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485 annali d’italia, anno cxxxix. 486


Anno di Cristo CXXXIX. Indizione VII.
Igino papa 2.
Antonino Pio imperadore 2.


Consoli


Tito Elio Adriano Antonino Augusto per la seconda volta, e Cajo Bruttio Presente per la seconda.


Ebbe il console Presente il prenome di Cajo, ciò risultando da una greca iscrizione che si legge nella mia raccolta1. Così da un’altra pubblicata dal Fabretti2 apparisce che avendo Antonino Augusto deposto il consolato, a lui fu sostituito Aulo Giunio Rufino. Morto Adriano imperadore nell’anno precedente, prese le redini del governo Antonino Pio, ed ebbe il titolo d’Imperadore (se non l’avea ottenuto prima), d’Augusto e di Pontefice Massimo. Era egli della famiglia Aurelia, originaria di Nimes, città della Gallia, e il suo primo nome fu quello di Tito Aurelio Fulvo o Fulvio3. L’avolo suo, che portava lo stesso nome, tre volte ebbe l’onore dei fasti consolari: due volte il di lui padre. Arria Fadilla, sua madre, figliuola fu di Arrio Antonino, stato anch’esso console, ed uno de’ più illustri senatori d’allora. Tito Aurelio suddetto si vede poi nominato Arrio Antonino con indizio, che l’avolo materno l’avesse adottato per figliuolo; e certamente fu erede del ricco di lui patrimonio. Nacque egli nell’anno 89 della nostra Era nella villa di Lanuvio. Nell’anno 120 dal suo merito fu portato al consolato, imperciocchè si univano in lui la bella presenza, un ingegno penetrante, ma insieme placido e sodo, molta letteratura, maggiore eloquenza, e sopra tutto una rara saviezza, sobrietà ed amorevolezza. Era liberale in donare il suo, lontano dal volere quel d’altri, il tutto sempre operando con misura e senza giattanza. Tale in somma comparve[p. 486] agli occhi dei Romani nella vita privata, e molto più divenuto imperadore, che i saggi l’assomigliavano, e con ragione, a Numa Pompilio. Da Adriano fu scelto per uno de’ quattro consolari che reggevano l’Italia. Proconsole dell’Asia fece un sì bel governo, che ne riportò plauso da ognuno. Poscia ammesso nel consiglio di Adriano, costumò in tutto ciò che era messo in consulta, di eleggere la sentenza più mite. Stimarono alcuni, che l’avere Adriano veduto Antonino entrar nel senato dando di braccio al vecchio suo suocero, cioè al padre d’Annia Galeria Faustina sua moglie, tanto si compiacesse di quell’atto, che per questo il volle suo successore. Ma è ben più da credere che a tale elezione si sentisse mosso Adriano dalla conoscenza e sperienza del senno e delle tante virtù che concorrevano in esso Antonino.

Dappoichè egli ebbe riportate a Roma le ceneri di Adriano4, trovò il senato così irritato contro la memoria di Adriano per le crudeltà sul principio e nell’ultimo di sua vita usate verso l’ordine senatorio, che non solamente stava forte in negargli i creduti onori divini, ma era in procinto di cassar ancora tutti i di lui atti e decreti. Entrò in quella illustre assemblea il novello imperadore, che per la sua adozione fu da lì innanzi nominato Tito Elio Adriano Antonino, e colle lagrime agli occhi perorò in favore del defunto padre così vivamente, che avrebbe potuto muovere ogni più duro cuore. Vedendo tuttavia i senatori mal disposti a compiacerlo, venne all’ultima batteria con dire, che dunque non volevano nè pur lui per imperadore, giacchè se pensavano d’abolir tutti gli atti d’Adriano, come di un principe cattivo e nemico, fra questi entrava anche la sua adozione. A tali parole si piegò il senato, non tanto per riverenza ad Antonino, quanto per timore de’ soldati che erano per lui; decretando che Adriano potesse

  1. Tesaur. Nov. Inscript., pag. 326, n. 4.
  2. Fabrettus, Inscription, pag. 726.
  3. Capitolinus, in Antonino Pio.
  4. Spartianus, in Hadriano.