Amorosa visione/Capitolo XLVI
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CAPITOLO XLVI.
Tenendo me il valore di colei
Dentro a sua luce in tal modo costretto
Sempre collo intelletto volto a lei;
Avendo spesso dolore e diletto,
5Riposo e noia con speranza assai,
Com’io ho qui poco di sopra detto;
Non sappïendo a che termine mai
Si dovesse finire, un poco appresso
In ver di lei alquanto mi voltai,
10Traendomi più là, e con sommesso
Parlar le chiesi, che al mio dolore
Fine ponesse, qual doveva ad esso,
Ognor servando quel debito onore
Che si conviene a’ suoi costumi adorni,
15Di gentilezza pieni e di valore.
Cinque fïate tre via nove giorni
Sotto la dolce signoria di questa
Trovato m’era in diversi soggiorni,
Allora ch’io sentii, che la molesta
20Pena, che m’era nello cor durata,
Convertirsi doveva in lieta festa:
Lasciando adunque la mia vesta usata,
In parte più profonda del verziere
Mi parea ritrovar quella fïata,
25Con gioia smisurata al mio parere,
E nelle braccia la Donna pietosa
Istupefatto mi parea tenere.
Vinceva tanto l’anima amorosa
La gioia, che la lingua stando muta,
30Divenuta pareva dubitosa,
Nè diceva nïente, ma l’aguta
Voglia di star dov’esser mi parea
Facea parermi falsa tal paruta.
Dond’io fra me spesse volte dicea:
35Sogni tu? o se’ qui come ti pare?
Anzi ci son, poi fra me rispondea.
In cotal guisa spesso a disgannare
Me, quella Donna gentile abbracciava,
E con disio la mi parea baciare.
40Fra me dicendo pur, ch’io non sognava,
Posto che mi pareva grande tanto
La cosa, ch’io pur di sognar dubbiava.
E se a comparazion volessi quanto
Fu la mia gioia porre, esemplo degno
45Nol crederia trovar. Ma dopo alquanto,
Con quella gioia che io qui disegno,
La quale immaginar non si porria
Da alcuno mai per altezza d’ingegno,
Tratto un sospiro, grazïosa e pia
50La Donna verso me, disse: or dimmi
Come venisti qui, anima mia?
Ond’io a lei: poich’Amore aprimmi
Gli occhi a conoscer la vostra biltate,
A cui io per mia voglia consentimmi,
55Nel cerchio della vostra potestate
Entrato con affanno e con sospiri,
Sempre sperando in la vostra pietate,
Ó lui pregato, che a’ miei martirj
Dia fine grazïoso, ed e’ menato
60M’ha qui per fine porre a’ miei disiri.
Nel giardin là ver è ch’io ho lasciato
Stare una donna, la qual lungamente
Prima m’avea benigna accompagnato
Venendo qui: e non lasciai nïente
65A dire a lei, e di que’ due ancora,
Con cui io venni quivi similmente.
Alquanto stette quella Donna allora
In abito sospesa in sè pensando,
E poi non dopo molto gran dimora,
70Andrai, mi disse, la Donna cercando,
E lei seguisci, perocch’ella è quella
Che ’n dritta via ripon chi va errando:
Ciò ch’ella vuol, vuo’ facci, fuorchè s’ella
Me ti volesse far di mente uscire,
75In ciò non voglio che ubbidischi ad ella.
Humilïati sempre al suo disire,
E me porta nel cuor, nè ti sia grave,
Che ben tu ne vedrai, credo, seguire.
Il portar te in me tanto soave
80M’è, che per pace corro a tua figura,
Quando gravezza alcuna il mio cor ave.
Giammai non fu neuna creatura,
Che tanto mi piacesse; fátti lieto,
E di ciò tien l’anima tua sicura.
85Io volli ora al presente far quiëto
Il tuo disio con amorosa pace,
Dandoti l’arra che finirà il fleto;
Adunque va omai quando ti piace.