Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/138
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Anno di | Cristo CXXXVIII. Indizione VI. IGINO papa 1. ANTONINO PIO imperadore 1. |
Consoli
Camerino e Negro.
Non si è potuto finora accertare quai fossero i prenomi e nomi di questi consoli. Da alcuni per sole conghietture furono appellati Sulpicio Camerino e Quinzio Negro; ma meglio fia l’aspettare che si scuopra qualche marmo che meglio ci istruisca di questa faccenda. Per quanto s’ha dalla cronica antichissima di Damaso1, sul principio di quest’anno san Telesforo papa compiè il corso del suo pontificato colla corona del martirio. Quantunque Adriano niun editto nuovo pubblicasse contra de’ Cristiani, pure in vigore delle precedenti leggi, e per lo mal animo dei sacerdoti gentili, noi sappiamo che sotto di lui moltissimi Cristiani col sangue loro confermarono la fede di Gesù Cristo. Vero è che, per attestato di Eusebio2 e di san Girolamo3, i santi Quadrato ed Aristide presentarono ad Adriano le loro apologie per la religione cristiana, e che queste fecero un buon effetto. Contuttociò non mancavano allora dei nemici del nome cristiano, che instigavano i giudici ad infierire contra i pastori della greggia di Cristo. A Telesforo succedette nella cattedra di san Pietro Igino. Lucio Elio Cesare figlio adottivo di Adriano anche egli terminò i suoi giorni nel dì primo di quest’anno. Pareva che i suoi malori gli avessero data posa in guisa tale, che egli si era preparato per recitar nelle calende di gennaio in senato un’orazione composta da lui, o dettata a lui da qualche maestro, in rendimento di grazie ad Adriano per la sua adozione, come narra Sparziano4. Dissi per la sua adozione: parole che non possono mai accordarsi coll’opinione del padre Pagi5, che il vuole adottato fin dall’anno 130. V’ha chi crede ciò fatto nell’anno 136, non avendo egli, come si figurano, per la sua poca salute potuto soddisfare nelle calende dell’anno precedente. Ma nè pur nelle calende di quest’anno gli fu permesso, perchè in quel medesimo giorno la morte il rapì. Essendo quello il tempo, in cui si formavano i voti solenni per la salute dell’imperadore, non volle Adriano che si facesse piagnisteo alla sepoltura di lui. Avea Lucio Elio avuta per moglie una figliuola di Domizio Negrino, fatto uccidere da Adriano sui principii del suo governo; ed essa gli avea partorito un figliuolo appellato Lucio Cejonio Commodo. Verso questo fanciullo vedremo in breve quanto continuasse l’amore e la beneficenza di Adriano Augusto. Al vedere sconcertati i suoi disegni per la morte di Lucio Elio, andò Adriano per qualche settimana pensando a riparar questa perdita coll’elezione di un altro figliuolo; e per buona fortuna de’ Romani egli fermò il suo guardo sopra Tito Aurelio Fulvio (o Fulvo) Bojonio Antonino, che era stato console nell’anno[p. 480] 120. Egli è chiamato Arrio Antonino da Sparziano6. Giulio Capitolino7 gli dà i suddetti nomi, e vuole che Arrio Antonino fosse avolo materno di esso Tito Aurelio. Conosceva molto bene Adriano le rare virtù di questo soggetto, giacchè egli era uno de’ senatori del suo consiglio; e però gli fece intendere il disegno da lui concepito di adottarlo per figliuolo e successor nell’imperio, colla condizion nondimeno, che, stante l’esser esso Antonino privo di prole maschile, anch’egli volesse adottar per figliuolo Marco Aurelio Vero, figliuolo di Annio Vero, cioè di un fratello di Sabina Augusta sua moglie; e Lucio Cejonio Commodo, che poco fa dicemmo nato da Lucio Elio Cesare, fanciullo allora di circa otto anni, perchè nato dell’anno 130. Fu dato tempo ad Antonino tanto da pensarvi, ed avendo egli poi accettata la favorevol offerta fattagli, e le condizioni prescritte, Adriano Augusto, la cui sanità andava di male in peggio, nel dì 25 febbraio fece la solenne funzione di dichiararlo suo figliuolo, con dargli il titolo di Cesare, e farlo suo collega nella podestà tribunizia e nel comando proconsolare. Ch’egli ancora ottenesse il titolo d’"Imperadore", lo stimò il padre Pagi; ma non ne abbiamo sufficiente fondamento. Presentò Adriano questo suo nuovo figliuolo al senato, con dire, "che giacchè la morte gli avea tolto Lucio Elio, ne avea trovato quest’altro, nobile, mansueto e prudente, in