Tutti gli uman desiri
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LVII
A D. CESARE D’ESTE
Che di buon grado renda lo Stato di Ferrara
a Santa Chiesa.
Tutti gli uman desiri
Par che alletti il fulgor della ricchezza,
E gli aurei seggi e la reale altezza
Non è chi non ammiri.
5Certo dar vita e morte,
Abbassar gli alti e sollevare i bassi,
E porre legge altrui, par che trapassi
Grado d’umana sorte:
Negar nol so, ma non per tanto è vero,
10Che dee veder suo fin ciascuno Impero.
E quinci in cose frali
Spirto di cor quaggiù ben consigliato
Non fonda sua speranza, essendo ei nato
Per l’alme, ed immortali;
15Or qual voce d’inferno
Sospinge a travagliar la tua virtude,
Per un regno caduco, il qual t’esclude
Dal posseder l’eterno?
E ponti in guerra, ove il primiero acquisto
20Fia ribellarti al seggio alto di Cristo?
Dunque udire e mirare
Per te potrassi spaventosi esempi,
Tacer le squille, e ne i sacrati Tempi
Non ornarsi un’altare?
25Fian muti i sacerdoti,
Ne di begl’inni ascolterassi il suono?
E non avran cui dimandar perdono
I popoli divoti?
E per un tuo diletto a’ tuoi fedeli
30Con forte chiave fian serrati i Cieli?
Non è petto cristiano
Che tra’ guerrier veraci altier non vada,
Se vibrò l’asta, o s’impugnò la spada
A pro del Vaticano;
35E sol pregiossi in guerra
Il buon Rinaldo tuo, quando fe’ rossa
Ad onta del terribil Barbarossa,
Tutta l’insubra Terra;
Movi dunque a calcar quell’orme istesse,
40Da sì grand’avo a vostra gloria impresse.
Dirai: là ’ve comandi
Porre altrui di tua man viltà rassembra;
Questo dire è vulgar, ma ti rimembra,
Come adopraro i Grandi.
45Poichè innalzò trofeo,
E colse palme in sull’ostil terreno,
Della vinta provincia al Rege Armeno
Fu liberal Pompeo.
Se i reami donò già fatti sui,
50Perchè oggi tu non renderai l’altrui?
Nè, se ciò fia, la gente
Intorno ti vedrà povera vesta
Anzi pur ti riman corona in testa
Di gran tesor lucente;
55E se ti fidi a Marte,
Perdendo perder puoi quanto possiedi,
E poi vincendo tu medesmo vedi,
Che sol vinci una parte,
Or fia di tuo saper sì fatto il frutto?
60La metà porre in paragon del tutto?
Se troppo ardire io piglio,
Non sia lingua mortal, che mi condanni.
Certo son, che Matilde in questi affanni
Tal ti daria consiglio:
65Oh se a ben rimirarla,
Se a ben udirla tu l’avessi avanti!
Ma che? dalle provincie alme e stellanti
Ella così ti parla;
E sai che de’ Celesti ogni parola
70Bene ubbidita i nostri cor consola.
Lo scettro, onde ti privi,
Acciò l’anima tua non si sconforti,
A Dio lo dona; egli è Signor de’ morti,
Ed è Signor de’ vivi.
75Servendo a lui, qual manco
Unqua ti può venir grado d’onore?
Forse l’incontrastabil suo valore,
Solo per te fia stanco?
Parli la plebe a suo volere, e pensi:
80Non con la plebe hanno da gir gli Estensi.