Amorosa visione/Capitolo XVIII
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CAPITOLO XVIII.
Dopo costei si vedeva seguitare
Come già di Semele egli arse il core,
E come l’ebbe ancora vi si pare.
Ornata come vecchia, e di dolore
5Piena, era quivi Giuno invidïosa
Perchè Giove portava a quella amore;
Nascosa in forma tale, la graziosa
Giovane domandava, s’ella fosse
Ben dell’amor di Giove copïosa.
10Nel viso a riso a quel parlar si mosse
Non conoscendo lei, e le rispose:
Altro che me non disian sue posse.
Allor si turbò Giuno, e ben l’ascose
Con falso aspetto, e disse: ora ti guarda,
15Che non ti inganni con viste frodose:
Più furon quelle già cui la bugiarda
Vista ingannò, ed io ne so alcuno:
Ma se tu vuoi saper se per te arda,
Istea con teco sì come con Giuno:
20Se elli il fa, ben ti dico ch’allora
Dirò che non ci sia inganno niuno;
E fa’ che ’l faccia: e senza far dimora
Da lei si dipartía: questa aspettando
Rimase con disio la sua mal’ora.
25Tacita e sola così dimorando,
Parve che Giove nella casa entrasse,
A cui ella dicea così pregando:
Or negheraimi tu, s’io domandasse,
Un caro dono? A cui e’ rispondea,
30E rispondendo, parea che giurasse,
Sè a ciò non mancar ch’ella volea:
Come con Giuno ti congiugni, disse,
Così con meco ti prego che stea.
Ahi come a Giove dolse! ma non sdisse
35Quel che impromise; ma invito, quello
Fe’, perchè ’l saramento non perisse:
Rilucer lì d’un foco grande e bello
Semele si vedeva, e in cener trita
Ritornar tosto giacendo con ello.
40E così trista finì la sua vita,
Per lo disio che ’l consiglio dolente
Le porse, e Giuno rimase gioita.
Conforme poi si vedea similmente
Asterïa ad aquila seguire,
45Cui elli amava molto carnalmente.
A lato a lei, ed or di sopra gire
Per alti boschi quivi si vedeva,
E poi coll’ali lei presa covrire.
Molto dubbiosa lì quella pareva,
50Perchè rivolta contra il grande Iddio
Con fiebol possa cacciar lo voleva.
Valeale poco, perocchè ’l disio
Suo ne prendeva quel, come che a lei
Ne’ suoi sembianti ben paresse rio.
55Nel luogo appresso si vedea colei
Che partorì i due occhi del cielo,
Secondo che apparve agli occhi miei.
Assai timida l’isola di Delo
La riteneva quasi fuggitiva,
60Umile e piana sotto bianco velo.
Soletta appresso Antiope seguiva,
Con la qual quivi Giove, in forma quale
Un satiro alla mia estimativa,
Ove allato sedeale, e quanto male
65Amor per lei li facesse narrava,
Nè come alcun rimedio ne li vale.
Assai negli atti suoi la lusingava,
Tanto che ’n fine alla sua volontate
Con impromesse e preghi la recava.
70Vedeasi appresso quivi la biltate
In una storia che venia d’Alcmena,
Piena di grazia e di tutta onestate,
In suoi sembianti gioconda e serena,
A cui Giove in forma del marito,
75Che dallo studio tornava d’Atena,
Tutto il suo disio avea compito.
Vedevavisi Geta doloroso,
Perchè un altro n’avea ’n casa sentito.
Appresso v’era Birria nighittoso
80Caricato di libri, a picciol passo
Parea venisse tutto dispettoso,
Senza alcun ben, dicendo: oimè lasso,
Quando sarà ch’io posi questo peso,
Che sì m’affolla, ponendolo abbasso?
85In ver lo ciel ne gia, poich’ebbe preso
Giove il diletto che di lei li piacque,
Pregna lasciandola al salire inteso,
Di cui appresso il forte Ercole nacque.