età da non temere, ch’egli o per temerità male operasse, o per debolezza trascurasse gli affari". Parea pure che l’elezione di un sì degno personaggio avesse da tirarsi dietro l’allegrezza e il plauso di ognuno: e pure che non può l’ambizione? Moltissimi dell’ordine senatorio, giacchè cadauno aspirava a sì gran dignità, se l’ebbero a male; e sopra gli altri "Catilio Severo", già stato console, ed allora prefetto di Roma, che si teneva in pugno l’imperio. Perchè questi dovette lasciar traspirare i suoi lamenti, Adriano gli levò quella carica prima del tempo consueto. L’aver egli in tal congiuntura scoperta una tal contrarietà a’ suoi voleri, con parergli anche per la sua malattia di essere oramai sprezzato dal senato, cominciò a farlo prorompere in alcune azioni di crudeltà. Si credettero alcuni, che naturalmente Adriano inclinasse a questo vizio, e se ne astenesse per la sola paura, tenendo davanti agli occhi il fine di Domiziano. Ma Dione8 lo niega, e da quanto abbiam detto finora, può apparire che solamente per qualche esaltazion di bile incrudelì. Si aggiunse in questi tempi una fastidiosa malattia, che gli svegliò il mal umore e la rabbia non solamente contra degli altri, ma infin contra di sè stesso: il perchè venne meno in lui la mansuetudine e la clemenza. Si sa ch’egli fece morire Serviano suo cognato, cioè marito di Paolina sua sorella già defunta9. Fin qui l’aveva egli amato ed onorato sopra gli altri; l’avea promosso al terzo consolato, e sempre usciva ad incontrarlo fuori della camera, ognivoltachè sapeva il di lui arrivo al palazzo. Ma dappoichè fu compiuta l’adozione di Antonino, nacque sospetto in Adriano, che Serviano, benchè vecchio di novant’anni, meditasse di salire sul trono, deducendolo dall’aver egli mandata la cena ai servi della corte; dell’essersi un dì messo a sedere con gran possesso sulla sedia imperiale che stava a canto del suo letto, e dall’esser entrato pettoruto nel quartier de’ soldati, quasi per farsi conoscere tuttavia atto al comando. Dione10 espressamente scrive, che Serviano e Fosco di lui nipote si risentirono per l’elezione di Antonino, credendosi aggravati perchè Adriano avesse anteposto chi non era parente ad un nipote di sua sorella. Perciò Adriano li fece uccidere amendue. Raccontano che Serviano prima di essere strangolato, [p. 482]si fece portar del fuoco, e messovi dell’incenso, come in atto di sacrifizio, disse: Voi immortali dii, che ho per testimoni della mia innocenza, prego di una sola grazia, cioè che Adriano, benchè ardentemente brami la morte, non possa morire. Forse fu una frottola inventata per quello che poscia avvenne. Di altri che fossero uccisi per ordine di Adriano, non parla Dione, che pur fu più vicino a questi tempi. Ma Sparziano scrive che parecchi altri furono levati dal mondo o scopertamente o per insidie; e corse fin voce, che Sabina Augusta, la qual forse finì di vivere in questi tempi, per veleno datogli da Adriano terminasse i suoi giorni. Sparziano la tien per una favola. In fatti niuno è più soggetto alle dicerie del popolo che i gran signori. Aurelio Vittore11, benchè più lontano da questi tempi, arrivò a scrivere che Adriano, prima di morire, fece ammazzar molti senatori; che Sabina per gli strapazzi a lei usati dal marito, volontariamente si diede la morte; e ch’ella pubblicamente sparlava del genio crudele di Adriano, con aggiungere di aver fatto il possibile di non restare gravida di lui, temendo di partorire qualche mostro pernicioso al genere umano. È a noi permesso il credere che con qualche verità sia mischiata una buona dose di falso. E se non falla Capitolino12 in dire, che Marco Aurelio adottato per ordine di Adriano da Antonino, era figliuolo di un fratello di essa Sabina; non sembra già che Adriano nudrisse così mal animo contro la moglie. Contuttociò convengono tutti gli storici in dire, che il merito di tante belle azioni fatte da Adriano parve un nulla al senato in confronto della morte da lui data sul principio del suo governo ai quattro personaggi consolari, e agli altri sul fin di sua vita, contro replicate promesse da lui fatte, di maniera che si era messo in testa il medesimo senato di non voler accordare gli onori consueti dell’empia gentilità ad Adriano defunto, siccome vedremo fra poco.
