Viaggio intorno alla mia camera/Capitolo XXVI

Capitolo XXVI

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CAPITOLO XXVI.



Ora che sono più tranquillo, voglio un poco provarmi a parlare senza commozione dei due ritratti, che susseguono al quadro della pastorella dell’Alpi.

Raffaello! la tua effigie non poteva esser dipinta che da te stesso. Chi altri avrebbe ardito mai.... — Oh come quel volto sì dolce, sì aperto, sì fino, annunzia l’indole tua, e il tuo ingegno!

Per compiacere alla tua ombra ti ho posto vicina l’imagine della tua bella, a cui gli uomini di tutti i secoli domanderanno pur conto dell’opere sublimi, di cui la tua morte immatura ha privato il mondo. [p. 94 modifica]

Quand’io guardo attentamente il primo di questi due ritratti, mi sento compreso d’un quasi religioso rispetto per l’essere staordinario, che nel fiore degli anni avea sorpassati gli antichi tutti quanti, e tolta la speranza di superar lui — anzi di uguagliarlo — ai moderni. — La mia anima, ammirandolo, prova un sentimento di sdegno contro quest’italiana, che preferì il suo amore al suo amante, ed estinse in lui la fiamma celeste, il genio divino che vi albergava.

Sventurata! non sapevi tu dunque che Raffaello avea promesso un quadro più miracoloso che quello della Trasfigurazione? — Ignoravi tu di stringere fra le tue braccia il favorito della natura, il suo emulo, un ente sovrumano — un Dio?

Mentre la mia anima fa quest'apo[p. 95 modifica]strofe; la sua compagna, fissando l’occhio sulla funesta beltà, si sente disposta a perdonarle la morte di Raffaello.

Invano l'anima le rimprovera sì strana debolezza, chè non è punto ascoltata. — Si fanno, in simili occasioni, fra queste due signore, dialoghi singolari, che finiscono troppo spesso a vantaggio del cattivo principio, e di cui riserbo un saggio per un altro capitolo.

E se la mia anima, per esempio, non levasse repentinamente la seduta in questo momento, — se lasciasse all'altra l'agio di contemplare le forme graziose e compite della bella romana, l'intelligenza perderebbe miseramente la sua superiorità.

E se frattanto, ottenessi a un tratto il privilegio conceduto all’avventurato Pigmalione, — senza avere la minima [p. 96 modifica]scintilla del genio, che fa perdonare a Raffaello i suoi fatali sviamenti, — sarei capace — sì lo sarei pur troppo d'incontrare la stessa sua morte.