Agamennone (Alfieri)/Atto quarto/Scena V

../Scena IV

../../Atto quinto IncludiIntestazione 14 giugno 2012 100% Da definire

Atto quarto - Scena IV Atto quinto

[p. 80 modifica]


SCENA QUINTA.

Agaménnone, Clitennestra.



Agaménnone.

VIeni, Consorte, vieni; e di cor trammi,
Che il puoi tu sola, ogni spiacevol dubbio,
Ch’Elettra in cor lasciommi.

[p. 81 modifica]

Clitennestra.

Elettra?... Dubbj?...
E che diss’ella?... oh Ciel!... cotanto t’ama,
Eppur quest’oggi funestar ti vuole 215
Con falsi dubbj?... ma quai dubbj?...

Agaménnone.

Egisto...

Clitennestra.

Che sento!

Agaménnone.

Egisto, onde a me mai non t’odo
Parlar, d’Elettra la quiete, e il senno
Par che conturbi.

Clitennestra.

...E nol cacciasti in bando?...
Di lui che teme Elettra?

Agaménnone.

Ah! tu non sei, 220
Come il siam noi, sangue d’Atreo: non cape
In mente altrui qual sia l’orror, che inspira
Al nostro sangue di Tieste il sangue.

[p. 82 modifica]

Pure al terror di timida donzella
Non m’arrendo così, che nulla io cangi 225
Al già prefisso: partirassi Egisto,
E ciò mi basta. Il cor di cure scarco
Avrommi omai. — Tempo saria, ben tempo,
Consorte amata mia, che tu m’aprissi
Grave dolor, che il cor ti preme, e in volto 230
Ben ti si legge, e invan l’ascondi. Or dimmi,
Se a me tu il celi, ed a chi’l narri? S’io
Son cagion di tuo lutto, altri chi puote
Più ch’io rimedio porvi, o ammenda farne,
O dividerlo teco?... Oh Ciel! tu taci? 235
Neppur dal suol gli occhj rimovi? Immoti
Stan, di lagrime pregni... Oimè! pur troppo
Vero Elettra mi disse.

Clitennestra.

Elettra?... disse?...
Di me parlò?... non credi...

Agaménnone.

Ella t’ha meco
Tradita, sì. Del tuo dolor la fonte 240 [p. 83 modifica]

Ella svelommi.

Clitennestra.

Oh! che ascolto io!... Sospetta
Mia fè ti rese? Ella mentì... pur sempre
Poco m’amò.

Agaménnone.

T’inganni. A me, qual debbe
Parlar di madre ossequiosa Figlia,
Di te parlò. Se in altra guisa, pensi, 245
Che ascoltata io l’avrei?

Clitennestra.

Che disse dunque?

Agaménnone.

Ciò, che già dirmi apertamente prima
Dovevi tu senza arrossir: che in core
Aspra memoria della uccisa figlia
Tuttor ti sta.

Clitennestra.

D’Ifigenìa?... Respiro... — 250
Fatale ognor, sì, mi sarà quel giorno.

[p. 84 modifica]

Agaménnone.

Che posso io dir, che al par di me nol sappi?
In ogni cor, fuorchè nel tuo, ritrovo
Del mio caso pietà: ma se pur giova
Al non consunto tuo dolor, d’acerbe 255
Rampogne sfogo, ovver sfogo di pianto;
Liberamente me che non rampogni?
Io ’l soffrirò, bench’io nol merti: o meco
Perchè non piangi? il mio pianto disdegni?
Ben sai, se teco in rimembrar la figlia 260
Mi tratterrei dal pianto. Ah sì, Consorte,
S’anco tu m’odj, a me tu ’l dì: più caro
Sdegno aperto mi fia, che finto affetto.


Clitennestra.

Forse il non esser tu quello di pria
Mi ti dipigne agli occhj tuoi diversa 265
Troppo più ch’io nol son. Cassandra forse,
Il pur dirò, Cassandra sì, fia quella,
Che assai men grata mi ti rende.


Agaménnone.

Oh Cielo!

[p. 85 modifica]

Cassandra? o Donna, or che m’apponi? e il credi?
Dell’arsa Troja, il sai, fra noi divise 270
Le opime spoglie, la donzella illustre,
Cui patria, e padre il ferro Achivo tolse,
A me toccò. Di vincitor funesta,
Ma usata legge in lacci avvinta in Argo
Trar me la fa: misero, e crudo esemplo 275
Delle umane vicende. Io di Cassandra
Ben compiango il destin; ma te sola amo:
Nol credi tu? Cassandra abbine in prova;
A te la dono: agli occhj miei sottrarla
Tu puoi, tu farne il tuo piacer: sol’io 280
Membrar ti vo’, ch’ella è di Re possente
Figlia infelice; e che infierir contr’essa
D’alma regal saria cosa non degna.


Clitennestra.

Non l’ami?...oh Ciel!... me misera!... cotanto
Ancora ami tu me? — Ma, ch’io ti tolga 285
Tua preda? Ah no: ben ti s’aspetta: troppo
Tempo, e sudor ti costa, e affanno, e sangue.

[p. 86 modifica]

Agaménnone.

Cessa una volta, cessa. Or via che vale
Accennare, e non dir? Se un tal pensiero
È quel, che t’ange; e sè in tuo cor ricetto 290
Trovan gelosi dubbj, è da radice
Già svelto il soffrir tuo; vieni, Consorte,
Vieni; e vedrai tu per te stessa, s’altro
Loco a Cassandra entro tua Reggia io serbi,
Che di tua prima ubbidiente ancella. 295