Vieni a me, peccatore
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vii
Cantasi come Amore io vo fuggendo.
Vieni a me, peccatore,
che a braccia aperte aspetto:
versa dal santo petto
visibilmente acqua, sangue e amore.
Come giá nel diserto
la verga l’acque ha dato,
cosí Longino ha aperto
colla lancia il costato:
vieni, o popolo ingrato,
a bere al santo fonte, che non muore.
Era in arido sito
il popol siziente;
è della pietra uscito
largo fonte e corrente;
qui bea tutta la gente:
la pietra è Cristo, onde vien l’acqua fòre.
Chi sete ha avuto un pezzo,
alle sante acque venga;
e chi pur non ha prezzo,
per questo non si tenga;
ma con letizia spenga
la sete all’acque e ’l suo devoto ardore.
Quest’è quel Noè santo,
che ’l vin dell’uva prieme:
inebriato tanto,
sta scoperto e non teme:
allor Cam, quel mal seme,
si ride, e’ due ricuopron suo onore.
E cosí nudo in croce
Gesú, d’amore acceso,
non cura scherni o voce
di chi l’ha vilipeso;
poi Nicodemo ha preso
e involto in panni il dolce Salvatore.
Ebro di caritate
cosí ’l vide Esaia:
rosse e di vin bagnate
le sue veste paría:
del torculare uscía
il vin: questa è la croce e ’l gran dolore.
Il petto e’ santi piedi
versan sangue per tutto:
le mani e ’l capo vedi
patire, e tu n’hai il frutto;
perch’io sia cosí brutto,
vien’ pure, o penitente peccatore.
Deh! accòstati a me,
non temer ch’io t’imbrodi!
Il mio car figlio se’,
ch’io chiamo in mille modi:
non mi terranno i chiodi
ch’io non t’abbracci e stringa col mio core.
Non temer la crudele
spina che ’l capo ha involto,
o che d’aceto e fele
sappin le labra molto;
bacia il mio santo volto:
deh! non avere a schifo il tuo Signore!
Questo sangue, ch’io spargo,
non imbratta, anzi lava:
questo perenne e largo
fonte ogni sete cava:
ogni mia pena aggrava,
se non è conosciuto tanto amore.