Abrakadabra/Il dramma storico/XII
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CAPITOLO XII.
Strategie di un Capo di Sorveglianza.
Il Torresani, dopo il suo abboccamento col Gran Proposto, si recò all’Uffizio di Sorveglianza per procedere senza ritardo alle operazioni richieste dal caso.
Il suo zelo fu adeguato alla importanza della missione; ma forse egli non sarebbe riuscito ad appagare pienamente i desideri del suo superiore, se la fortuna non lo avesse singolarmente favorito.
Erano trascorsi quindici giorni dacché l’Albani aveva lasciato Milano per recarsi a Costantinopoli e quindi a Pietroburgo, e il Torresani, che aveva mandato sulle sue tracce una mezza dozzina de’ suoi segugi più fidati per spiare ogni sua azione, ogni suo movimento, non aveva ancora ricevuto alcun dispaccio soddisfacente.
Il vecchio Capo di Sorveglianza già cominciava a dubitare della buona riuscita del suo piano strategico quando un incidente, che a prima giunta non pareva avere alcun rapporto coll’affare che tanto gli stava a cuore, venne inaspettatamente in suo soccorso.
Una mattina, mentre il Torresani se ne stava, come al solito, nel suo gabinetto, a decifrare i dispacci arrivati nella notte, un esploratore di alto cielo1 venne a riferirgli che una volante di terzo ordine già da parecchi giorni stazionava al disopra della città, mantenendosi ancorata ad una elevatezza molto sospetta.
Quella volante, a dire dell’esploratore, presentava una struttura singolarissima.
Il gran pallone, di colore azzurrognolo, diafano, terso come cristallo, rifletteva siffattamente la tinta atmosferica, che in quella si fondeva, si smarriva, rendendosi quasi impercettibile. La navicella era chiusa, immobili le ruote, la coda timoniera costantemente abbassata; non sibilo, non fumo, nessun indizio che il cavo contenesse degli abitatori.
Più volte l’esploratore aveva veduto una gondola cittadina elevarsi in quella direzione, e poi disparire, come se il grande veicolo l’avesse assorbita.
Queste ascensioni erano avvenute ad ora molto avanzata della notte, e la gondola cittadina, in onta alle prescrizioni, si era slanciata nell’aria a fanali spenti. L’esploratore due o tre volte si era provato ad inseguirla, ma al momento di raggiungerla, improvvisamente il suo chatvue si era annebbiato, e le ruotelle del suo brik aveano preso a girare in senso retrogrado.
Il vecchio Torresani ascoltò la relazione del suo subalterno senza dar segno di meraviglia. Uscì dal gabinetto, accennò all’altro di seguirlo, e tutti due salirono sulla gran torre che dominava l’intera città.
Quivi giunti, il Capo di Sorveglianza avvicinossi ad un immenso aereoscopio2, e volgendosi all’esploratore: — sai tu indicarmi — gli disse — in qual punto stazioni la nave sospetta?
— Tirate una retta fra Venere e Marte; dividetela in otto sezioni perfettamente uguali; alla quinta metà dell’ultima sezione d’ovest, abbassate un triangolo, e al lato a, b, c, troverete la nave.
— Sta bene! — mormorò il Torresani incurvato sotto il poderoso cannocchiale.
In quel momento il vecchio Capo di Sorveglianza somigliava ad un ragno, e parlava con voce chioccia, com’egli temesse di essere udito al di sopra delle nuvole.
— Ecco! appunto una nave di terzo ordine a distanza di mille e novecento metri... Presto!... Applichiamo alla lente la nostra camera oscura... fotografiamo!... Ah! La nave si muove...! Mutano di posto...! se ne vanno!... Via! non serve correr tanto, signori miei! Vi ho conosciuti, vi conosco...
— Che!... a tanta distanza, voi avete potuto riconoscere le persone che sono là dentro! — esclamò il subalterno spalancando due grossi occhi da imbecille.
Il Torresani gettò su lui uno sguardo pieno di sarcasmo e di commiserazione.
— E tu, imbecille, non hai ancora capito che razza di gente sia quella, che mostra tanta paura del nostro cannocchiale?
