Ancora sui titoli di Teoderico

Tommaso Allara

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ANCORA SUI TITOLI DI TEODERICO




REX THEODERICVS PIVS PRINCIS.


Con vivo compiacimento e vera soddisfazione lessi l’interessante memoria sul medaglione d’oro di Teoderico re, pubblicata dal Cav. F. Gnecchi nella Riv. It. di Numismatica (Anno VIII, Fase. II, 1895), illustrazione veramente dotta di quella rarità numismatica. Rimaneva tuttavia ad interpretarsi una parola della leggenda posta sul dritto del medaglione — la parola PRINCIS — e nella memoria, che precede, il ch. Prof. E. A. Stückelberg ci pose innanzi in bel l’ordine varie ipotesi di interpretazione, additando da ultimo quella, a cui egli darebbe la preferenza. Siami or concesso di riprendere ad esame le varie ipotesi ammesse dallo Stückelberg come possibili interpretazioni della parola in questione, e per via di esclusione proporre una spiegazione citata bensì dal Ch. Professore, ma da lui non accettata. Anche qui ci mancano ancora dati sufficienti per giungere ad una soluzione definitiva; ed io non intendo, che cercare, per quanto è in me, di allargare le indagini, che in proposito si possono fare, ed augurarmi, che presto altri di me più versati nella storia e nella numismatica possa trovare una soluzione veramente esauriente e definitiva.

E. A. Stückelberg, nella sua memoria: Les titres de Théoderic, esclude anzitutto la possibilità, che PRINCIS altro non sia, che una semplice abbreviazione di PRINCEPS; ed in ciò non posso che pienamente [p. 68 modifica]consentire con lui, non essendoci (per ciò che riguarda lo spazio) affatto bisogno di tale abbreviazione; che anzi, a riempiere lo spazio lasciato libero dall’iscrizione vi si aggiunse una palma. D’altronde l’abbreviazione anziché in princis (della qual parola non esistono esempi in tutta la latinità) si sarebbe fatta in PRICEPS1. Adunque PRINCIS non è un’abbreviazione di princeps.

E non è neppure a dirla una forma secondaria o volgare del classico princeps. Ciò si sarebbe forse potuto supporre nel caso, che il medaglione fosse assai più recente; risalisse cioè solo al periodo dello svolgimento delle lingue neo-latine; che allora noi troviamo la forma PRINCE2, alla quale parola si poteva supporre aggiunta la terminazione latina is, onde PRINCEISPRINCIS. Ad ogni modo ciò non potè essere al principio del secolo VI, a cui risale il medaglione di Teoderico.

Esaminerò quindi brevemente le varie ipotesi poste innanzi dallo Stückelberg, dividendo così la parola in questione: PRINC · I · S, come fu divisa dallo stesso.

PRINC - I - S

1) Princeps iuventutis senatus
2) iuvante salvatore
3) inclyta stirpe
4) imperator salutatus.


I.

1) iustus 2) illustrissimus, illustris 3) indulgentissimus
4) invictissimus 5) inclytus.

S.

1) sanctissimus 2) serenissimus 3) sempiternus 4) semper.

[p. 69 modifica] Nel prendere ad esame i vari titoli suesposti, parmi necessario aver sempre presente l’aggettivo PIVS che precede la parola PRINCIS, onde vedere, se bene può unirsi con questa o con quella interpretazione delle due ultime lettere.

