che la Botanica sia per sua natura una scienza inamena, tutta bronchi e spine, e quindi inetta a procacciare alla mente pur una di quelle nobili compiacenze, che nelle liberali discipline alleviano e addolciscono ogni fatica. Imperocché, quando altri, liberatosi una volta dalle pastoje dei primi rudimenti, riesca alla fine a sollevarsi tant’alto da padroneggiare la scienza nella concatenazione delle sue parti, ed abbracciarne collo sguardo il tutto insieme meraviglioso, non può tardare ad accorgersi che, come per l’utilità, così ancora per l’amenità di che è suscettiva, la Botanica può gareggiare con qual’altro studio è perciò stesso più lodato. E valga il vero: qual’altra scienza si troverebbe, che prenda più largo campo, più stupendo, più attraente per inesausta varietà di oggetti; qual’altra, che di più stretto vincolo si congiunga colle più elevate discipline onde risulta il progresso? Appunto per mostrare col fatto ai giovani o tenuti per obbligo, o dall’inclinazione condotti a frequentare la scuola di Botanica, come in questa scienza l’utilità non si scompagni dalla amenità, dando anch’essa impulso alle più belle facoltà dell’uomo, l’immaginazione e il sentimento, è mio costume di preludere ogni anno al corso delle lezioni, a queste