Uomini e paraventi/Capitolo XIV

Capitolo XIV

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Ryūtei Tanehiko - Uomini e paraventi (1821)
Traduzione dal giapponese di Antelmo Severini (1872)
Capitolo XIV
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Capitolo XIV.




Sachicci si affibbiava appunto la cintola, quando la madre Miosàn entrò dicendo: «Fatemi dunque sapere quel che vi ha detto di bello la zingara.»

Sachicci per la sorpresa diede un balzo: «Ah! siete voi?»

«E via! non v’è alcun motivo di spaventarsi a cotesto modo. — Benchè io non abbia sentito nulla, è facile indovinare di che si sarà trattato. In conclusione tutto il vostro male è opera di quella fata di Comaz. Fra il vino e gli amori [p. 138 modifica]mollemente sdrajato in geniali colloqui, avete da un pezzo dimenticato voi stesso, avete perduta quella maschiezza da soldato che tanto si pregia nella persona. Ora, in cotesto portamento cittadinesco, fate gran caso dello specchio, e nessunissimo del danaro. Vana difesa alla reputazione di entrambi, la piccola siepe intrecciata attorno al giardino dove cresceva la pianta dei buoni consigli! Che è mai l’ombra del ventaglio d’una madre verso lo splendore del sole? S’ha un bel far prediche o rabbuffi! Se il secchio è tondo e il coperchio è quadro, e si pretende che abbiano a combaciare, prova e riprova, non si fa nulla. Monelli che jeri ancora dormivano in camera col babbo e la mamma, ti sono già un tal pensiero, che [p. 139 modifica]puoi chiamarli spine negli occhi; puoi chiamarli berretti con fodera e guarnizione di rovello. Ma io pur troppo ho scosso l’albero, e se la rugiada delle foglie mi cade addosso, mia colpa! Quando vedremo riuscita a buon fine questa faccenda, vedremo pure i carri nel mare e le barche sui monti. Voglia il cielo che io vegga tutte le cose a rovescio! Comunque, io non so esprimervi quanto voi mi siate pur sempre a cuore. Vivete felice un milione di anni, ed abbiate cura delle vostre sostanze.»

Verso la fine del suo lungo rammarichio la buona vecchierella veniva tirando fuori adagio adagio di sotto una manica un rinvoltíno di cento riô: e mentre Sachicci, credendo di sognare, lo riceveva in ginocchioni ed a mani giunte, la [p. 140 modifica]madre, voltando la faccia da un’altra parte, soggiunse: «Dopo questa metadella delle prime cento spighe che riceverà stasera la zingara, mi par di vederla ritornar qui domattina innanzi che aprano gli occhi i garzoni di bottega. Oh! qui fo punto. Avrete poi ad importunarmi quanto vorrete, la mamma non intenderà più ragioni.»

Commosso dal più vivo sentimento di gratitudine a tanta bontà materna, il figlio rispose:1 «Mercè di piogge e rugiade così benefiche, io, benchè ramo innestato,2 dopo i fiori d’egual colore e fragranza, non invano spargerò i dolci frutti.»


Note

  1. Nell’originale la risposta di Sachicci e il principio del capitolo seguente sono in versi.
  2. Vuol forse dire, benchè figlio vostro adottivo.