Un obolo inedito di Ponzone
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VII.
UN OBOLO INEDITO DI PONZONE.
Giovanni, Marchese di Monferrato, discendente diretto dal celebre Marchese Aleramo, morendo senza figli, lasciava, con suo testamento 18 gennaio 1305, il suo possesso alla sorella Violante, moglie di Andronico Paleologo, imperatore di Costantinopoli. Essa destinò quello stato al suo secondogenito Teodoro, il quale, essendo allora di soli quattordici anni, saputo che Manfredo di Saluzzo, altro discendente diretto del Marchese Aleramo, accampava diritti alla successione di Giovanni, e già si disponeva a prendere le armi, partì sollecitamente da Costantinopoli e giunto a Casale, prese possesso del Monferrato, mettendosi subito in guerra, non solo contro il Marchese di Saluzzo, ma ben anche contro i Conti di Provenza, e quelli di Savoia, che minacciavano di invadere il suo possesso. Frattanto, per dar segno di sovranità, e certo d’averne il diritto per essere figlio dell’imperatore greco, aveva aperto una zecca in Chivasso, battendo monete in suo nome, quale marchese del Monferrato.
Vedendo ciò, i marchesi di Saluzzo, di Dogliani, di Ivrea, di Incisa, di Cortemiglia, di Ponzone, ecc., tutti ugualmente discendenti dal Marchese Aleramo, ritennero aver il medesimo diritto di Teodoro, e di propria autorità coniarono monete col nome dei loro possessi. Ma qualche anno dopo, l’imperatore Enrico VII, con sua grida 7 novembre 13101, proibiva nominatamente le monete di questi marchesi, comprese quelle di Chivasso, perchè battute in feudo imperiale, senza l’autorizzazione del loro sovrano, “e tale decreto ebbe istantaneo effetto,” nota l’illustre D. Promis2 “poichè ad eccezione di quelle dei Marchesi di Monferrato che continuarono a lavorarne forse per avere a tale effetto ottenuto da Cesare una concessione a noi sinora ignota, tutte le altre zecche vennero immantinente chiuse, comprese due non nominate nell’anzidetta grida, cioè quelle dei marchesi di Saluzzo e del Signore di Dogliani, ambidue del medesimo casato e tutti dello stesso stipite degli avanti nominati, e questo probabilmente perchè tali monete furono emesse in sì piccolo numero da rimaner ignote al fisco imperiale.”
Per tale motivo, le monete di queste zecche e di quest’epoca, che nella accennata grida sono specificate coi nomi di marchesati, tyrallini e russini, sono tutte rare; anzi qualcuna di tali zecche non è conosciuta che per un solo tipo di moneta: fra queste è Ponzone.
Morel-Fatio pubblicava pel primo un matapane di questa zecca aleramica3. La stessa moneta fu ripubblicata nel 1888 dall’egregio dott. Solone Ambrosoli nella descrizione di un ripostiglio di monete italiane medioevali4; in quella medesima pubblicazione l’autore faceva conoscere tre matapani colla leggenda: HER: Eʒ • CVNR — HER • ʒ • CVR — HENRʒ • CVNR. attribuendoli ad Enrico e Corrado Marchesi di Novello e Millesimo, e quindi probabilmente alla zecca di Ponzone5.
In ogni modo la sola moneta, finora conosciuta, col nome di Ponzone, e quindi di indiscutibile attribuzione, è il matapane pubblicato dal Morel-Fatio, e riprodotto dall’Ambrosoli.
Poco tempo fa ebbi la ventura d’acquistare per la mia collezione una nuova moneta col nome di questa zecca. Dessa è un obolo, ossia metà dell’imperiale piccolo. Eccone la descrizione:
(Peso gr. 0.270).
D/ — In giro + MARCHIO • nel campo, fra un giro di perline e disposte a triangolo, le lettere N • E • S • Nel mezzo un punto.
R/ — + D • PVNCONO • Croce, fra un giro di perline.
