Alarico Carli/Prima della Battaglia
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Prima della Battaglia.
Se noi seguiamo tappa, per tappa, il nostro Alarico nelle sue lettere, vedremo che più si avvicina il momento e più cresce la sua impazienza di misurarsi col nemico. Il dubbio sulla sorte delle armi lo rattrista grandemente e palesa chiaro il suo dolore quando, a pochi passi dagli Austriaci, sente gli sforzi del Governo per invitare i volontari a tornare indietro. Invece ogni piccola scaramuccia, che abbia buono esito, anche se ottenuto dagli accampati a Curtatone o a S. Silvestro, lo entusiasma. Fra i suoi comandanti quelli che egli stima maggiormente sono il colonnello Giovannetti, avanzo delle guerre, napoleoniche, e il generale De Laugier. Le fatiche del campo non lo sgomentano, e il 15 maggio, dopo essere stato finalmente di fronte agli Austriaci, e dopo avere ricevuto il battesimo del fuoco, scrive da Montanara al fratello.
Montanara, 15 Maggio 48.
- Caro mio fratello,
Ieri ebbi una giornata delle più brutte che mai abbia passate per un capogatto solennissimo preso al sole per lavorare nella barricata, che è stata fatta davanti al paese, nella strada. Andò che ieri mattina uscito alle 4 trovai molti che lavoravano ed anch’io mi sentii voglia di far qualche cosa. Cominciai a prender piote e impellicciar le cannoniere, ma la destra essendo stata fatta fragile in modo che una fucilata la poteva rovinare, progettai al direttore di allargarla fino a mezzo il fossato. Piacque e mi accinsi con altri due miei compagni ad alzarla. Giù fascine e palafitte e terra e presto arrivammo all’altezza della barricata. Ma allora era sul tocco pomeridiano e il sole, la fatica e la fame avevan stancato in modo i lavoranti, che mi lasciarono con due solamente. L’ingegnere predicava che ci spicciassimo e noi a lavorare e a predicare che soli non potevamo andare avanti. Verso le 5 e mezzo cominciai a non poterne più, perchè il sole mi aveva come impazzato. Andai alle capanne dei miei compagni e mi sdraiai, ma non ti so dire come stessi. Stamattina svegliato mi son trovato bene, meno un po’ di dolor di capo e un po’ di confusione. Ieri l’altro ci siamo trovati ad un fuoco continuatissimo di tre ore e mezzo assaliti da tre parti. Ora posso dire di essermi trovato alla guerra. Sentite tutto. Verso mezzogiorno, lungo la strada, comparve una bandiera bianca con uno stuolo di baionette che cuoprivano moltissima strada. Si avvicinava adagio adagio. Noi andammo sotto l’arme, aspettando dalle feritoie dei muri delle case e dalle finestre assegnate, che ci fosse comandato il fuoco. Alla fine verso il tocco arrivarono i tedeschi vicinissimi a noi e cominciarono a tirar cannonate. Mezza la mia compagnia, fra i quali io, era schierata davanti la chiesa un 200 passi dietro i cannoni nostri. Dapprima non ne indirizzavano una e andavano a lato destro o sinistro. Alla fine cominciarono a fischiare sulla nostra testa. Pochi passi da noi fra i cannonieri spolveravano, ed i cavalli del treno che non volevano star fermi tirarono nel mezzo della strada un pover uomo che li teneva, nel momento in cui avevan tirato una palla che staccò quasi di netto una gamba al pover uomo. Un’altra palla offese un cavallo in modo che bisognò ammazzarlo. A questo punto il Giovannetti chiamò a sè noi ch’eravamo nella strada, una compagnia di fucilieri ed un’altra di napoletani, e ci condusse lungo la strada dell’attacco pei campi a sinistra, mentre altri si avanzavano a destra per tentare di metterli in mezzo. Non ti so dire come fischiassero le fucilate e le cannonate perchè bisogna che tu sappia che nello stesso tempo erano stati attaccati i nostri tanto a Curtatone che a S. Silvestro. I Napoletani che eran meco si distesero in bersaglieri, e ciò, come sentirai, rovinò l’impresa.
