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iii - laudi 143

     E cosí nudo in croce
Gesú, d’amore acceso,
non cura scherni o voce
di chi l’ha vilipeso;
poi Nicodemo ha preso
e involto in panni il dolce Salvatore.
     Ebro di caritate
cosí ’l vide Esaia:
rosse e di vin bagnate
le sue veste paría:
del torculare uscía
il vin: questa è la croce e ’l gran dolore.
     Il petto e’ santi piedi
versan sangue per tutto:
le mani e ’l capo vedi
patire, e tu n’hai il frutto;
perch’io sia cosí brutto,
vien’ pure, o penitente peccatore.
     Deh! accòstati a me,
non temer ch’io t’imbrodi!
Il mio car figlio se’,
ch’io chiamo in mille modi:
non mi terranno i chiodi
ch’io non t’abbracci e stringa col mio core.
     Non temer la crudele
spina che ’l capo ha involto,
o che d’aceto e fele
sappin le labra molto;
bacia il mio santo volto:
deh! non avere a schifo il tuo Signore!
     Questo sangue, ch’io spargo,
non imbratta, anzi lava:
questo perenne e largo
fonte ogni sete cava:
ogni mia pena aggrava,
se non è conosciuto tanto amore.