Vita di Frate Ginepro/Capitolo X

Capitolo X

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Cap. X.

Come frate Ginepro fece una volta la cucina ai frati.


EEssendo una volta frate Ginepro in uno loghicciuolo di frati, per certa ragionevole cagione tutti li frati ebbero andare di fuori, e solo frate Ginepro rimase in casa, Dice il Guardiano: — Frate Ginepro, tutti noi andiamo fuori, e però fa’ che quando noi torniamo, tu abbi fatto un poco di cucina a ricreazione de’ frati. — Rispuose frate Ginepro: — Molto volentieri; lasciate fare a me! — Essendo tutti li frati andati fuori, come detto è, dice frate Ginepro: — Che sollecitudine superflua è questa, che uno frate stia perduto in cucina e rimoto da ogni orazione? Per certo, che io sono rimaso a cucinare questa volta; ne farò tanta, che tutti li frati, e se fossero ancora piú, n’averanno assai quindici dií. — E cosí, tutto sollecito, va alla terra, et arrecate parecchie pentole grandi per cuocere, e’ procaccia carne fresca, insalata e polli et uova et erbe, e ricoglie legne assai, e mette a fuoco ogni cosa, polli colle penne et uova col guscio, e consequentemente tutte l’altre cose, Ritornando i frati al luogo, uno ch’era assai noto della semplicità di frate Ginepro, entrò in cucina, [p. 310 modifica] e vede tante e cosí grandi pentole collo isterminato fuoco; e ponsi a sedere, e con ammirazione considera e non dice nulla; ragguarda con quanta sollecitudine frate Ginepro fa questa cucina. Perocché ’1 fuoco era molto grande, e non potea troppo bene appressarsi a mestare le pentole, pigliò un’asse e colla corda la si legò al corpo molto bene istretta, e poi saltava dall’una pentola all’altra, ch’era un diletto a vederlo. Considerando ogni cosa con sua grande recreazione, questo frate esce fuori di cucina, e truova gli altri frati e dice: — Io vi so a dire che frate Ginepro fa nozze. — I frati ricevettono quel dire per beffe. E frate Ginepro lieva quelle sue pentole dal fuoco, e fa sonare a mangiare; et ordinano li frati a mensa, e vassene in refettorio con questa sua cucina tutto rubicondo per la fatica e per lo calore del fuoco, e dice alli frati: — Mangiate bene; e poi andiamo tutti ad orazione, e non sia nessuno che cogiti piú a questi tempi di cuocere; perocch’io n’ho fatta tanta oggi ch’io n’arò assai piú di quindici dí. — E pone questa sua pultiglia alla mensa dinanzi a’ frati, che non è porco in terra sí affamato che n’avesse mangiato. Loda frate Ginepro questa sua cucina per darle la vendita; e già vede che gli altri non ne mangiano, e dice: — Queste cotali galline hanno a confortare il célabro, e questa cucina vi terrà umido il corpo, ch’ell’è sí buona! — Et istando ifrati in tanta ammirazione e divozione a considerare la devozione e simplicità di [p. 311 modifica]te Ginepro; ’l guardiano turbato di tanta fatuitate e di tanto bene perduto, riprende molto aspramente frate Ginepro. Allora frate Ginepro si getta subitamente in terra ginocchione dinanzi al Guardiano e disse umilemente sua colpa a lui e con tutti li frati, dicendo: — Io sono un pessimo uomo: il il tale commise il tale peccato, perché gli furono cavati gli occhi, ma io n’era molto piú degno di lui; il tal fu per li suoi difetti impiccato, ma io molto piú lo merito per le mie prave operazioni; ora sono stato guastatore di tanto beneficio di Dio e dell’Ordine! — E tutto cosí amaricato si parti e tutto quel dí non apparve dove frate veruno fusse. Et allora il Guardiano disse: — Frati miei carissimi, io vorrei che ogni dí questo frate, come ora, sprezzasse altrettanto bene se noi l’avessimo, e solo se ne avesse la sua edificazione, perocché grande semplicitade e caritade gli ha facto fare questo! — A laude di Gestú Cristo e del poverello Fran cesco. Amen.