Viaggio sentimentale di Yorick (1813)/XXXIV

XXXIV. I Guanti

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Laurence Sterne - Viaggio sentimentale di Yorick (1768)
Traduzione dall'inglese di Ugo Foscolo (1813)
XXXIV. I Guanti
XXXIII XXXV

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XXXIV. I GUANTI

PARIGI


E la bellissima grisette s’alzò; e facendosi dietro al banco arrivò col braccio un involto e lo sciolse: io me le appressai dirimpetto di qua dal banco; ma i guanti m’erano tutti assai larghi. La bellissima grisette misuravali uno per uno su la mia mano — ma nè così poteva alterare le dimensioni — mi pregò che mi provassi un pajo che unico parea meno grande — e mi teneva aperti gli orli del guanto — la mia mano vi sdrucciola dentro — Non serve, diss’io scuotendo il capo — No; diss’ella col medesimo cenno.

Senz’altro; vi sono certi sguardi animati d’ingenuità e di malizia — ne’ quali il senno, il capriccio, la serietà e la scempiaggine sono sì fattamente stemprati insieme, che se tutte le lingue di Babele si sfrenassero a gara non saprebbero esprimerli mai — e sono inoltre scoccati e colti così di volo che voi non potreste mai dire donde spiri primo o più s’innesti l’aculeo1. Su di che [p. 97 modifica]lascio che i vostri parolaj dissertino ampollosamente in più pagine2; a me basti di ridirvi per ora, che i guanti non mi servivano: e ci siamo l’uno e l’altra appoggiati con le braccia incrociate sul banco — ch’era un po’ stretto, e tra noi due vi capiva appena l’involto che giaceva nel mezzo.

La bellissima grisette guardava or i guanti, or verso la finestra, poi guardava i guanti — poi me. Io non mi sentiva di rompere quel silenzio — e seguendo l’esempio, guardai i guanti, poi la finestra, e i guanti — e lei — e di volta in volta così.

M’avvidi ch’io scapitava di molto a ogni assalto — Aveva un occhio nero, vivo, dardeggiante fra due palpebre contornate di lunghi cigli di [p. 98 modifica]seta; penetrante sino a mirarmi nel cuore e ne’ lombi3 — parrà incredibile; ma io propriamente me lo sentiva.

— Non fa caso; diss’io pigliando, e riponendomi in tasca le due paja che mi trovai più vicine.

Conobbi che la bellissima grisette non me le rincarò neppur d’una lira — ed io bramava a ogni modo che mi chiedesse almeno una lira di più, e mi stillava il cervello per trovar verso a rifare il contratto — E le par egli? mio caro signore, diss’ella, vedendomi in pensiero e sbagliando; le pare, ch’io venissi a chiedere un soldo di più a un forestiere? — a un forestiere che per civiltà, più che per bisogno di guanti, mi onora e si fida di me? — m’en croyez vous capable? — Dio me ne guardi! risposi; ma sareste sempre la ben venuta — Le contai dunque il danaro, e con un saluto più rispettoso, che per lo più non s’usa ad una merciaja, me ne andai; e il fattorino col suo pacchetto mi venne appresso.

Note

  1. Pare che Yorick e la bella merciaja, parlando insieme della dimensione de’ guanti, sottintendessero qualche frascheria poco modesta, e si guardassero con quella inconsiderata malizia.
  2. Letteralmente: io lascio ciò a’ vostri uomini di parole a gonfiare pagine sopra di ciò — Intende forse egli degli eruditi, che commentano in un volume una bella frase poetica che non è scritta se non se per chi ha più fantasia che dottrina? oppure de’ metafisici, che si vanno assottigliando il cervello su i minimi effetti delle passioni che non hanno sentite? o de’ trattatisti sulle belle arti i quali non sapendo il come, mostrato dalla natura a’ suoi prediletti, vanno cercando il perchè delle varie espressioni d’ogni affetto sul volto umano; e mandarono all’Italia tante profonde teorie per le quali molti de’ nostri dottori son diventati pittori, e i pittori dottori? Ma forse Yorick parla di un’intera Accademia.
  3. Scrutans corda et renes, Psal. vii. 10. — Et lumbi mei impleti sunt illusionibus. Ps. xxxvii. 8.