1) E per cominciare dalla prima delle suaccennate ipotesi: Princeps juventutis senatus, ammetto volentieri collo Stückelberg la poca o ninna verosimiglianza di questa interpretazione; poiché detta combinazione così come è posta qui, non si dà mai; e rarissima pure occorre colla congiunzione et: juventutis et senatus. Quanto alla diversa accezione della formula: Princeps iuventutis secondo i diversi tempi, premetto che Princeps iuventutis sub libera civitate fuit juvenis primus inter aequales.... sub imperatoribus haesit hoc nomen honoris causa eorum filiis (Forcellini ad voc. princeps)3. Sotto l’impero adunque avea questo titolo il designato successore al trono, come si trova sulle monete fino al tempo di Graziano4, circa un secolo e mezzo prima di Teoderico. Che poi Giuliano Apostata abbia conservato questo titolo dopo che fu nominato imperatore (come osserva lo Stückelberg dietro il Dessau Inscrip. N. 751), è, a mio giudizio, cosa assai più comprensibile sia per la giovane età dell’imperatore, (che nato nel 331, salì il trono nel 361), sia ancora perchè non ebbe che a conservare un titolo, che già aveva — mentre è [p. 70 modifica]certo, che né l’una, né l’altra di queste considerazioni può convenire a Teoderico.

2) Princeps juvante Salvatore. Spiegazione per sé plausibile. Forse però l’ariano Teoderico avrebbe preferito la forma juvante domino alla forma juvante Salvatore, che direi più bizantina; e ciò tanto più trattandosi di epoca, in cui egli voleva come contrap- porsi in Italia alla Corte di Costantinopoli, ed alquanto tesi erano i rapporti dei due Sovrani nel 500, anno, a cui pare si debba far risalire il medaglione in discorso5.

3) Princeps inclyta stirpe. Interpretazione buona, ove si consideri che Teoderico si vantava di scendere dagli Amali, nobilissimi fra i Goti, e stavagli a cuore di farlo comprendere ai Romani, che naturalmente lo consideravano come re barbaro. Forse però si potrebbe pure osservare, che il re Ostrogoto al principio del suo regno e per molti anni appresso cercò in tutti i modi di cattivarsi l’affetto degli italiani, evitando con molta prudenza quanto potesse urtare la suscettibilità nazionale, dirò così, dei Romani.

Osserverei poi da ultimo, che volendo unire l’aggettivo PIVS al sostantivo PRINC(eps), nelle tre suaccennate ipotesi le lettere I S, interpretate come sopra, sarebbero forse un po’ a disagio.

4) Vengo da ultimo alla spiegazione: Pius princeps imperator salutatus, che io adotterei volentieri.

Comincio col far mio l’argomento dello Stückelberg in favore di questa interpretazione, che cioè lo stesso Teoderico nelle sue lettere parla dell’imperium nostrum, come se si trattasse dell’imperium di uno dei suoi predecessori Romani. E se fin dai tempi repubblicani troviamo sulle monete di Sesto Pompeo [p. 71 modifica]SEX · MAGNVS · IMP · SAL ·, tanto più facilmente poteva adottare questo titolo il re Teoderico, il quale succeduto a pochi anni di distanza all’ultimo imperatore di Occidente, per le sue vittorie sugli Eruli e per la conquista d’Italia, poteva considerarsi e chiamarsi imperatore, non solo nel senso di cui sopra Sesto Pompeo (dux belli)6, ma nel senso stesso dell’ultimo imperatore Occidentale.

E qui io voglio aggiungere alcune mie considerazioni, che a mio avviso possono per avventura aggiugnere qualche probabilità alla spiegazione ora accennata.

1) Teoderico, vinto e poscia ucciso Odoacre, si fa chiamare re dei Goti e dei Romani7 ed attende all’amministrazione dello Stato. Avviene in seguito la legazione del vescovo Epifanio in Gallia a Gundobazio pel riscatto dei prigionieri, come ci vien narrata da Eutropio nella sua Historia Romana, Lib. XV (in Rer. It. Script. Lib. I, P. I).

2) Solo nel 498, Teoderico riceve da Anastasio imperatore l’investitura e le insegne regali8), al che accennerebbe il REX del medaglione, che quindi non sarebbe certo anteriore all’anno 4989.

