Perchè nell'ora, che miei dì chiudesse

Gabriello Chiabrera

XVII secolo Indice:Opere (Chiabrera).djvu Letteratura Perchè nell’ora, che miei dì chiudesse Intestazione 21 gennaio 2024 75% Da definire

Vergine Clio, di belle cetre amica Qual fiume altier, che dall'aeree vene
Questo testo fa parte della raccolta Canzoni morali di Gabriello Chiabrera
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XI

AL SIGNOR LORENZO FABBRI

Vano essere il desiderio della Gloria.

Perchè nell’ora, che miei dì chiudesse
     Orrida morte sotto un sasso oscuro,
     Nella memoria altrui chiaro vivesse
     Mio nome fatto dal morir sicuro,
5Fabbri, sul monte d’Elicona intento
     Cercai de’ Greci peregrini l’orme,
     E sudando vegghiai, lungo tormento,
     Allor che il vulgo più s’adagia e dorme.
Non così forte vedovella teme
     10Sopra la morte del figliuol, siccome
     Io freddo paventai per l’ore estreme
     Meco di me non s’estinguesse il nome.
Febbre mortal, che ove ad altrui s’apprende,
     Avvisa l’Uom, che ricrear sen deggia;
     15Ma con tal forza poscia arde e s’accende,
     Che forsennato il misero vaneggia.
E chi s’avventa coraggioso e forte
     Là ’ve senta sonar tromba di Marte,
     E corre lieto a volontaria morte,
     20Per acquistar novella vita in carte.
Altri disperde indarno ampio tesoro,
     Traendo marmi da paesi ignoti,
     E fa d’egregi tetti alto lavoro,
     Perchè sua bella fama empia i Nipoti.
25Ma risponda costui: Dove d’Atene
     Gli alberghi son, già di grand’ôr lucenti?
     O mi nieghi s’ei può, che di Micene
     Non siano abitator gregge ed armenti.
Invan speme mortal sorge superba;
     30Forza di tempo ogni valor consuma;
     Appunto è l’Uom, come nel prato l’erba,
     E gli onor suoi, come nel mar la spuma.
Muse, che al vario suon d’alta armonia,
     Faceste vostri gli anni miei primieri,
     35Averele gli estremi anco in balia,
     Non già ch’io brami, o d’eternarmi io speri:
Ma del soave mele, onde Elicona
     Largo trabocca, m’addolcite il petto.
     Per voi sotto velami il ver risuona,
     40E così chiuso io volentier l’accetto.
Ecco per voi l’esercitato Alcide
     Veggio sudar nella fatica eterna;
     Or segna Calpe, or Gerïone ancide,
     Or fa tremar con le saette Lerna.
45Dall’altro lato Prometeo s’ingegna
     Parte rapir della celeste luce,
     Ed ubbidire al suo Signor disdegna,
     Ma sulla terra i vivi fuochi adduce
L’uno in ciel fra le stelle almo risplende,
     50E l’altro in Scizia ebbe tormenti immensi:
     Di qui soavemente altri comprende
     Ciò che seguir, ciò che fuggir conviensi.