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ancora sui titoli di teoderico 73

novamente acquisito, insiste sui simboli della Vittoria sopra ambedue le faccie della medaglia (la Vittoria, le palme, il VICTOR GENTIVM).

È bene però non nascondere le difficoltà, che a questa interpretazione si possono opporre; principalissima quella, che nessun scrittore parla di questa salutatio ad imperatore fatta a Teoderico; anzi Procopio (De bello Gothico, Gap. 1) dice: Licet Romani imperatoris nec insignia, nec nomen usurpare voluerit, sed vixerit contentus Regis appellatione, qua Barbari supremos Principes suos donare consuerunt, tamen subditis ita praefuit, ut ipsi nihil defuerit eorum, quae sunt Augustorum moribus consentanea. Si può tuttavia rispondere, che l’acclamazione di Teoderico ad imperatore non fu certo cosa solenne, nè lo poteva essere; poichè pel Senato Romano (in diritto almeno sempre consacratore dell’Impero ed in certo modo depositario dell’autorità imperiale, che da lui emanava) era solo imperatore il Cesare d’Oriente, dopo la caduta dell’Impero Occidentale. Teoderico quindi, accolto a festa in Roma nel 500, fu dai cittadini acclamato col detto titolo; ed egli volle forse accennarvi, con certo riguardo, colle sole lettere I. S.

Del resto, quanto alla interpretazione prescelta dallo Stückelberg: invictiis semper, essa parmi assai buona; ed ha per sè (come nota lo stesso) anche l’appropriazione dei simboli della vittoria. Inoltre, con questa spiegazione, si ha nella leggenda del me- daglione un andamento anaforico (REX THEODERICVS · PIVS PRINC(eps). Invictus Semper) nelle monete assai più in uso del chiastico (PIVS PRINC(eps). I(mperator) S(alutatus)). Forse si potrebbe trovare raro l’uso dell’avverbio semper in fine della leggenda.

E prima di por termine a questo mio modestissimo studio, vorrei accennare ancora ad una divisione nuova (non inverosimile, a mio avviso) della parola