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del chiabrera 101



40Che fia, se dopo tanto aver sofferto,
     Dio scioglie il freno all’immortal possanza?
     Onde conforto? ed onde avrà speranza
     Il secol rio d’iniquità coperto?
Indarno al minacciar del Cielo avverso
     45Fare in terra contrasto alma s’affida:
     La sciocca Torre di Babelle il grida;
     Nè meno il grida Faraon sommerso.
Sotto i colpi superni umana gente
     Elmo non terga, e non si tempri usbergo;
     50Usbergo è pianto, e flagellarsi il tergo,
     Che abbatte Dio se il peccator si pente.
Non vaneggia mia lingua, altri ripensi
     Infra gli Assirj al predicar di Giona.
     Avea già Lui, che dall’Olimpo tuona,
     55Tutta carca la man di fuochi immensi.
In nembi d’ira sua sembianza avvolta
     Nulla non promettea, salvo che scempio;
     Ninive fatta a’ scellerati esempio,
     Omai fra sue ruine era sepolta.
60Ma quando d’umiltà preso consiglio,
     Trasse sospir sulla trascorsa etate,
     In quel momento il mar della pietate
     Depose i tuoni, e fe’ sereno il ciglio.
Io così canto, or chi farà mia scusa?
     65Ah che tal cetra piglierassi a scherno,
     Mascardi, io ben mel so, Pindo moderno,
     Che di ciò parli, non alberga Musa.

XXXII

CARDINALE1

Lodagli la Virtù e la Poesia.

Che ostro celeste vi ricopra i crini,
     Che sian porpora sacra i vostri fregi,
     Che il Tebro altier, non sconosciuto a’ regi,
     Versando urne d’argento a voi s’inchini:
5Diran con voce ad ascoltar gioconda,
     E cosparsa di mel cento sirene;
     Ma se alle lor lusinghe altri s’attiene,
     Piangene tosto, e fassi preda all’onda.
D’Itaca il Duce a meraviglia accorto
     10Con celeste pensier consiglio prese:
     Ben armando l’orecchia ei si difese;
     Quinci pervenne a glorïoso porto.
Frale quaggiù retaggio, e gemme ed ostri!
     Neron lo scettro divenir già vide
     15Palustre canna; e d’altra parte Alcide
     Ne fece clava, ond’egli spense i mostri.
O Sol del Tebro, onde sfavilla il lume,
     Per cui d’avversità nebbia non teme,
     O de’ colli famosi inclita speme,
     20Amar la gloria è degli Eroi costume.
Odi sull’Ellesponto al gran Sigeo
     Lui, che per tante palme il Mondo ammira,
     Odi come le trombe alto sospira
     Divote al germe del guerrier Peleo.
25Ed a ragion, che gli onorati affanni
     Cascano in cieca notte al fin sommersi,
     Se chiara lampa di Meonii versi
     Non rasserena il folto orror degli anni.

XXXIII

AL SIG. GIAMBATTISTA CASTELLI

Giocondo essere lo stato degli uomini privati.

Purchè scettro real sia la mercede,
     Nulla di strazio a sè nullo Uom perdona;
     Quei tocca il ciel, se al popolo si crede,
     Cui splende sulle tempie aurea corona.
5Ciascun le pompe, e i regj manti ammira,
     Ciascuno all’ostro altier volge la vista;
     Ma poi sotto quell’ostro alcun non mira
     L’aspre punture, onde il Signor s’attrista.
Ah che per calle di miserie estreme
     10Infortunata passa alta ventura,
     E di ferro, e di tosco insidia teme,
     Mentre fortuna umil sen va sicura.
Che temi tu, che in solitaria parte
     Tempri con dotta man varj colori,
     15E col diletto della nobil’arte
     Sì te medesmo, e la Liguria onori?
Tratte da meraviglia a te veloci
     Corrono ognor le peregrine genti,
     E le liete accoglienze, e le lor voci
     20Sono il ferro, e ’l venen, di che paventi.
La cara e dolce famigliuola intanto
     Ora sorrisi, ora vagiti alterna,
     Cui la memoria del paterno vanto
     Sarà retaggio di ricchezza eterna.
25Requie sì cara e sì soave or come
     Qualunque Imperio non avrà secondo?
     Odi, Castel, certo n’inganna il nome:
     Servi, o Signor, siam peregrini al Mondo.

XXXIV

AL SIG. CARDINALE BARBERINI

Che andava Legato Apostolico in Ispagna2.

Quando sull’empio Mondo il Ciel s’adira,
     Allor cinto d’acciar Marte si desta,
     O fiato d’Austro rio l’aria funesta,
     O voti i solchi, il villanel sospira.
5La gente solo orror volge in pensiero,
     Ed ha contra spaventi il core infermo;
     Fassi qual turba in mar fuor d’ogni schermo,
     Che nel risco maggior guarda il nocchiero.
Ed egli a nome i suoi ministri appella:
     10Eccita ardir, nè punto cede al mare:
     Oggi il sacrato Urban sì fatto appare
     In questa d’armi, ed infernal procella.

  1. Nipote d’Urbano VIII. Letterato, fu protettore dei poeti e de’ letterati. Tradusse dal greco l’opera di Marco Aurelio, stampata senza suo nome.
  2. Nel 1626 per trattarvi gli affari della Valtellina. Inutile legazione; giacchè i ministri di Spagna e Francia finsero, alla venuta del Legato, già terminato il negozio che era tuttavia pendente, avendo poi sottoscritto i capitoli con antidata.