Alcuni discorsi sulla botanica/I/Prefazione
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PREFAZIONE
I brevi limiti entro i quali, per rispetto al tempo assegnato, si restringe l’insegnamento della Botanica nelle Università italiane, fanno a chi è incaricato di professarvi questa scienza una necessità di tenersi a’ suoi principj fondamentali, e a quelle nozioni positive, che ne costituiscono la parte tecnica, od hanno una immediata attinenza coll’ utile pratico, che dalle piante ritraggono le varie professioni della vita. Il perchè, nella esposizione delle dottrine che a questa branca della Storia Naturale si riferiscono, riesce nonchè difficile, direi quasi impossibile evitare quella aridità e monotonia di dettato, che accompagnano quasi sempre gli elementi di una scienza qualunque. Tuttavia si ingannerebbe a partito chi volesse da ciò argomentare che la Botanica sia per sua natura una scienza inamena, tutta bronchi e spine, e quindi inetta a procacciare alla mente pur una di quelle nobili compiacenze, che nelle liberali discipline alleviano e addolciscono ogni fatica. Imperocché, quando altri, liberatosi una volta dalle pastoje dei primi rudimenti, riesca alla fine a sollevarsi tant’alto da padroneggiare la scienza nella concatenazione delle sue parti, ed abbracciarne collo sguardo il tutto insieme meraviglioso, non può tardare ad accorgersi che, come per l’utilità, così ancora per l’amenità di che è suscettiva, la Botanica può gareggiare con qual’altro studio è perciò stesso più lodato. E valga il vero: qual’altra scienza si troverebbe, che prenda più largo campo, più stupendo, più attraente per inesausta varietà di oggetti; qual’altra, che di più stretto vincolo si congiunga colle più elevate discipline onde risulta il progresso? Appunto per mostrare col fatto ai giovani o tenuti per obbligo, o dall’inclinazione condotti a frequentare la scuola di Botanica, come in questa scienza l’utilità non si scompagni dalla amenità, dando anch’essa impulso alle più belle facoltà dell’uomo, l’immaginazione e il sentimento, è mio costume di preludere ogni anno al corso delle lezioni, a queste ancora framezzando a volta a volta la trattazione di alcun argomento generale, che, pur adempiendo agli uffici della scienza più severa, non lasci in tutto desiderare il diletto. Di tal guisa trovo di aver accozzato insieme, nel giro di alcuni anni parecchi discorsi, o brevi orazioni, in cui vennero, per così dire, a collocarsi naturalmente que’fatti, quelle notizie, delle quali, per l’indole loro, non aveva nel corso ordinario delle lezioni potuto tener conto, o toccato ne aveva così alla sfuggita da non restarne un concetto chiaro e preciso. Scegliendo pertanto con accorgimento e misura tra i tanti materiali, che mi venivano alle mani, quelli che per l’importanza e piacevolezza loro mi parevano meglio conducenti allo scopo, avvisai per tal modo potere di leggieri tener lontano quel tedio e quello scoramento, che nelle menti giovanili suole ingenerare un’istruzione crudamente scolastica, troppo a lungo continuata.
Ecco in breve l’origine e lo scopo di queste scritture, nelle quali molto andrebbe errato chi volesse cercare novità di concetti, profondità di dottrina, od anche solo leggiadria e venustà d’elocuzione; dappoichè ad altro non mirai, che a dire cose utili, vecchie o nuove non importa, e dirle in modo che ognuno avesse a comprendere nettamente il mio concetto. Siccome pertanto a comporre questi discorsi non fui mosso da vaghezza di gloria, sappia fin d’ora il cortese lettore, perchè non paja che io voglia farmi bello delle penne altrui, che le notizie, che qui gli presento, vennero da me quasi tutte studiosamente raggranellate qua e là, secondochè venivano acconcie al mio intento, vuoi in opere generali sulla scienza, vuoi nei trattati speciali d’alcuna sua parte, nelle relazioni di viaggi, e perfino ne’giornali quotidiani, e nelle riviste periodiche. Che anzi non disconfesserò d’avere in qualche caso tolto a prestanza non solo i dati positivi e le osservazioni, ma ben anche i concetti e le espressioni, persuaso, che i miei uditori m’avrebbero saputo grado, che io porgessi loro i frutti di valenti scrittori, massimamente italiani, in quella medesima forma, colla quale essi li hanno depositati nelle immortali loro opere.
Nulla, adunque, o ben poco di mio si troverà in questi scritti, se per avventura non fosse il concetto del tutto insieme, e la speciale distribuzione, e l’ordinamento delle parti. Di che nessuno, il quale conosca lo scopo di questi discorsi, vorrà farmi un aggravio, dove apparisca che lo scopo stesso sia stato raggiunto.
Resta per ultimo che io dica, perchè mai, mentre pur vedeva la pochezza di queste ciarle, mi arrischiassi nondimeno a sottoporle al pubblico giudizio. Era, per vero dire, mio fermo proposito, che esse non dovessero uscire giammai dalle aule universitarie, ma dappoiché, cedendo alle gentili insistenze di dotto Personaggio, al quale per sentimento di stima e di riconoscenza nulla avrei potuto negare, ho permesso, che alcuna di esse venisse alla luce, però sotto il velo dell’anonimo, in un riputato periodico di Milano, e a quanto parve, non si fe’ loro malviso, presi animo a tentare per tutte insieme queste orazioncelle la terribile prova della stampa, nella speranza, che il publico abbia a far loro quella benevola accoglienza, di che onorava le maggiori sorelle.