato poi in sè stesso il senato, e conoscendo che bel regalo avesse fatto Adriano con dare alla repubblica romana un sì buono, un sì degno successore, rivolse le sue applicazioni ad onorar Antonino, e a renderselo grato. Gli diede il titolo di Pio, che comincia tosto a comparire nelle di lui medaglie6. Crede il Tillemont7, che questo nome significasse Buono, e a lui fosse accordato per denotare la singolar sua amorevolezza verso il padre, verso i parenti e la patria. Anche gli antichi8 ne cercarono il motivo; chi il credette appellato così pel suo rispetto alla religione; altri perchè avea salvata la vita a molti condannati all’ultimo supplicio da Adriano infermo e furioso, ch’egli nascose, e dopo la di lui morte rimise in libertà: il che par ben più credibile, che il dirsi da Dione ciò fatto, perchè sul principio del suo governo molti furono accusati per varii reati, ed egli non volle che alcun fosse gastigato. Il lasciare impuniti certi delitti, che turbano la pubblica quiete, non suol essere molto glorioso ne’ principi, ed è nocivo al pubblico. Per altro la clemenza è una bella gemma della lor corona, e per questo crede Eutropio ch’egli meritasse il titolo di Pio. Le medaglie ancora9 battute in quest’anno ci possono assicurare che fu onorato Antonino col bel nome di Padre della Patria, pel[p. 488] qual fece un bel ringraziamento ai Padri. Inoltre il senato fece alzar delle statue ai genitori, all’avolo paterno e materno e ai fratelli già defunti del medesimo Antonino. Non ebbe discaro esso Augusto che il senato desse anche ad Annia Galeria Faustina sua moglie il titolo di Augusta; accettò ancora i giuochi circensi decretati dallo stesso senato per solennizzare il di lui giorno natalizio, che correva nel dì 19 di settembre; ma rifiutò ogni altra pubblica dimostrazione. Da lì a qualche anno determinò il medesimo senato, che i mesi di settembre e di ottobre in onor suo e di Faustina si chiamassero Antoniano, Faustiniano; ma ricusò Antonino un sì fatto onore. Trovavansi delle persone non poche condannate o esiliate da Adriano. Dimandò Antonino grazia per loro nel senato, con dire che Adriano l’avrebbe chiesta anch’egli. A niun di coloro, che lo stesso Adriano avea dato dei posti, li levò; anzi suo costume fu lasciar continuare ne’ governi delle provincie per fin sette e nove anni coloro ch’erano in concetto di governare con illibatezza e prudenza.

Ebbe Antonino Pio da Faustina sua moglie due figliuoli10 maschi, uno appellato Marco Aurelio Fulvo Antonino, e l’altro Marco Galerio Aurelio Antonino. Amendue giovani erano a lui premorti. Due figliuole ancora gli nacquero. La maggiore, maritata con Lamia Sillano, mancò di vita, allorchè il marito andava al governo dell’Asia. Restavagli la seconda, cioè Annia Faustina. Avea ordinato Adriano, ch’egli la desse in moglie a Lucio Vero, cioè a quel medesimo che insieme con Marco Aurelio per comandamento di Adriano egli avea adottato per suo figliuolo. Ma Antonino, dacchè cessò Adriano di vivere, riflettendo all’età troppo tenera di Lucio Vero, e che miglior testa era quella di Marco Aurelio, cangiata massima11, s’invogliò di dar la figliuola ad esso Marco Aurelio, [p. 489 modifica]contuttochè egli avesse contratti gli sponsali con Fabia figliuola di Lucio Cejonio Commodo, e sorella del suddetto Lucio Vero. Gliene fece far la proposizione per Giulia Faustina sua moglie, con dargli tempo di pensarvi. Si credette in fine Marco Aurelio di assicurar meglio la sua fortuna con questo matrimonio; e però disciolti gli sponsali suddetti, s’indusse ad isposare Annia Faustina. Non si sa bene se seguissero tali nozze nell’anno presente. Prima anche d’esse Antonino, per maggiormente comprovare al destinato genero il suo compiacimento ed affetto, gli conferì il titolo di Cesare, e il designò1072, ad istanza del senato, console seco per l’anno seguente, contuttochè egli non fosse se non questore, nè avesse esercitate altre cariche pubbliche. Il fece anche accettare ne’ Collegi de’ sacerdoti, e passare nel palazzo di Tiberio, con formargli una corte da par suo, benchè egli ripugnasse. Assegnò anche Antonino12 in dote alla figliuola tutti i suoi beni patrimoniali, con riserbarsene nondimeno l’usufrutto sua vita natural durante per gli bisogni dello stato. Servono le medaglie13, coniate nel secondo consolato di Antonino Pio, cioè nell’anno presente, per farci conoscere che egli diede un re ai Quadi, e un altro ai popoli dell’Armenia.



