Al parlamento austriaco e al popolo italiano/Parte prima/IV

Difesa dei confini o sistema di reazione?

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IV.


DIFESA DEI CONFINI O SISTEMA DI REAZIONE?


2 novembre 1912.1

Malgrado non si trascuri da parte del Governo alcuna occasione per affermare che i rapporti fra Austria e Italia sono eccellenti, pure in tutta la regione di confine del Trentino si usa a danno dei cittadini del Regno d’Italia e della popolazione indigena un tal contegno da creare un deplorevole stato di eccitamento e da togliere ogni serietà e fiducia alle dichiarazioni governative.

Le autorità militari e quelle di polizia sono addirittura invase dallo spettro dello spionaggio. Durante l’estate non è passato si può dire un giorno senza arresti di liberi cittadini, sospettati di spionaggio, senza che poi una sola volta su almeno settanta arresti, si sia realmente scoperto uno spione e ci sia stata materia per un processo. [p. 57 modifica]

Noi, pure non giustificandole, trovandole anzi ridicole, possiamo ben credere che certe cautele nelle zone di confine possano essere ritenute necessarie dal punto di vista militare, ma quello che certo non è necessario si è che l’autorità militare prenda un granchio al giorno, tormenti ingiustamente il prossimo, alimenti e giustifichi l’odio contro il Governo e fomenti il conflitto fra Stato e Stato. Basti dire che nel periodo di pochi giorni i gendarmi arrestaron sul Tonale un giudice e il suo cancelliere reduci da una commissione d’ufficio, che in Pieve di Ledro si costrinse a tornar a casa il medico del paese che s’era appena sposato e volea partire pel viaggio di nozze, che a Brentonico si arrestò per il solito sospetto di spionaggio un veterano austriaco.

Ma ciò che assume una speciale gravità si è il fatto che l’autorità militare non compie nel Trentino il servizio di sorveglianza dei confini coi criteri adottati altrove: di star cioè ben attenti che non ci siano spioni, ma di risolvere di volta in volta gli incidenti che insorgono con la massima sollecitudine per non danneggiare gli arrestati, se sono innocenti.

Tutt’altro! Cascare nelle mani dell’autorità per sospetto di spionaggio vuol dire correre normalmente il rischio di passare settimane e mesi in prigione. Poichè quando uno è arrestato vien tradotto fino alla caserma, poi alle carceri locali, poi a quelle del distretto, poi infine a Trento o a Rovereto. Quando è qui deve aspettare che capiti da Innsbruck un giudice militare [p. 58 modifica]e che le autorità residenti nella capitale della provincia decidano di lui. Quando infine il povero disgraziato vien trovato innocente, viene affidato alle paterne mani della polizia per ulteriori procedimenti. Nè s’ha il più piccolo riguardo al danno che si reca. Per dare un esempio citiamo, tra i molti, due casi tipici, uno toccato ad un bavarese, l’altro ad alcuni cittadini di Ferrara.

Il bavarese era certo Otto Taudiem, fotografo di professione, da anni residente nel Trentino. Persona per bene, bastava guardarlo in faccia per convincersi che non si aveva da fare con una spia, ma con un essere affatto innocuo. Vivendo in borgate con guarnigioni militari aveva avuto spesso occasione di fotografare soldati ed ufficiali e di far cartoline illustrate. Sotto una di queste cartoline per la quale avevano posato alcuni bersaglieri e un ufficiale aveva fatto stampare la scritta: «Pattuglia nella montagna».

Questa cartolina servì di prova per stabilire che il Taudiem era uno spione dell’Italia a danno dell’Austria.

Egli venne arrestato in Vallarsa il giorno 11 giugno e dichiarato subito sospetto perchè aveva un passaporto germanico! Da Vallarsa, facendo un lungo viaggio a piedi fu condotto alle carceri di Rovereto ove fu trattenuto tre settimane, perchè tante ce ne vollero a far eseguire da gendarmi e da ufficiali perquisizioni nei luoghi dove il disgraziato aveva ultimamente dimorato.

