Amorosa visione/Capitolo III
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CAPITOLO III.
Ristata era la Donna del parlare,
E rimirava ch’io entrassi dentro
Di dietro a lei, che già volea montare.
Sed e’ vi piace, prima andiam là entro,
5Diss’io a lei; e quella: tu disii
Di ruinar con doglia al tristo centro,
Io dico insino a qui, se là t’invii
In cose vane, l’anima disposta
A bene oprar, convien che si disvii.
10Pon l’intelletto alla scritta ch’è posta
Sopra l’alto arco della porta, e vedi
Come ’l suo dar val poco e molto costa.
Ed io allora a riguardar mi diedi
La scritta in alto che pareva d’oro,
15Tenendo ancora in là voltati i piedi.
Ricchezza, dignità, ogni tesoro,
Gloria mondana copïosamente,
Do a color che passan nel mio coro:
Lieti li fo nel mondo, e similmente
20Do quella gioia che Amore promette
A’ cor che senton suo arco pugnente.
Or hai vedute ed amendune lette
Le scritte, e vedi chi maggior promessa,
E più utile fa; dunque che aspette?
25Non istiamo più omai, che ’l tempo cessa,
E ’l perder quello spiace a’ più saputi:
Adunque omai sagliam, mi dicev’essa.
Ver è, Donna gentil, ch’io ho veduti,
Risposi, scritti i don, però vedere
30Vorre’ provando quai son posseduti.
Ogni cosa dello mondo sapere
Non è peccato, ma la iniquitate
Si dee lasciare, e quel ch’è ben tenere.
Venite adunque qua, che pria provate
35Devono esser le cose leggieri,
Ch’entrare in quelle c’han più gravitate.
Ora che siamo quasi nel sentieri,
Andiam, vediamo questi ben fallaci,
Più caro fia poi l’affannar pe’ veri.
40Se tu sapessi quanto son tenaci,
E quanto e’ traggon l’uom di via diritta,
Non parleresti siccome tu faci.
Togliamci quinci, disse, che già fitta
Veggo la mente tua, se più ci stai,
45A quel che dice la seconda scritta.
Il che lasciar a chi il prende, mai
Impossibile par, finchè si more,
E per que’ va poi agli eterni guai.
La Donna giva già, ed ecco fore
50Della gran porta due giovani uscire,
L’uno era corto e bianco in suo colore,
E l’altro rosso, e incominciaro a dire:
Dove cercando vai gravoso affanno?
Vien dietro a noi, se vogli il tuo disire.
55Sollazzi e festa, come molti fanno,
Qua non ti falla, e poi il salir suso
Potrai ancor nell’ultimo tuo anno.
Il luogo è chiaro e di tenebre schiuso:
Vien, vedi almeno, e saliratten poi,
60Se ti parrà noioso esser quaggiuso.
Piacevami il dir loro, e già, con voi,
Dir voleva, io verrò: ma mi diceva
Colei: lascia costoro, andiam su noi.
E per la destra man preso m’aveva,
65Seco tirando me in su, e l’uno
La mia sinistra e l’altro ancor teneva,
Ridendosene insieme, e ciascheduno
Tirandomi diceva: vienne, vienne,
Cerchi sola costei il cammin bruno.
70Lì d’una parte e d’altra mi ritenne
L’esser tirato, dond’io, ben sapete,
Volto alla Donna, che io non ho penne
A poter su volar, come credete,
Nè potrei sostener questi travagli,
75A’ quai dispormi subito volete.
Fermata allor mi disse: tu t’abbagli
Nel falso immaginar, e credi a questi,
Ch’a dritta via son pessimi serragli.
A trarti fuor d’errore, e di molesti
80Disii, discesi, e per voler mostrarti
Le vere cose che prima chiedesti,
Nè mai avrei lasciato d’aiutarti
Col mio veder nelle battaglie avverse:
Ma poichè d’altri t’è paciuto darti,
85Trova il cammino dell’opere perse,
Ch’io non ti lascerò, mentre che io
Vedrò non darti tra quelle diverse,
A voler seguitar bestial disio.