[p. 72 modifica]3) Nel 500, il re Ostrogoto si porta a Roma e vi è accolto a festa. " Volle Teoderico degli Amali (dice C. Troja nella sua St. d’It. del Medio Evo, Lib. XXXIV), " che la ricordanza del suo arrivo in Roma lasciasse lunghe traccie nelle menti dei popoli; e non Costantino imperatore, nè altri principi vinsero l’Ostrogoto nella solennità e nello splendore delle feste celebrate in simile occorrenza „. Passa quindi il citato autore a narrare tutta la pompa con cui fu ricevuto e l’ordine del corteo, che, dopo essere stato alla Basilica Vaticana a venerare il sepolcro degli Apostoli, si avviò verso il luogo, detto Palma (forse un’ampia sala del palazzo imperiale, detto più tardi Palma d’oro)10 Si applaudiva da ogni parte a Teoderico, acclamandolo Pio, Felice, Augusto (Troja, l. c., L. XXXIV, § 5). A ricordare la distribuzione di grano, a cui accenna Eutropio11, fece rizzare un monumento con tavola di bronzo. Esercitò il diritto di imperatore, innalzando molti agli onori del Senato (Ennodio-Paneg. Theod.: Coronam Curiae innumero flore velasti).

Parmi adunque assai verosimile, che in tale solennità appunto abbia il re fatto coniare il medaglione (Gnecchi, art. cit., pag. 163), e sia stato pur allora dal Senato Romano o dai cittadini salutato imperator, il quale titolo certamente il re Ostrogoto agognava, anche per contrapporre in Occidente (nell’Italia dal suo valore conquistata) un’autorità di pari titolo a quella dell’imperatore di Oriente. E per far meglio rilevare il merito e la giustezza del titolo [p. 73 modifica]novamente acquisito, insiste sui simboli della Vittoria sopra ambedue le faccie della medaglia (la Vittoria, le palme, il VICTOR GENTIVM).

È bene però non nascondere le difficoltà, che a questa interpretazione si possono opporre; principalissima quella, che nessun scrittore parla di questa salutatio ad imperatore fatta a Teoderico; anzi Procopio (De bello Gothico, Gap. 1) dice: Licet Romani imperatoris nec insignia, nec nomen usurpare voluerit, sed vixerit contentus Regis appellatione, qua Barbari supremos Principes suos donare consuerunt, tamen subditis ita praefuit, ut ipsi nihil defuerit eorum, quae sunt Augustorum moribus consentanea. Si può tuttavia rispondere, che l’acclamazione di Teoderico ad imperatore non fu certo cosa solenne, nè lo poteva essere; poichè pel Senato Romano (in diritto almeno sempre consacratore dell’Impero ed in certo modo depositario dell’autorità imperiale, che da lui emanava) era solo imperatore il Cesare d’Oriente, dopo la caduta dell’Impero Occidentale. Teoderico quindi, accolto a festa in Roma nel 500, fu dai cittadini acclamato col detto titolo; ed egli volle forse accennarvi, con certo riguardo, colle sole lettere I. S.

Del resto, quanto alla interpretazione prescelta dallo Stückelberg: invictiis semper, essa parmi assai buona; ed ha per sè (come nota lo stesso) anche l’appropriazione dei simboli della vittoria. Inoltre, con questa spiegazione, si ha nella leggenda del me- daglione un andamento anaforico (REX THEODERICVS · PIVS PRINC(eps). Invictus Semper) nelle monete assai più in uso del chiastico (PIVS PRINC(eps). I(mperator) S(alutatus)). Forse si potrebbe trovare raro l’uso dell’avverbio semper in fine della leggenda.

