Viaggio sentimentale di Yorick (Laterza, 1920)/LXVIII. Le grazie
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Traduzione dall'inglese di Ugo Foscolo (1813)
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LXVIII
LE GRAZIE
Però che il vecchio picchiò del manico del suo coltello sul desco, e fu a tutti segnale che s’allestissero al ballo.
E le fanciulle e le donne corsero in fretta alle prossime camere a rannodarsi le trecce; e i giovinotti presso la porta a ripulirsi il viso nella fontana, ed a sbrogliarsi de’ loro sabots1, né vi fu chi in tre minuti non si trovasse già bello e lesto sull’aiuola dinanzi alla casa. Il padre di famiglia e la sua donna uscirono ultimi; e mi posero a sedere, in mezzo a lor due, sopra un sofà d’erba accanto alla porta.
Fu già, cinquantanni addietro, il buon vecchio un competente suonatore di viola, ma per allora suonava sufficientemente quanto al bisogno; la sua vecchierella gli faceva tenore canterellando, poi faceva pausa, poi ripigliava la sua canzonetta; e i loro figliuoli e nipoti ballavano tutti quanti, davanti ad essi, a quel suono.
Se non che, a mezzo il secondo ballo, nella breve pausa che vi frapposero, gli occhi di tutti s’alzarono; ed immaginai di scorgere ne’ loro sembianti certa elevazione di spirito, che non ha che fare con l’esultanza che precede e succede all’innocente tripudio. Parvemi insomma che la religione s’accompagnasse alla danza: ma, perch’io non l’aveva mai veduta in tale compagnia2, l’avrei per certo creduta una delle tante illusioni della mia fantasia, che mi divaga come a lei pare e piace ogni sempre, se il vecchio, sul finir della danza, non mi diceva ch’egli, per consuetudine antica e per regola impreteribile, aveva in tutte le sere della sua vita chiamata dopo cena la sua famiglia a ricrearsi e a ballare. — Perch’io — diceva egli — son certo che un cuore ilare e pago, è il ringraziamento migliore che un campagnuolo idiota possa rendere al cielo.
— Non che un dotto prelato — diss’io3.
Note
- ↑ Specie di zoccoli [F.].
- ↑ Mi fa meraviglia che Yorick non si ricordasse del re David: «Et David saltabat totis viribus ante Dominion. Et omnis Israël ludebant coram Domino in omnibus lignis fabrefactis, et citharis, et lyris, et tympanis, et sistris, et cymbalis. Et vidil regem David subsilientem et saltantem coram Domino». Reg., lib. ii, cap. vi [F.].
- ↑ Su la fine del secolo xv il frate Savonarola, non ostante la scomunica e i monitorii del papa, «usava far venire i suoi frati e’ cittadini in tanto fervore, che gli faceva uscire della chiesa, e su la piazza di San Marco (in Firenze) gli faceva ballare e saltare, e mettere in ballo tondo, pigliandosi per mano un frate e un cittadino, e cantavano a ballo canzoni spirituali composte da Girolamo Benivieni, che tra gli scrittori di rime toscane in que’ tempi fu molto lodato». Nerli, Commentari, lib. ív, anno 1497. — Inoltre lessi nel Vocabolario di santa Caterina, alla voce «presta», che «nella diocesi di Siena raccoglievansi diverse brigate di contadini e di contadinelle a cantar maggio, e alla fine del mese solevano nella piazza delle chiese parrocchiali celebrare una danza solenne, tassando per ciaschedun ballo i giovani in una crazia o un soldo, e di quel danaro crescevano l’offerta alla chiesa, e talora ne facevano la dote per una delle fanciulle maggiaiuole. Un arcivescovo abolí questo rito». Eppure anche Francesco ballava co’ suoi frati. Vedi Fioretti [F.].