O Dio, o sommo bene, or come fai
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vi
Cantasi come la canzona del Fagiano.
O Dio, o sommo bene, or come fai,
che te sol cerco e non ti truovo mai?
Lasso! s’io cerco questa cosa o quella,
te cerco in esse, o dolce Signor mio:
ogni cosa per te è buona e bella,
e muove, come buona, il mio disio;
tu se’ per tutto in ogni luogo, o Dio,
e in alcun luogo non ti truovo mai.
Per trovar te la trista alma si strugge;
il dí m’affliggo e la notte non poso;
lasso! quanto piú cerco, piú si fugge
il dolce e disiato mio riposo:
deh! dimmi, Signor mio, dove s’è ascoso:
stanco giá son; Signor, dimmelo omai.
Se a cercar di te, Signor, mi muovo
in ricchezze, in onore od in diletto,
quanto piú di te cerco, men ti truovo;
onde stanco mai posa il vano affetto.
Tu m’hai del tuo amore acceso il petto;
poi se’ fuggito, e non ti veggo mai.
La vista, in mille varie cose vòlta,
te guarda e non ti vede, e sei lucente;
l’orecchio ancor diverse voci ascolta,
e ’l tuo suono è per tutto, e non ti sente:
la dolcezza comune ad ogni gente
cerca ogni senso, e non la truova mai.
Deh! perché cerchi, anima trista, ancora
beata vita in tanti affanni e pene?
Cerca quel cerchi pur; ma non dimora
nel luogo, ove tu cerchi, questo bene;
beata vita, onde la morte viene,
cerchi; e vita, ove vita non fu mai.
Delli occhi vani ogni luce sia spenta,
perch’io vegga te, vera luce amica:
assorda i miei orecchi, acciò ch’io senta
la disiata voce che mi dica:
— Venite a me, chi ha peso o fatica,
ch’io vi ristori: egli è ben tempo omai. —
Muoia in me questa mia misera vita,
acciò che viva, o vera vita, in te;
la morte in multitudine infinita,
inFonte/commento: Edimburgo, 1912 te sol vita sia, che vita se’;
muoio, quanto te lascio e guardo me;
converso a te, io non morrò giamai.
Allor l’occhio vedrá luce invisibile,
l’orecchio udirá suon ch’è sanza voce:
luce e suon, che alla mente è sol sensibile;
né ’l troppo offende o a tal senso nuoce:
stando i piè fermi, correrá veloce
l’alma a quel ben che seco è sempre mai.
Allor vedrò, o Signor dolce e bello,
che questo bene o quel non mi contenta;
ma, levando dal bene e questo e quello,
quel ben che resta il dolce Dio diventa;
questa vera dolcezza e sola senta
chi cerca il ben: questo non manca mai.
La nostra eterna sete mai non spegne
l’acqua corrente di questo o quel rivo,
ma giugne al tristo foco ognor piú legne:
sol ne contenta il fonte eterno e vivo.
O acqua santa, se al tuo fonte arrivo,
berò, e sete non arò piú mai.
Tanto desio non dovria esser vano;
a te si muove pure il nostro ardore.
Porgi benigno l’una e l’altra mano:
o Gesú mio: tu se’ infinito amore.
Poi che hai piagato dolcemente il core,
sana tu quella piaga che tu fai. —