Versi sciolti dell'abate Carlo Innocenzio Frugoni/9

A Giovanni Francesco Marazzani Visconti

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A Giovanni Francesco Marazzani Visconti
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A MONSIGNOR

MARAZZANI VESCOVO ecc.

Per la Canonizzazione di S.FRANCESCO REGIS.


O
H se ad occhio mortal, cui grave ingombra

Per queste vie del periglioso esiglio
     Notte d’umano error, di là dal Sole,
     Di là da i cerchi eterni entro l’immenso
     5Giorno di vita, che le menti elette
     Sollieva, ed empie di beato lume,
     Oggi levarsi, oggi veder concesso
     Fosse lassù quell’adorabil’Alma,
     Che de l’invitta Francia inclito pregio
     10D’Evangelica luce, infili che visse
     Infaticabilmente ampio tesoro
     Per gl’inaccessi andò diserti gioghi
     Del Vivarese, e dei Velay spargendo!
     Certo vedrebbe quello Spirto ardente,
     15Che dal supremo onor de’ sacri incensi
     Su l’are sante il Vaticano illustra,
     Da i gloriosi scanni, ove contento
     De l’Indiche conquiste alto rifulge
     Saverio, grande infra i guerrier dei Cielo,

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     20Volger quaggiù ver l’onorata Parma
     Sguardi di gioja, e di pietate accesi.
Vedrebbel di lassù degnar tra mille
     Quest’almo Tempio, che a Lui bianchi veli,
     E sazie d’oro, e d’ostro a i Muri appende
     25Seriche tele, e in lucidi cristalli
     Da le festive volte a Lui risveglia
     Tremoli raggi di votive faci,
     Candido d’api iblee pregiato dono;
     E sel vedrebbe, qual chi in vera calma
     30Torbido d’alterezza Andro non pave,
     A le splendide lodi intender lieto,
     Che a Lui dotta eloquenza in auree prose
     Comparte, ed orna, e fa di petto in petto
     Gravide gir di maraviglia, e piene
     35D’utile esemplo trionfar da l’alto.
Ma in qual’atto soave, in qual sembiante
     Sopra ogni immaginar destro, e sereno
     Non sel vedrebbe, anche al concorde canto,
     Che a Lui tempriam su le dilette cetre,
     35Noi celebrato stuol d’eletti Cigni,
     Intento starsi, ed ammirar se stesso
     D’altre immagini altere, e d’altri modi

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     Di favellar divinamente adorno?
     E forse colassù cara non giunge
     40La bella Poesia, nè, dove regna
     Svelato il primo Vero, in pregio tieni?
     Amansi in Cielo i carmi: I carmi in Cielo
     Trovan grazia, e favor. Essi son quella
     Perenne lingua de’ superni Cori,
     45Che senza triegua tra le fedi aurate
     Cantan l’immenso Dio, Signor de gli Astri,
     Dominator de i Mari, e de le Terre,
     Dal centro, ove in sua gloria immobil siede,
     Tutto movente con l’eterno ciglio,
     50Largo di premio a i giusti, e su i protervi
     Agitator del fulmine tremendo.
     Nè certo agl’Inni nostri in Cielo nate,
     E cresciute tra i sacri estri felici
     Mancan fulgide penne, o vengon meno
     55Calde di bell’ardir giuste speranze,
     Onde, salito lo stellante Olimpo,
     Per mezzo le canore alate schiere
     Passar securi, e a Te fermarsi avanti,
     Diva, Adorabil Alma, a cui già piacque
     60Sì pura, e lieve, e sì del Mondo schiva,

