Veggio spumante, ed assalir gli scogli
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XXXI
AL SIG. AGOSTINO MASCARDI
Che il Peccatore non ha schermo,
salvo il pentimento.
Veggio spumante, ed assalir gli scogli
Nereo, che freme, e per gli aerei campi
Squarciare orride nubi ardor di lampi
E fieri d’Austro rimugghiare orgogli.
40Che fia, se dopo tanto aver sofferto,
Dio scioglie il freno all’immortal possanza?
Onde conforto? ed onde avrà speranza
Il secol rio d’iniquità coperto?
Indarno al minacciar del Cielo avverso
45Fare in terra contrasto alma s’affida:
La sciocca Torre di Babelle il grida;
Nè meno il grida Faraon sommerso.
Sotto i colpi superni umana gente
Elmo non terga, e non si tempri usbergo;
50Usbergo è pianto, e flagellarsi il tergo,
Che abbatte Dio se il peccator si pente.
Non vaneggia mia lingua, altri ripensi
Infra gli Assirj al predicar di Giona.
Avea già Lui, che dall’Olimpo tuona,
55Tutta carca la man di fuochi immensi.
In nembi d’ira sua sembianza avvolta
Nulla non promettea, salvo che scempio;
Ninive fatta a’ scellerati esempio,
Omai fra sue ruine era sepolta.
60Ma quando d’umiltà preso consiglio,
Trasse sospir sulla trascorsa etate,
In quel momento il mar della pietate
Depose i tuoni, e fe’ sereno il ciglio.
Io così canto, or chi farà mia scusa?
65Ah che tal cetra piglierassi a scherno,
Mascardi, io ben mel so, Pindo moderno,
Che di ciò parli, non alberga Musa.