Cresceva intanto la malattia di esso Adriano, e fu in fine dichiarata idropisia, accompagnata da dolori e da un insoffribil tedio, non solo del male, ma anche della vita13. Non si stendeva la potenza di un imperadore a trovarvi rimedio; e quantunque egli ricorresse insino alla magia, neppur questa potè aiutarlo. Disperato adunque, altro più non desiderava, se non di potersi dar la morte da sè stesso, o di riceverla con veleno o con pugnale da altri. Prometteva impunità e danari a chi gli prestasse aiuto in questo; ma niuno si sentiva voglia di ubbidirlo. Importunato con preghiere e minacce il suo medico, questi amò meglio di uccidersi da sè stesso, che di abbreviare la vita al suo principe. Al medesimo fine si raccomandò ad un servo, il quale ne corse a dar l’avviso ad Antonino. Per animarlo alla pazienza, e levargli di capo sì nere fantasie, entrò in sua camera esso Antonino Cesare, accompagnato dai prefetti del pretorio. Veggendosi scoperto, entrò nelle furie Adriano, e comandò che si ammazzasse quel servo. Antonino il salvò, facendo poi credere ad Adriano che il suo ordine era stato eseguito. Oltre a ciò gran guardia gli fece fare per questo, con dire che crederebbe sè stesso reo di omicidio, se avesse tralasciato di conservarlo vivo finchè si poteva14. Invenzione sua anche fu il far venire una donna, che disse ad Adriano d’avere ricevuto ordine da una deità di avvisarlo che sarebbe guarito: e perchè ella non l’avea fatto, era divenuta cieca. Tornò poscia a dirgli, d’avere inteso in altro sogno, che s’ella baciasse le ginocchia ad Adriano, ricupererebbe la vista: e così con facilità avvenne. Si finse ancora cieco nato un uomo, venuto dalla Pannonia, che col toccare Adriano, tornò anch’egli[p. 484] a vedere. Servirono queste imposture a quietare alquanto Adriano; e tanto più che per accidente, o perchè gli fu fatto credere, gli cessò la febbre. Volle egli dipoi essere portato a Baja; ma quivi nel dì 10 di luglio, in età di sessantadue anni, dopo aver detto un assai famoso motto, cioè: I molti medici hanno ucciso l’imperadore, e dopo aver recitato cinque versi sopra l’anima sua, destinata agli orrori dell’inferno, finalmente morì. Prima di morire, chiamò da Roma Antonino, che giunse a tempo di vederlo vivo, sebben Capitolino15 sembra dire ch’egli andò colà solamente per riportarne le ceneri a Roma. Scrive Sparziano, che Adriano odiato da tutti, fu seppellito in Pozzuolo nella villa di Cicerone, dove il suo successore Antonino gli fabbricò un tempio, come ad una deità, dandogli de’ Flamini ed altri sacri ministri. Capitolino, per lo contrario, attesta che le di lui ceneri furono portate a Roma da Antonino, esposte nel giardino di Domizia, e riposte nel suo mausuleo (oggidì castello sant’Angelo), perchè in quello di Augusto non v’era più luogo. Succedette a lui nell’imperio Antonino Pio, di cui parleremo all’anno seguente. E si vuol ben qui ripetere che le lettere fiorirono non poco sotto Adriano imperadore letterato. Abbiam di sopra fatta menzione di Favorino sofista, di Epitteto insigne filosofo della scuola stoica, di Arriano suo discepolo e di Flegonte liberto d’esso Adriano. Oltre ad altri scrittori vivuti allora, de’ quali si son perdute l’opere, furono e son tuttavia in gran credito Svetonio Tranquillo, autore delle vite de’ dodici primi imperadori, e massimamente Plutarco, le cui opere meritano di essere appellate un dovizioso magazzino dell’erudizione greca e latina, e dell’antica filosofia.
- ↑ Anastas, Bibliotecarius
- ↑ Eusebius, Hist. Ecclesiast. lib. 4, c. 3.
- ↑ Hieron., de Viris Illustr.
- ↑ Spartianus, in Hadriano.
- ↑ Pagius, Critic. Baron.
- ↑ Spartianus, in Hadriano.
- ↑ Capitolinus, in Tito Antonino.
- ↑ Dio, lib. 69
- ↑ Spartianus, in Hadriano.
- ↑ Dio, lib. 69
- ↑ Aur. Victor., in Epitome.
- ↑ Capitolin., in Antonino Pio.
- ↑ Dio, lib. 69. Spartianus, in Hadr. Aurelius Victor in Epit.
- ↑ Spartianus, in Hadrian. Aurel.
- ↑ Capitolin., in Marco Aurelio.