— Gente sospetta... capisco anch’io... — balbettò il subalterno colla persuasione d’aver fatto una grande scoperta.
— Ah! quei signori tu li chiami gente sospetta, imbecille! Di’ piuttosto canaglia della peggior specie, furfanti, bricconi, ladri, barattieri, e ignoranti, presuntuosi, che credono sottrarsi al rigore della legge... che pretendono corbellare il vecchio Torresani!.., Presto!... Scendiamo abbasso, lumacone!... Lascia in pace quel l’ordigno maledetto... Dire che i primati dell’ottica non hanno ancora trovato il modo di fornirci un aereoscopio, che si possa nascondere fra i polpastrelli delle dita... Non importa! Abbiamo altre risorse... I birboni della scienza favoriscono le ladrerie e le truffe: ma fortunatamente ci porgono mille mezzi per discoprirle e punirle... C’è progresso da ambe le parti, signori garbatissimi! Peccato che gli statuti dell’Unione non ci permettano di violentare i cittadini!... Le manette, la prigione, la forca, quelli erano espedienti efficacissimi per tutelare l’ordine pubblico!... Nondimeno, parola da Torresani, fra pochi minuti io farò vedere a quei pirati di alto cielo, che anche noi siamo in grado di far rispettare le leggi e di imporre alla canaglia!...
Così parlando, il Capo di Sorveglianza giunse nella sala di diramazione, dove, appena entrato, fece scattare una molla, la quale, per varii fili elettrici, era in comunicazione coi principali dipartimenti del palazzo.
Le pareti oscillarono, e dopo alcuni minuti, si apersero nei quattro lati della sala parecchie porticelle numerizzate, e a ciascuna porticella affacciossi un individuo, portante la divisa dei subalterni di sorveglianza.
Il Torresani salì sovra un pulpito e prese a diramare i suoi ordini.
— Numero uno: convocare i duecento nella sala di magnetismo, e arrestare nel termine di dieci minuti la nave sospetta. — Numero due: recarsi da Duroni, e far ritrarre la nave in ventiquattro copie, dodici a fotografia colorata, dodici a fotografia ponderabile3. — Numero tre: riferire il numero preciso delle gondole stazionate nei diversi quartieri, e di quelle che tengono l’alto. — Numero quattro: esaminare i tesseri dei singoli padroni di gondole, portanti le note giornaliere dal dieci settembre fino a questo giorno, e riferire l’itinerario di ciascun conduttore.
Ciascun subalterno, appena scoccato l’ordine, scompariva come fantasma, gli altri rimanevano in sentinella alle porte ad attendere i cenni del Capo.
Dopo un quarto d’ora di attesa, il numero due entrò nella sala, e depose sul pulpito del Torresani ventiquattro cartoni, sui quali era disegnata la nave volante.
Il Capo di Sorveglianza gettò una rapida occhiata sulle fotografie, indi rispose:
— Numero cinque: prendete una copia di questo disegno, e compite sollecitamente l’ispezione di raffronto.
— Numero sei: portate quest’altra copia nella sala di chimica onde sia ponderata e decomposta. — Numero sette: a voi quest’altro cartone! fate l’inventario dei mobili, degli attrezzi, degli accessorii che appariscono alla superficie della nave. — Numero otto: verificate se da qualche finestra o pertugio apparisce alcun frammento di figura umana, una testa, un naso, un orecchio, una gamba, non importa! riportatemi quei frammenti centuplicati di proporzioni.
Per alcuni minuti, fu nella sala un andirivieni di subalterni.
Il Torresani, dall’alto del suo pulpito, non cessava di impartire ordini a questi e a quelli. I suoi occhi grigi mandavano faville.
In termine di mezz’ora, i documenti più essenziali erano raccolti. Il Torresani li esaminava, li confrontava con feroce compiacenza. Le sue labbra, frattanto, non cessavano di brontolare una specie di monologo, dal quale spiccavano tratto tratto degli ordini, delle interrogazioni, e più spesso dei grugniti di piacere.