I nostri cannoni facevano molto più danno perchè a mitraglia, e anche i nostri fucili dalle feritoie non facevano di meno. Si erano avanzati sotto il cannone i nemici a tiro di fucile colla cavalleria per caricare i nostri cannoni, ma due colpi bene indirizzati dal tenente Mosel li costrinsero a retrocedere con grave perdita di cavalli. In questo tempo noi eravamo stati sempre nascosti ai fianchi di loro, ma i Napoletani, invece di aspettare il comando di Giovannetti, cominciarono a tirar fucilate in aria perchè gli alberi impedivano loro di vedere a pochi passi e quando giunsero paralleli al cannone nemico il Giovannetti comandò «avanti, urlate». I Tedeschi avvisati già dalle fucilate avevano avuto tempo di attaccare i cannoni e fuggire di gran carriera. Noi li inseguimmo alla corsa, ma non potemmo prendere i cannoni, come doveva accadere. A S. Silvestro pure e a Curtatone doverono retrocedere e fuggire inseguiti da tutte le parti dai nostri. La nostra perdita fu di 8 o 9 uomini morti, una diecina di feriti gravi e 12 o 13 feriti leggermente, di un cannone montato su di una ruota che fu all’istante accomodato. Un sergente dei fucilieri morì dopo avere ucciso un ufficiale. A S. Silvestro il ranciere, assalito da un ufficiale mentre nascondeva fra il grano le caldaie, si difese coi pugni e non riportò che lievi ferite di squadrone ad una guancia. Un Napolitano si crede fatto prigioniero. Dall’altra parte ebbero un colonnello gravemente ferito e un ufficiale morto. 5 prigionieri 3 feriti e 2 salvi, fra i quali un tamburino, più un cannone inservibile. In tutto pare che fra morti e feriti non ascendano a meno di 300 con inoltre diversi cavalli morti che i contadini devono averne veduti più di una ventina sui carri quando ripassarono. Uno lo vedemmo noi quando tornammo per la strada ferito nella testa. — Oggi o domani si teme un attacco più forte, ma se vengono anche in 8 mila, che tanti credo che sieno in Montanara, invece che in 3 mila come ieri daremo loro le pacche. Se avessimo avuto altrettanti cannoni sarebbe stata ben altra cosa, ma ai loro sette cannoni non potevamo opporne che due di qui ed un altro a Curtatone perchè se li tenne tutti quel..... del Generale presso di sè. Da ieri l’altro sera in qua lavoriamo giorno e notte per fare barricate, fossoni, cannoniere per difendere i cannonieri e cannoni, e argini a cui star dietro riparati a tirare. Abbiamo trovato molte bombe non incendiate; palle e granate non incendiate, razzi ed altro. I feriti sono stati portati appena medicati a Viadana sul Po. — Abbiamo avuto sei sigari a testa. — Pagherei di vedere Gioberti. Quel f...... Guerrazzi vuol sempre tenerci inquieti. — La sciabola del Bellucci l’ho sempre perchè non la rivolle, che gli avrebbe dato incomodo senza utilità. Ieri la misi assai in opera e persi nel lavorare lo stile, ciò che mi è dispiaciuto assai. Il governo non ne ha dispensate per ora delle sciabole. — Sento con quanto sacrifizio mi potrai mandare ciò che ti chiedo. Abbi pazienza. — Dimmi a chi vai a dare la nuova lezione. — Ringrazia Guelfo della premura che ha avuta per me. Godo della pezzuola regalatati — e godo anche che tu abbia quasi finito di pagare la Bibbia. Dimmi anche qualche cosa dei nostri interessi. Nell’album vedrò di fare qualche vedutina per ammazzare qualche giornata di noia, che ogni tanto ne vengono. Sto preparandoti la pianta di Montanara col campo e così tu vedrai più facilmente soddisfatto il tuo desiderio e potrai anche soddisfare qualcun altro. Addio, stai bene. — Abbi pazienza se ieri non ti potei scrivere, e veramente m’interessava, ma ti dico che durai fatica a leggere la tua lettera. Dimmi che cosa dicono la mamma e il babbo. — Saluta Palmiro e il Conti.
