Vergine Clio, di belle cetre amica
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AL SIGNOR GIAMBATTISTA FORZANO
Biasima l’Avarizia.
Vergine Clio, di belle cetre amica,
Scendi ratto quaggiù sull’auree penne,
E raccontando a noi favola antica,
Prendi a cantar, che già di Mida avvenne.
5A Mida un dì, ciò che tuo cor diletta,
Chiedilmi, Bacco nella Frigia disse:
Ed ei chiedeo, come avarizia dètta,
Che ciò ch’egli toccasse, oro venisse.
Oro verrà; di ciò ti son cortese,
10Bacco soggiunse; or sia tuo cor contento;
Ma poi l’ingordo a dura prova intese,
Che la mercè bramata era tormento.
Oro per lui fresco ruscello, ed oro
Per lui Pomona, e Cerere veniva:
15Tal che re d’incredibile tesoro
In fier digiun famelico languiva.
Quivi dolente al Ciel mandò preghiera,
Bramoso d’impetrar l’antico stato,
Tardi veggendo, che nell’or non era
20Virtù, per cui si renda altri beato.
Tal Mida fu dell’avarizia il mostro,
Di cui leggiam la brama al fin pentita,
Forzan, ma nuovi Midi ha il secol nostro,
Che via men del tesor pregian la vita.
25Lassi! che non sì tosto Atropo al fuso
Lo stame troncherà di miseri anni,
Che spezzeransi l’arche, ove rinchiuso
Serbaro il frutto di cotanti affanni.
Allor si pescheranno ostri Fenici,
30E ricche perle in sull’Egizia riva:
Verranno odor dalle Sabèe pendici,
E fian tributo di beltà lasciva.
Con larga mano inviteransi i canti,
Perchè più ferva la lussuria lieta,
35E bagneran le mense i vin spumanti,
Cui distillaro i pampini di Creta.