— Voi dicevate, subalterno numero uno, che i vostri duecento magnetizzatori hanno durato molta fatica a trattenere la nave per dieci minuti, vuol dire che abbiamo delle volontà deboli, fors’anche dei contrari, dei traditori, che mangiano la pensione del Governo e servono ai cospiratori... Non importa... I cinque minuti hanno bastato al Duroni per darmi delle buone fotografie... La nave è di costruzione americana, porta il numero 2724, probabilmente un numero falso... Nel gran catalogo delle navi volanti ne abbiamo trovato una perfettamente identica a questa... Lo stesso disegno... la stessa forza... lo stesso peso... non c’è dubbio... Ah! ah!... Questa nave fu fabbricata a Rio Janeiro dagli industriali Thompson e Stefany... tre anni sono, e fu venduta al Primate Michelet, il quale a sua volta la cedette al Bonafous pel servizio della retta fra Milano e Pietroburgo. — Ah!... comprendo...! I Bonafous, due anni sono, la cedettero ai Calzado, fabbricatori di carte da giuoco a Madrid, poi... poi... Dacché i Calzado vennero sfrattati dalla Unione, la nave scomparve per due mesi, quindi fu riveduta e segnalata da parecchi aereoscopi, dapprima a Torino, poi a Napoli, quindi a Parigi, più tardi a Pietroburgo, a Berlino, a Lucerna. Confrontiamo le date di queste apparizioni colla Cronaca criminale delle città nominate... Ci siamo...! Ecco...! Sta bene!... L’avrei indovinato; a Torino una sorpresa notturna alle guardie del tesoro reale; a Napoli una sottrazione di monete antiche al pubblico Museo; a Parigi vincite considerevoli al maccao per parte di un truffatore; a Pietroburgo, a Vienna, a Lucerna altri fatti dell’egual genere... Dapertutto, l’apparizione di questa nave ha portato la truffa, l’aggressione, il delitto... Dunque io non mi era ingannato... Là dentro c’era un nido di briganti, di barattieri, fors’anche di assassini... E voi, signori uffiziali di magnetismo, non avete avuto forza di trattenerli una mezz’ora, tanto che io potessi ottenere un mandato di arresto eccezionale... Basta!... C’è ancora una speranza... Non tutti quei bricconi saranno partiti colla nave... può darsi che qualcuno sia rimasto fra noi... Il Lissoni, proprietario di gondole al quartiere del Macello pubblico, riferisce che uno dei suoi conduttori, il nominato Bigino, per cinque notti consecutive fece delle ascensioni fuori di torno, a fanali spenti. Eh! di là! Numero quattordici! conducetemi tosto il Bigino! Egli è disceso stamattina prima dell’albeggiare; non è improbabile che la sua gondola abbia portato abbasso uno di quei gabbamondo... E noi lo conosceremo... perdio! E s’io riesco a pigliar in mano un filo della matassa... giuro districarla in pochi giorni... e vi prometto che quella galera di birboni non farà, quindi innanzi, un lungo viaggio!...
Il Torresani accennò col dito a diversi subalterni, i quali immediatamente gli si fecero appresso, per ricevere alcuni ordini segreti.
Poco dopo, entrò nella sala il Bigino, conduttore di gondole.
- ↑ Uffiziali di Sorveglianza, specialmente incaricati di tener d’occhio le navi aerostatiche.
- ↑ Cannocchiale per l’esplorazione delle locomotive aeree.
- ↑ La fotografia ha fatto immensi progressi nel ventesimo secolo. Il ritratto ponderabile non solamente riproduce un oggetto, ma è tale, che decomposto chimicamente, fornisce i dati necessari a misurarne il volume e la gravità, nonché a conoscere la sostanza di cui esso si compone. Una volta determinata la distanza fra l’oggetto che si ritrae e la macchina fotografica, calcolata la diminuzione proporzionale che da questa distanza risulta nell’effige, è assai facile con un calcolo aritmetico stabilire il volume reale dell’oggetto riprodotto. Il medesimo calcolo serve anche per la misura dei pesi. Posto che la sostanza di una nave fotografata, sottoposta alla ponderazione dei chimici, non pesi in tutto che quattro once, questa cifra moltiplicata in ragione della distanza e delle conseguenti sproporzioni fra l’effige e l’oggetto, vi darà il peso reale e positivo che voi bramate conoscere.