Tuo Fratello Alarico.
Montanara, 19 Maggio 48.
- Mio caro fratello,
Dal 15 fino ad ora ho ricevuto da te quattro lettere alle quali mi accingo a rispondere stando a giacere su pochissima paglia in uno stanzonaccio stato fin qui albergo di piattole, topi e credo anche di cimici per l’indizio di certe cacature torno torno ai buchi. Son mezzo morto dal sonno perchè abbiamo passato 24 ore interissime ritti con una dirotta pioggia finissima e continua che ci ha penetrato fino alle midolla. Figurati che stamani quando sono andato per mettermi il sacco non mi è riuscito infilarmi la cappa perchè le maniche eran tanto strettite che non mi entravano. Ora mi son mutato tutto e non sento più quel diaccio che m’intirizziva. Avessi sentito gocciolarti giu per le spalle la pioggia e passare per tutta la colonna dorsale e venire ad irrigarti il.....! era un grande affare e non mi son mai trovato a peggio. Per ora levato il sonno ho appetito e non mi sento nulla. Porco governo, non mandarci nè tele per baracche, nè darci assi per cuoprirle, nè volere che ci si allontanasse dal campo per andare in una vicina loggia ed ivi star tutti pronti, come hanno accordato oggi. Era piovuto tutto il giorno avanti, e non so dirti come fossero inzuppati il terreno, le capanne e quella poca di paglia. — E poi si affonda fin sopra i malleoli perchè in questi piani non vi sono scoli. Ti confesso che stamani avevamo certi musi da risuscitati da non riconoscerci, e se durasse questo tempo 7 od 8 giorni non si torna più nessuno. Per di più sono quattro giorni che non ci danno paga, e molti, non hanno altri denari; il rancio solo, colla fatica presente non basta a metà. Ieri già, come puoi credere, non vi era nulla a peso d’oro. Sento dire che alcuni scrivon di qua che si sta bene, e ti racconterò quando torno tutte le fatiche e le canità che ci fanno perché scrivendotele non le crederesti. Il Generale si è rivoltato come un cannibale ad uno della mia compagnia che era andato a prendere 5 o 6 libbre di paglia tritissima vedendo che i cavalli non avevan paglia per giacersi. Ma tutto si soffrirebbe volentieri se non vedessimo di poter stare assai meglio, diretti da gente di più cuore. Forse avrò detto troppo perchè ancora mi ribolle della giornata e della nottata passata. Sono sicuro però della verità. Seguita a farsi maggiore la nostra disillusione, e di ciò assai mi affliggo vedendo la brutta figura che ci faremo. Oggi parte il primo battaglione per Goito, per Rivalta e per Sacco ove va a riposarsi per qualche giorno. Qui sono rimpiazzati da altri che non si sa chi siano. Dopo di loro andremo in riposo anche noi, ma son palliativi che nulla calmeranno il malumore predominante. Melaninescamente passiamo ad alias. Ho riscontrato che in alcune delle tue, lasci il numero progressivo in modo che la scritta del 17 sarebbe la 13ª. Regolati. — Ricevei la lettera che mi annunzia degli oggetti speditimi, ma non ricevei nè ho ricevuto la scatoletta che molto mi avrebbe fatto comodo. Speriamo che i nostri ufficiali sentendo l’odore del tabacco non abbiano fatto, tutto mio, come han fatto dei sigari di Avana speditici dai Fiorentini, e di tante altre cosette particolari. Anche ciò é causa di disgusto. — Ieri l’altro ci fecero fare l’esercizio di battaglione, e per noi non sarebbe andato male, ma per la ciucaggine degli ufficiali andò tutto a rotoli. Non sanno i primi principii. Figurati che un capitano non riconosceva più il suo plotone. Sento dalla tua, che avrebbe dovuto