Viaggio sentimentale di Yorick (Laterza, 1920)/XXVII. Il postiglione

XXVII. Il postiglione

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Laurence Sterne - Viaggio sentimentale di Yorick (1768)
Traduzione dall'inglese di Ugo Foscolo (1813)
XXVII. Il postiglione
XXVI. Nampont - L'asino morto XXVIII. Amiens
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XXVII

NAMPONT

IL POSTIGLIONE

Alla mestizia, di cui la storia di quel poveretto m’aveva innondato, bisognava alcuna caritatevole cura; ma il postiglione non ci badò, e mi rotolò sul pavé1 di scappata.

L’anima del pellegrino assetato nelle solitudini piú arenose d’Arabia non si strugge per un bicchiere d’acqua di fonte, quanto allora la mia per moti gravi e posati; ed avrei fatto moltissima stima del postiglione, s’egli si tosse dileguato meco a passi quasi pensosi: invece, finito appena il piagnisteo del dolente, quel ghiottoncello lasciò andare un’inumana frustata [p. 51 modifica] all’uno e all’altro de’ suoi ronzini, e pigliò la mossa col fracasso di mille diavoli.

Io gli gridava a tutta voce: — Per Dio! va’ piú adagio; — e tanto io piú grido, e tanto piú spietatamente ei galoppa. — Il demonio sel porti e gli cavalchi in groppa! — diss’io. — Vedilo? costui andrà straziandomi i nervi a brani, finché m’abbia malamente cacciato in una collera matta; poscia se n’andrà a piè di piombo, tanto ch’io possa assaporarmela a sorsi. —

Il postiglione coglieva il punto a pennello; e, mentre giungeva appiè di un’erta poco piú d’un miglio fuor di Nampont, egli m’avea già fatto entrare in collera contro di lui, e contro di me e della mia collera.

A questo mio nuovo stato bisognava cura diversa; e un buon galoppo fragoroso m’avrebbe ridata la vita.

— Or, pregoti, va’; va’, mio figliuolo — diss’io.

Il postiglione m’additò l’erta. M’ingegnai dunque di ritessermi, com’io poteva, la storia dello sconsolato tedesco e dell’asino; ma il filo mi s’era rotto, e il rappíccarlo era disperata impresa per me, siccome il trotto per quel postiglione.

— Ma se l’ho detto che il demonio ci mette la coda! Eccomi — diceva io — qui seduto, sinceramente disposto quant’altri mai a ridurre in meglio il peggio, e tutto mi s’attraversa. —

Tuttavia la Natura ci riserba un lenitivo soave ne’ mali; ed io l’accolsi grato dalle sue mani, e m’addormentai. La prima parola che mi svegliava fu Amiens.

— Se Dio m’aiuti — esclamai stropicciandomi le palpebre, — questa è la città dove sta per venire la mia povera dama. —

Note

  1. «Pavé»: strato di grossi ciottoli diseguali, di cui sono comunemente selciate le strade postali [F.].