Viaggio sentimentale di Yorick (Laterza, 1920)/XXXIX. Il passaporto

XXXIX. Il passaporto

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Laurence Sterne - Viaggio sentimentale di Yorick (1768)
Traduzione dall'inglese di Ugo Foscolo (1813)
XXXIX. Il passaporto
XXXVIII. La fille-de-chambre XL. L'hôtel in Parigi
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XXXIX

IL PASSAPORTO

PARIGI

Quando giunsi all’hôtel, La Fleur mi avvisò che il lieutenant de police aveva inchiesto di me. — Qui c’entra il diavolo! — dissi, ed io sapeva il perché: ed è tempo che lo sappiano anche i lettori. Non già ch’io, nel ragguagliarli per filo di tutti i miei casi, fossi smemorato in ciò solo; ma parvemi bene di trasandarle, perché, se l’avessi detto allora, i lettori se ne sarebbero ora forse dimenticati: e ora propriamente fa al caso.

Uscii cosí in furia di Londra, ch’io, non che ricordarmi né punto né poco che s’era in guerra col re di Francia, io anzi già da Douvre osservava col cannocchiale le alture dietro [p. 81 modifica] Bologna-a-mare, né mi s’affacciava per anche l’idea ch’io guardava in terra nemica, né l’idea successiva, cioè, che senza passaporto non vi si andava. Ch’io giunga a capo d’una strada e ch’io non mi torni piú savio, quest’è la piú trista maledizione che mi possa mai cogliere. E come poteva io rassegnarmi a tornarmene addietro, io che per istruirmi aveva fatto allora, sto per dire, l’estremo del mio potere? Udendo dunque che il conte de*** aveva noleggiato il navicello, me gli raccomandai che m’aggiungesse alla sua comitiva; né io gli era affatto ignoto. Mosse alcuni dubbi; ma non mi disse di no: bensí che egli non poteva prolungare al di là di Calais il piacere che aveva di servirmi, perché doveva tornarsi a Parigi per la strada di Brusselle; ma che, passato Calais, arriverei senza altra opposizione a Parigi, dove nondimeno io doveva farmi degli amici e provvedere a’ miei casi.

— Purch’io tocchi Parigi, monsieur le comte — gli diss’io, — e andrà bene ogni cosa. — M’imbarcai, né ci pensai piú.

Ma, quando La Fleur mi parlò dell’inchieste del lieutenant de police, l’udirlo e il risovvenirmene fu tutt’uno. Taceva appena La Fleur. c mi vedo in camera l’albergatore con la stessa notizia, e con l’appendice, che si domandava segnatamente il mio passaporto. — E spero — conchiuse l’albergatore — che il signore l’avrà.

— Io? no davvero! — risposi.

A questa dichiarazione il maitre dell’hôtel si ritrasse da me. come da persona infetta, tre passi; e La Fleur, poveretto, mi s’accostò tre passi, con la mossa d’un’anima buona che vuol accorrere al pericolo d’un disgraziato. D’allora in poi il mio cuore fu tutto suo: questo unico tratto mi svelò schiettamente la sua natura, e conobbi ch’io poteva fidarmene a occhi chiusi piú che se m’avesse fedelmente servito sette anni1.

Monseigneur! — gridò l’oste, — ma si ripigliò e mutò stile: — Se monsieur non ha passaporto, apparemment avrà amici in Parigi, i quali glielo potranno impetrare.


U. Foscolo, Prose - in. [p. 82 modifica]

— No, ch’io mi sappia; — e risposi come chi non se ne cura.

— Dunque certes — mi replicò — voi sarete albergato nella Bastille o nel Chàlelet, au moins.

— Baie! — io gli dissi — il re di Francia è una creatura d’ottimo cuore, e non vorrà far male ad anima nata.

Cela n’empêche pas — mi diss’egli: — non v’è da dire; domattina sarete messo nella Bastille.

— Ma io qui pago la pigione per tutt’un mese — gli rispos’io; — e non v’è re di Francia nell’universo che mi faccia lasciare innanzi tempo il mio alloggio. —

La Fleur mi bisbigliò all’orecchio che nessuno poteva dirla col re di Francia.

Pardi! — disse l’oste — ces messieurs anglais sont des gens très-extraordinaires!

Ciò detto e giurato, andò via.

Note

  1. «Serviam tibi septem annis. Servivit septem annis». Gen., xxxix [F.].