Viaggio in Dalmazia/Del Contado di Sibenico, o Sebenico/8. Dell'Isola di Morter

8. Dell'Isola di Morter

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§. 8. Dell’Isola di Morter.

Tre miglia lontano dallo Scoglietto di S. Stefano giace l’Isola di Morter, cui gli Scrittori Sibenzani del XVI secolo credettero essere il Colentum di Plinio, appoggiati alla prova della sua distanza dalle foci del Tizio. Io ò voluto visitare il luogo, dove anticamente fu per certo qualche stabilimento Greco, o Romano: ma pochi vestigj di riguardevole paese vi sussistono. Il solo indizio d’antica abitazione sono le Tegole antiche, e i rottami di vasi, e qualche pietra lavorata, fra le quali ò osservato bellissimi pezzi di cornicione, che appartennero a qualche grandiosa, e ben architettata fabbrica. Si trovano non di raro Monete, e Iscrizioni in que’ contorni: ma l’indole sospettosa degli abitanti dell’Isola rende difficilissimo il profittarne. Io avrei voluto vedere qualche Lapida disotterratavi, che nominasse la Città di Colentum. Mi fu detto sopra luogo, che su la sommità del Colle eranvi non à molto de’ residui di mura, e che furono disfatti per fabbricarne la Chiesa della Madonna detta di Gradina. Qualunque nome abbia portato anticamente quel Paese, egli è certo, che in più bella, e deliziosa situazione non poteva esser posto. La collina s’erge con pendio non difficile, e domina un braccio di mare tutto ingombro d’Isolette, e di Promontorj, stendendo la sua prospettiva per di sopra a una parte de’ colli del Contado di Zara, sino alle Alpi Bebie. I piccioli scoglietti selvosi di Vinik-Stari, di Teghina, e di Mali-Vinik, aggiungono bellezza a quel sito. L’Isola poi tutta di Morter, che à tredici [p. 166 modifica]miglia di giro, ed è per la maggior parte coltivabile, deve aver somministrato ricchi prodotti a quegli abitanti. I Morterini de’ giorni nostri non godono di molto buona riputazione; e si osserva, che in ogni barca di ladri da mare v’è almeno uno di quest’Isolani, che serve di Pilota, e guida pe’ nascondigli delle più rimote calanche l’onoranda brigata. Lo stretto, che divide l’Isola di Morter dal Continente, è frequentatissimo dalle barche minori, che temono d’esporsi al mare nelle stagioni pericolose. Quindi è, che vi sorge un Villaggio riguardevole di ben fabbricate Case, e abitato da buon numero di commodi negozianti, quantunque in quel sito gli scogli vicini, e ’l Continente opposto, e i colli marmorei dell’Isola medesima sieno affatto ignudi, e rattristino colla mostra d’una sterilità, che fa orrore. Il marmo di quest’Isola, e delle minori contigue, è pieno di Corpi marini, che probabilmente appartengono al genere degli Ortocerati; in alcuni luoghi è traforato dalle Foladi, e queste vi crescono ad una grandezza che mi sorprese: alcuna di esse eccede in lunghezza i quattro pollici Parigini.

I proprietarj de’ fondi dell’Isola di Morter sono a cattivo partito. I coloni non si credono in obbligo di dar loro se non la quinta parte del vino che raccolgono, e niente di tutto il resto. Quindi ne avviene, che la vite sia pochissimo coltivata da que’ maliziosi Villani, e ad essa sia preferito l’ulivo, quantunque soggetto a maggiori disgrazie; o che sia lasciato il terreno alle greggie. L’indisciplinatezza de’ coloni avvalorata da fatali combinazioni mette i proprietarj de’ terreni a pericolo della vita per poco che vogliano scuotersi, e far valere la menoma parte de’ loro diritti. L’Agricoltura risente anch’essa gli effetti di questa costituzione viziosa, che à avuto origine ne’ tempi calami[p. 167 modifica]tosi de’ contagj, o delle irruzioni di genti barbare, e che sarebbe desiderabile ricevesse un sistema migliore in questo fortunato secolo di pace, e di promovimento del bene Nazionale.

La pescagione non è molto esercitata da’ Morterini, quantunque ne’ canali vicini all’Isola loro passino sovente i Tonni a grosse partite, e parecchi vi si smarriscano, e vi restino anche nel tempo d’Inverno, errando spezialmente pe’ bassi fondi vicini al casale di Ràmina, dove in altri tempi furono Saline. L’arte prediletta de’ Bettignani, abitanti dell’estremità occidentale di quest’Isola, si è il raccogliere, macerare, filare, e tessere la Ginestra, cui vanno a cercare sino sulle coste dell’Istria, e pell’Isole del Quarnaro. Ne fanno tele di varie grossezze ad uso di sacchi, e talvolta di camicie, e gonnelle rustiche; nè v’à dubbio che se l’arte vi fosse men rozzamente tratta non uscissero da questa pianta migliori manifatture. Il mare serve loro alla macerazione de’ fastellini.