Dopo di che fu condotto nelle carceri di [p. 59 modifica]Trento, ove stette altre sei settimane, in attesa che l’autorità militare di Innsbruck esaminasse quel che gli avevano sequestrato: delle innocue lastre fotografiche con ritratti di soldati e una scatola di francobolli usati, quale unica prova che aveva corrispondenze con l’Italia e la Germania per la sua opera di spionaggio!

All’inizio della decima settimana si annunzia al disgraziato che ogni processo contro di lui è sospeso, ma che essendo reclamato dall’autorità politica dovea esser condotto nelle carceri di polizia. Qui gli fu intimato lo sfratto.

Però fu trattenuto ancora tre settimane per poter verificare (ciò che ancora non s’era fatto) la sua città di pertinenza. In queste tre settimane fu tenuto nella stanza degli ubbriaconi e dei vagabondi, sempre in compagnia di sette, otto, fino anche undici persone, mentre la stanza era destinata per tre. Dovea dormire sopra un sacco sporco pieno di insetti, non aveva nè tavola, nè panca, nè lenzuola, nè biancheria pel corpo!

Finalmente, dopo più di ottanta giorni di tormenti, questo disgraziato bavarese potè trovarsi libero a Rosenheim in Baviera.

Non più allegra fu la sorte toccata a due egregi avvocati, il dott. A. Montenegro e il dott. G. B. Crema ed al notaio dott. Guglielmo Giacomelli di Ferrara. Questi signori arrivarono direttamente da Ferrara a Cimego nelle Giudicarie il 4 agosto di sera.

Arrestati dal gendarme del luogo al mattino del 5, di buon’ora, furono perquisiti e venne [p. 60 modifica]loro trovata insieme a carte insignificanti una piccolissima macchina fotografica.

Condotti in caserma vennero interrogati da un tenente; poi sotto scorta armata furono accompagnati al capoluogo della Valle, a Tione, ove subirono nuovi esami dal capitano distrettuale e da un ufficiale addetto allo stato maggiore.

Per due giorni vennero trattenuti nelle carceri di Tione; intanto si svilupparono le tre lastre impressionate che eran nella macchina: due erano fotografie di località del Regno d’Italia, fatte, stando su un piroscafo italiano del Garda, nel territorio del Regno; una la fotografia di Riva, come la si vede riprodotta su centinaia di migliaia di cartoline.

Da Tione, in mezzo a gendarmi a baionetta inastata, furono portati a Trento e da Trento a Rovereto ove cominciò l’istruttoria che era solo «formalmente» fatta dall’autorità giudiziaria del luogo, perchè in realtà si trasmetteva tutto alle autorità militari di Innsbruck.

E intanto passavano i giorni finchè furono loro notificate le seguenti accuse che gravavano su di loro:

l.° Di essere entrati in Austria senza passaporto (mentre nessuna disposizione di legge obbliga ad avere il passaporto!);

2.° Di essere ufficiali dell’esercito italiano (mentre nessuno di essi era neppur caporale);

3.° Di essere spie!;

4.° Di aver fatto fotografie di zone proibite. Quando si potè constatare la loro perfetta [p. 61 modifica]innocenza (e ci volle maggior tempo, perchè non fu loro concesso neppure di telegrafare al regio Console italiano in Innsbruck), venne l’ordine di desistere dal processo in sede giudiziaria dopo diciassette giorni!

L’arresto venne però mantenuto dall’autorità capitanale che li tratteneva due giorni, per poi condannarli allo sfratto dall’Austria e a venti corone di multa ciascuno, perchè uno di essi aveva fotografato la città di Riva!

Fu un miracolo se questi tre signori, messi in libertà, non vennero scortati dalla forza fino al confine e se, uscendo dal carcere, poterono dire, che mentre erano stati maltrattati dai monturati, avevano trovato cortese trattamento dalle altre persone che avevano dovuto avvicinarli.

Di casi come i due suaccennati ne potremmo citare a decine, rilevando che il trattamento è addirittura pessimo quando l’arrestato è un pastore, un malgaro o un operaio o comunque un pover’uomo; ma ci pare basti per dimostrare non solo la illegalità e la balordaggine, ma l’infamia di simili sistemi, mentre il più elementare criterio di giustizia impone il rapido esame e sollecite deliberazioni su ogni accusato.