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     E di sì viva caritate invitta
     Ebbra apparir nel tuo corporeo velo,
     Ch’ or cener fatto tra gli algenti marmi,
     Gran nome dando a sconosciuta arena;
     65De lo straniero pellegrin frequente
     I voti, e i doni in Lalovesco accoglie.
     Come sperar non puon d’esserti cari,
     Se d’essi su vigile studio, e cura,
     Non Greche, o Lazie favolose vene,
     70Guaste d’orgoglio, e vanità sonanti,
     Di guerrier sangue, o d’amor folli infuse,
     Ma per Te quelle ricercar celesti
     Fonti ammirande, onde di Dio sol pieni
     Solo a Dio lungo 1’Idumeo Giordano,
     75Lungo 1’obbediente onda Eritrea
     Trasser su l’Arpa d’or cantici eccelsi
     II Vate d’Jesse, e il Vincitor d’Egitto?
     Non questi al Nome tuo cercò, nè questi
     Ne la pubblica luce uscir consiglia
     80L’Amor de’ Tuoi, che pur gli Altari, e i Rostri
     Fè per Te gareggiar di pompa, e d’arte.
     Come al tiepido Sol d’un vago Aprile,
     Non provocati da Cultore attento,

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     Nascon spontanei fiori, e veder fansi
     85A le Ninfe, a i Pastori, a l’aure, al campo
     Per natural schietta beltà leggiadri:
     Liberi, e pronti, e sol dischiusi, e desti
     Da volontario d’onorarti ardore,
     Al lampeggiar del tuo novello Culto
     90Nacquer’essi da Noi, da Noi si fero
     Sonar nel Tempio, e su le impresse carte
     Da noi son mossi, se non è soverchio
     Superba speme, a far di Te parole
     Con questa, e con quant’altre età verranno.
     95Nè soverchio superba è questa speme,
     Ne certo vana: Imperocchè, qual’erra,
     E spira dentro le incorrotte stille
     Di balsamo Sabeo dal tempo intatta
     Di vivifico odor aura gioconda,
     100Serpe per essi, e signoreggia, e splende
     In essi, e seco pur gli eterna ed erge
     Cara a le genti, ed arbitra de gli anni,
     De l’auree tue Virtù l’amabil luce.
E quando al nostro buon lavor, cui solo
     105Basti, o Spirto immortal, fusse pur’uopo
     D’altro ornamento, onde più a Te piacesse

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     E più insieme piacesse a i secol tardi,
     Non abbiam forse, chi maggior gli acquisti
     Presso Te pregio, e i tuoi desiri adempia?
     110Queste tue lodi in quel solenne giorno
     Quando in orrevol cerchio a Te fur date,
     Qual per sangue vetusto, e qual per cento
     Doti di saggio cor, di nobil alma,
     Sacro insigne Pastor, non ebber fausto
     115Giudice, e Spettator? Divo, tu sai,
     Che questi estremi accenti a Te memoria
     Fan del sublime Marazzani egregio,
     Viva stella del Taro, onor di Trebbia,
     Che di gemmate bende il crin velato,
     120Poiché feo tutto ingentilir d’affetti,
     Fiorir d’opre, e costumi, e sul buon calle
     Placidi gir tra suoi divini esempli
     Noi, suo diletto, avventuroso gregge,
     Perche a i miglior suoi di nulla negletto,
     125Nulla non degno del suo chiaro Nome,
     Nulla restasse disadorno, e voto
     De lo splendor de’ suoi pensieri augusti,
     Queste, sua Sede, Pontificie Mura,
     Di trista, e lunga assai vecchiezza carche,

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     130Corretti i danni, e lo squallor deterso
     Rifolgorar fè su le nostre ciglia
     In così novo maestoso aspetto,
     Che la fedel sua Parma indarno in esse
     Esse cerca, e non trova, e se veggendo
     135Per esse in parte rabbellir cotanto.
Questi, o buon Divo, che quaggiù par nato
     A pulir tutte le men colte cose,
     A i carmi nostri, che il silenzio, e l’ombra
     Privata ornai più tollerar non sanno,
     140Riluca in fronte, e d’onor pieni aggiunga
     I suoi Terreni a i Tuoi Celesti auspicj.