accompagnare la scatola che tutto va bene, e che mi hai assaissimo compreso. Ti ringrazio. Le tue considerazioni sull’affare del Ferrari sono giuste, e tutto il male dipende che i più di noi non vogliono esser soldati, ma civici, e così essi dicono, soldati ragionatori, e con questi non si fanno mai le guerre. Mi tranquillizza in parte anche me la tua altra lettera dicendo che il governo non ci scioglierà che finita la campagna. Per me avrei gran rimorso se poco dopo giunto costà avvenisse qualche decisione, che non può essere che buona. Nè io potrei per possibilità assoldarmi in Piemonte per la presente campagna ove fossimo dallo amantissimo Governo ringraziati. Il peggio è che invece d’andar via i peggiori, come tu t’immagini, vanno i migliori stanchi in parte anche per la canaglia con cui conviviamo. I congedi e i permessi seguitarono fino ad ieri. Alcuni sono andati ad assoldarsi a Milano, altri sono tornati costà, — Se . . . . . non è codino perchè non è venuto qua specialmente se non guadagna? Dimmi, è vero che dei battaglioni livornesi disertati in massa giorni sono, hanno mandato a casa i padri di famiglia e pochi altri necessarii, e il resto li hanno assoldati forzatamente? Per il caso che le mie lettere ti vengano ritardate da chi te le porta a casa vai alla posta.
Quando ti scrissi il fatto del 13 mi dimenticai, forse mezzo grullo anche allora, di una scena commoventissima e degna di un quadro. Alla sera sopra un carrettello lombardo, che sono assai artistici, fra ghirlande d’alloro e di fiori inoltravano le salme dei morti valorosi scortati ai fianchi da stuolo dei loro camerati. Il carro era tirato da quattro grossi manzi d’un colore come costà non si vede. Davanti al campo santo, vicino al luogo ove morirono per la patria furon fatte loro l’esequie dal cappellano, e dopo con grande anima i loro compagni d’arme sopra ad essi giurarono di vendicarli o morire. Poscia furon tumulati. Fu scena commoventissima specialmente per noi che avevamo di fresco corso il pericolo con essi. Qua ieri l’altro si arrese un Ungherese, ieri mattina un altro disse che una ventina forse nella giornata avrebbero seguito il suo esempio. Nel giorno sentimmo alcune cannonate da Mantova e giunse voce essersi battuti i Croati con gli Ungheresi per ricusar questi di battersi contro noi. Il più probabile forse sarebbe che fossero usciti altri Ungheresi per disertare come annunziò ieri mattina il loro camerata ed avvedutisene a Mantova li dirigessero quelle cannonate. A sera fu detto pare che un ufficiale avesse ceduto le armi al nostro quartiere generale. Il 13 alcuni di noi che si trovarono vicini agli Ungheresi assicurano che i loro colpi erano diretti in modo da far credere che non si vogliono veramente battere, perchè chiunque scarichi un fucile, anche stolto, non può fare come loro. Il colonnello di essi, che ti dissi esser restato ferito, era invece un generale. Uno dei prigionieri ci narrò di una protesta di non volere uscire da Mantova se non avevano a capo il Governatore. Da questo vedi lo spirito di quelle genti. Oh! se Carlo Alberto fa presto a prender Peschiera in poco tutto è finito. Aspetto a chiudere la presente perchè non posso per oggi mandartela. Addio dormo.
Stamani nulla ho da aggiungerti per ora. Si teme nell’ottavario. Se segue qualcosa e sono in tempo te lo scriverò. Fra i nuovi venuti non vi è il Bellucci come sperava. Aspetto ancora la scatola. Oggi facciamo una pisellata in dodici. Addio, il tuo fratello
Alarico.