Anche quest’obolo, al pari del matapane di Ponzone sopracitato, è moneta anonima e consorziale, non portando il nome de’ suoi autori, ma solo l’indicazione di MARCHIONES. Essa fu dunque battuta da due o più marchesi di quella giurisdizione.
Nella accennata grida dell’imperatore Enrico VII, fra l’enumerazione delle varie monete delle zecche aleramiche poste al bando, non troviamo nominati gli oboli. Può darsi che queste monetine, per la loro piccolezza e pel loro tipo affatto simile a quello degli oboli della zecca d’Asti6, siano sfuggite all’occhio vigile del fisco.
Questa monetina infatti è in tutto simile agli oboli astigiani, e può facilmente confondersi con quelli.
Pare anche probabile che questi oboli di Ponzone si battessero alla stessa legge di quelli di Asti. Sappiamo che il comune di Asti, ottenuto nel 1140 dall’imperatore Corrado II il diritto di coniare moneta, poco tempo dopo, cominciò a battere grossi, denari e oboli, basandosi sul peso e sulla bontà di quelli della zecca di Milano. Ciò appare anche da un prospetto che ci dà il Promis, nella sua citata opera sulla zecca d’Asti7. Troviamo colà segnato l’obolo d’Asti col peso di gr. 0.400 e a 245 millesimi di fino. Come nota però l’autore, la moneta di Asti fu in seguito alterata nella bontà, e da altri esami praticati su oboli, di tipo alquanto posteriore, ne furono trovati del peso di gr. 0.300, e alla bontà di 205 millesimi di fino.
Il nostro obolo di Ponzone, battuto fra il 1305 e il 1310, si avvicina di molto agli oboli d’Asti, almeno per quanto riguarda il peso gr. 0.270. Il titolo però, è evidentemente bassissimo, e non arriva forse a un decimo di fino.
Fra le zecche così dette aleramiche, sopra menzionate, un’altra volle imitare l’obolo d’Asti. Domenico Promis, in una sua Memoria del 18668, pubblica un obolo anonimo dei Marchesi di Cortemiglia, di tipo identico al mio. L’autore ne dà il peso in gr. 0.267; e ne giudica la bontà a denari 1, ossia millesimi 87. È probabile che tutti gli altri pretendenti all’eredità di Aleramo, abbiano coniato questo tipo di moneta, e che un giorno si possa conoscerne la serie completa.
Note
- ↑ Vedi Ciampi S., Notizie della vita letteraria e degli scritti numismatici di Giorgio Viani. Firenze, 1817, in-8°, pag. 24-25. Questa grida è pure riportata dal Gazzera, a pag. 65, de’ suoi Discorsi intorno alle zecche e ad alcune rare monete degli antichi marchesi di Cera, Incisa e del Carretto.
- ↑ Monete di zecche italiane inedite o corrette. Memoria terza. Torino, 1871; in-4, pag. 39.
- ↑ Monnaies de Cortemiglia et de Ponzone. (Revue belge. 1865, pag. 438-442). Nello stesso articolo l’autore pubblica un matapane anonimo, colla leggenda comes s . martin . mar. e propone di attribuirla ai Conti di San Martino del Canavese; attribuzione contestata dal Promis.
- ↑ Il ripostiglio di Lurate Abbate. (Riv. It. di Num., Anno I. 1888, png. 18-22).
- ↑ Domenico Promis, (Monete di zecche italiane inedite o corrette. Mem. III, Torino, 1871; in-4, pag. 38-44, pubblicava due matapani consimili, ma avendo letto su di un esemplare : hen . ʒ . cvrt., lo attribuiva a Cortemiglia.
- ↑ Vedi Promis D., Monete della zecca d’Asti. Tav. T, N. 3.
- ↑ Vedi a pag. 20.
- ↑ D. Promis, Monete inedite del Piemonte. Supplemento. Torino, 1866; in-4. pag. 26: tav. IV, 35.