È questo feroce metodo di persecuzione quello che ci fa ritenere che non si tratti di zelo per sorprendere le spie, ma di un sistema introdotto per danneggiare, spaventare la popolazione (e i danni economici derivanti sono incalcolabili!) e tenerla come in stato di assedio.

Poichè con gli arresti si connettono i continui processi per lesa maestà, di cui c’è una fioritura [p. 62 modifica]straordinaria, con distribuzione di mesi ed anni di carcere ed altresì le pressioni e le ordinanze le più assurde, contro privati ed associazioni.

In tre distretti infierisce più che altrove (tutti però ne sono deliziati) questo sistema czaresco, in quelli di Rovereto, Tione e Riva.

Nel distretto di Rovereto l’autorità è arrivata a questo eccesso: di imporre ad un albergatore di licenziare un cameriere, cittadino austriaco, perchè persona di idee politicamente sospette, e ad una famiglia di cacciare dal servizio un fidato famiglio, perchè era italiano e troppo sveglio!

A Tione il dirigente capitanale, un signore che vuol conquistarsi meriti per far carriera, chiama per un nonnulla nel suo ufficio i pacifici cittadini, li terrorizza e minaccia di far perdere il posto a maestri, a impiegati, a persone che non sono neppure sotto la sua giurisdizione, mentre ai regnicoli tien presente lo spauracchio dello sfratto.

Questo signore investì violentemente un capocomune perchè non avea disposto per l’imbandieramento del paese al passaggio di un arciduca.

Le autorità, convinte che ormai tutto sia lecito, si prestano ad atti odiosi di favoritismo e di vendetta. Ad Arco bastò che alcune losche figure di clerico-austriacanti padroni del comune domandassero al capitanato distrettuale di Riva «misure energiche» contro un avvocato regnicolo, il signor Italo Bruni Conter di Brescia, da anni [p. 63 modifica]domiciliato nel Trentino e reo d’aver criticato l’imperante cricca comunale, perchè il capitano emanasse un decreto di sfratto dall’Austria!

Se quanto fanno le autorità civili è enorme, quello che fanno le autorità militari è peggio.

Sono esse che imbastiscono processi contro i funzionari civili che non si adattano ai loro voleri (un impiegato fu messo sotto processo disciplinare per non aver accettato un invito a pranzo dagli ufficiali!) e sono direttamente aizzati nel loro contegno dal luogotenente del Tirolo, un uomo che dopo aver perduto la fiducia di tutti i partiti e dopo di essersi mostrato impotente a risolvere qualsiasi problema economico o nazionale della provincia, per salvare la sua barcollante posizione, s’è dato in braccio all’elemento militare.

Spalleggiati da tale autorità gli elementi militari commetton ogni eccesso.

Il capraio del paese di Preore fu un bel giorno cacciato dal pascolo e mandato a valle, perchè gli ufficiali.... vollero così. A Primiero si deve tollerare un maggiore, certo Maratic, che gira ubbriaco con la sciabola sguainata e che si prende il disturbo di ubbriacare i soldati suonatori e farli girare suonando per la borgata alle tre di mattina.

E simili esempi si potrebbero moltiplicare!

Il Governo centrale dovrebbe accorgersi che così non si può proseguire nell’amministrazione di un paese di confine, se non si vuole creare uno stato di rivolta e non si vuol seriamente compromettere i rapporti fra Austria e Italia. [p. 64 modifica]

Per cui io chiedo al ministro dell’interno ed al ministro della Difesa del Paese:

È loro noto l’illegale, provocante, pericoloso contegno delle autorità loro soggette nel Trentino?

Sono disposti ad esigere il più rigoroso rispetto al buon senso, alla legge ed ai diritti costituzionali?

  1. Questa interpellanza era diretta al ministro degli Interni, barone Heinold e al ministro della Difesa del Paese, generale Georgi. Nè l’uno nè l’altro risposero.