E prima di por termine a questo mio modestissimo studio, vorrei accennare ancora ad una divisione nuova (non inverosimile, a mio avviso) della parola [p. 74 modifica]PRINCIS, così scomponendola: PRIN · C · I · S. = Princeps - Consul (Caesar?) - imperator - salutatus. Dell’abbreviazione di Princeps in PRIN molti sono gli esempi. Lasciando a parte C = Caesar, propenderei per uguagliare il C a Consul. Nel Cap. LVII. Jornandes (Hist. de Goth. orig. et rebus gest), dice che Teoderico da Zenone (prima di partire per l’Italia) factus est Consul ordinarius. Inoltre nel De regnorum et temporum successione, (che tien dietro al De rebus Geticis) lo stesso Jornandes narra, che Teoderico venne a Costantinopoli, ubi magister militum statim effectus, Consulis ordinarii triumphum ex publico dono peregit. E poche righe più sotto, quando Teoderico entra in Italia, lo chiama: Rex gentium et Consul Romanus.

Parmi quindi cosa non al tutto impossibile, che Teoderico abbia voluto aggiungere ai titoli di REX, PRINCEPS, IMPERATOR anche quello di CONSVL, che aveva ricevuto a Costantinopoli da Zenone.


T. Allara.               




Note

  1. Forcellini, De Witt ad voc. Princeps: Priceps, is omissa n habetur in Inscrip. apud Momm. n. 3859. pricipi.
  2. Forcellini, Totius lat. lexiconDu Cange, Glossarium med. et inf. latinitatis. Notisi però che il Du Cange nell’addurre il passo tratto dalla Chron. S. Dion., tom. 3, Goll. Hist. Franc: Lienarz, qui ot esté li uns des Princes le rei Ghilperic, etc, avverte che principes in questo caso equivale solo a proceres Palatii.
  3. Vedi anche Bazzarini, Voc. univ. lat.-it. Princeps iuventutis dicevasi nella repubblica il primo dell’ordine equestre ed il più ragguardevole per ogni conto, il quale non era giunto ancora ad occupar quella carica (Liv. XLII, 61).
        Principes iuventutis sotto gli imperatori erano gli eredi del trono (Tac. Ann. I, 3).
        Princeps senatus dicevasi quel senatore, che dopo i magistrati era il primo ad essere interrogato della sua opinione (Liv. XXXIV, 44).
  4. Gnecchi, Monete Romane, pag. 129.
  5. F. Gnecchi, Medaglione d’oro di Teod. re, pag. 163 in Riv. it. di Num. 1895, fasc. II.
  6. Imperator est constitutus administrator belli gerendi. Cic.
  7. F. Gnecchi, 1. c. in R. N. I., pag. 154. — " Il patrizio Teodorico fece dagli Ostrogoti gridarsi re, omesso il titolo d’imperatore, senza più attendere ai Bizantini. „ (C. Troya, Storia d’Italia del Medio Evo. Anno 493, L. XXI, § 2).
  8. Anastasio (nel 498) permise a Teoderico di appellarsi Re d’Italia, come questi già faceva, e volle che gli si restituissero gli ornamenti del Palazzo imperiale, rimandati da Odoacre a Costantinopoli (C. Trova, op. cit. L. XXX, § 16).
  9. Gnecchi, id. pag. 163. — Né può far difficoltà ciò, che dice Iornandes (De Goth. orig. et de reb. gest. Cap. LVII, in fine): Tertio anno ingressus in Italiam Zenonisque imperatoris consulto privatim habito, suacque gentis vestitura reponens, insigne regii amictus, quasi jam gothoruni Romanorumque Regnator adsumit. Poiché nel 498 Teoderico ebbe l’investitura ufficiale delle insegne privatamente accordategli da Zenone nel 493.
  10. Accenno (pur non intendendo di affermare nulla in proposito) alla curiosa concordanza del simbolo "la palma„ sì ripetuto sul medaglione, e del nome dato alla sala del palazzo imperiale, ove pur avrebbe potuto aver luogo la salutaiio imperatoria.
  11. " Romam profectus, a Romanis magno gaudio susceptus est, quibus ille singulis tritici ad subsidium annis centum viginti millia modiorum concessit. „ (Eutropii, Hist. L. XV, in R. I. S., L. l, P. I).