Anno di Cristo CXL. Indizione VIII.
Igino papa 3.
Antonino Pio imperadore 3.


Consoli


Tito Elio Adriano Antonino Pio Augusto per la terza volta, e Marco Elio Aurelio Vero Cesare.


Siccome il regno di Antonino Pio fu regno tutto di pace, perchè quest’ottimo principe, privo d’ambizione e nulla sitibondo della gloria vana, unicamente attese a rendere felici i suoi[p. 490] popoli: mestiere che dovrebbe essere quello di tutti i regnanti: così la di lui vita non ci somministra varietà d’azioni da poter empiere gli anni del suo lungo imperio. Oltre di che son perite le antiche storie, che parlavano de’ fatti di lui, nè altro ci resta, che la breve sua vita scritta da Giulio Capitolino, mancante di quel filo ch’è necessario per riferir cronologicamente anno per anno le di lui imprese. Sia pertanto ora a me lecito di riportar qui il ritratto di questo insigne Augusto, che anche il Tillemont14 raccolse da esso Capitolino15, dai libri di Marco Aurelio16 suo figliuolo adottivo, da Dione17, e da altri pochi rimasugli dell’antichità. Fu Antonino Pio provveduto dalla natura di un corpo di alta statura e ben fatto, con volto maestoso e insieme dolce, con voce grata ad udirla; allegro nella conversazione, ma senza eccesso; buon economo del suo, e insieme liberale e magnifico alle occorrenze, con dilettarsi molto di stare alla campagna, dove facea fruttare i suoi beni, e solea divertirsi colla caccia e colla pesca, e in città coll’intervenire alle commedie e buffonerie degl’istrioni. Studioso della sobrietà, anche giunto all’imperio, sempre la conservò, contento de’ cibi ordinari, senza cercarne de’ rari e senza lusso: con che visse molto, senza bisogno di medici nè di rimedi. I suoi conviti o pubblici, o privati erano per lo più conditi dai discorsi de’ suoi commensali amici, andando anch’egli talvolta a pranzare in casa loro con tutta confidenza. Usava18 la mattina di ammettere alcuno all’udienza, di mangiare un tozzo di pan secco, per aver lena agli affari, nei quali sempre si dimostrò applicato e indefesso. Compiacevasi ancora di andar come persona privata alle vendemmie

  1. Tesaur. Nov. Inscript., pag. 326, n. 4.
  2. Fabrettus, Inscription, pag. 726.
  3. Capitolinus, in Antonino Pio.
  4. Spartianus, in Hadriano.
  5. Capitolinus, in Antonino Pio.
  6. Mediobarbus, in Numismat. Imperat.
  7. Tillemont, Mémoires des Empereurs.
  8. Pausanias, lib. 8. Dio., l. 70. Lampridius, in Elagabalo.
  9. Mediobarbus, in Numismat. Imperator.
  10. Capitolinus, in Antonino Pio.
  11. Capitolinus, in Marco Aurel.
  12. Capitolinus, in Antonino Pio.
  13. Mediobarbus, in Numismat. Imperat.
  14. Tillemont, Mémoires des Empereurs.
  15. Capitolinus, in Antonino Pio.
  16. Marcus Aurelius, de rebus suis.
  17. Dio., lib. 70.
  18. Aurelius Victor, in Epitome.