Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 308 — |
Cap. X.
ssendo una volta frate Ginepro in uno loghicciuolo di frati, per certa ragionevole cagione tutti li frati ebbero andare di fuori, e solo frate Ginepro rimase in casa, Dice il Guardiano: — Frate Ginepro, tutti noi andiamo fuori, e però fa’ che quando noi torniamo, tu abbi fatto un poco di cucina a ricreazione de’ frati. — Rispuose frate Ginepro: — Molto volentieri; lasciate fare a me! — Essendo tutti li frati andati fuori, come detto è, dice frate Ginepro: — Che sollecitudine superflua è questa, che uno frate stia perduto in cucina e rimoto da ogni orazione? Per certo, che io sono rimaso a cucinare questa volta; ne farò tanta, che tutti li frati, e se fossero ancora piú, n’averanno assai quindici dií. — E cosí, tutto sollecito, va alla terra, et arrecate parecchie pentole grandi per cuocere, e’ procaccia carne fresca, insalata e polli et uova et erbe, e ricoglie legne assai, e mette a fuoco ogni cosa, polli colle penne et uova col guscio, e consequentemente tutte l’altre cose, Ritornando i frati al luogo, uno ch’era assai noto della semplicità di frate Ginepro, entrò in cucina,