Trento e il suo circondario descritti al viaggiatore/Distretto di Mezzolombardo II. Castelli
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II.
CASTELLI
(Mezzolombardo, Mezzacorona, Molveno, Belforte, Bellagio, Sporo, Enno, Tono.)
Il castello di Mezzolombardo (Castrum Medii Sancti Petri) s’ergeva sul colle di San Pietro, il quale rasenta le case di quella bella borgata, e se ne sta a mezzogiorno, toccando un’altezza di circa 40 metri dal piano. Colà un tempo, e precisamente al luogo del vetusto tempietto di San Pietro, era il Castello messovi dai Romani con numeroso presidio e abitazioni che si distendevano dal colle alle adiacenze, CASTELLO DI MEZZOCORONA E LA ROCCA DI S. GOTTARDO compresa la situazione detta alla Carbonara, come ne fanno fede i molti oggetti romani ivi rinvenuti. — Nei secoli di Mezzo, prima ancora che il conte del Tirolo invadesse una parte del Campo Rotaliano e la togliesse al Principe Vescovo di Trento, la terra a cui si estendeva la giurisdizione del Castello era chiamata Medium, o Metium, donde il nome di Metz preso dai Signori tedeschi, che primi vennero investiti dalla Chiesa di Trento del castello e del feudo annesso esteso anche all'attuale Mezzacorona. Ma scisso il feudo, si fecero due Medii, il vetus o Sancti Petri, e il novum o Sanctae Mariae de Corona, o Metium Coronae o Sancti Gothardi; ambidue tenuti dai Signori di Metz sino all'anno 1300, nel quale, estinta questa casa, passarono a due diverse famiglie. — Walkmaro di Burgsthall progenitore dei Signori Spaur ebbe da Arrigo P. V. di Trento la investitura (8 Ottobre 1335) del feudo appartenente al Medium Sancti Petri, feudo che rimase ai predetti Signori sino a giorni nostri. Andrea Spaur, che morì nell'anno 1599, fece ricostruire il castello, che oggi si dice anche Torre di Mezzolombardo; Francesco di lui fratello propagò la linea Spaur ivi fissata, la quale si estinse nel di lui figliolo Giovanni Roberto morto nell’anno 1637; onde avvenne, che allora quel feudo passò alla linea di Giovanni Antonio, il quale venne da Merano a stabilirsi a Mezzolombardo, ed ebbe successori che cessarono di esistere avanti non molti anni
Il Castello di Mezzacorona (Castrum Sanctae Mariae de Corona vel Sancti Gothardi) sorge in parte riformato e in parte in ruina alla sinistra del Noce presso Mezzacorona. La parte in ruina è la rocca che già sussisteva fino dall’anno 774, scavata com’è nella rupe e resa inespugnabile dalla sua posizione; mentre la parte riformata si sta più sotto, ed è l’attuale residenza dei Conti di Firmian; superbo edificio eretto tra le due torri isolate appartenenti alla rocca predetta. — V’ebbero sede gli antichi Signori di Mezzacorona; i quali, investiti a titolo di feudo dal Conte Mainardo del Tirolo (1293), esercitavano giurisdizione sui villaggi di Mezzacorona, Grumo, Nave San Rocco, Roverè della Luna e Monte. Ma, nel corso dei tempi, quando la fede muoveva i fedeli a ricorrere ai santi, facendo lunghi e faticosi pellegrinaggi, quella rocca fu convertita in un romitorio che si disse di San Gottardo. V’era una Chiesetta, a cui s’univano un palazzino, una casa rustica, forni, cisterna e giardino, dove allignavano, come al presente, le ficaje e i malagrani; — il Pievano di Mezzacorona era tenuto a provvedere alle cose del culto per mezzo di un sacerdote accetto e gradito ai Signori del Castello. I pellegrini, che lo visitavano annualmente, erano numerosissimi, tanto che papa Innocenzo VIII intervenne con un breve dell’ultimo di febbrajo 1489 a stabilire il modo, con che si doveano dividere le pie offerte. Sembra dal breve che la devozione a San Gottardo fosse in quel tempo giunta al suo colmo. Scadde di poi, finché la rocca e la chiesetta furono abbandonate, non rimanendo ora che rotte muraglie, e lo stemma degli antichi Signori che si vede sopra la porta interna delle ferritoje raffigurato da due rami di cervo. La statua di San Gottardo in legno dorato fu tolta di là, e trasportata nella Cappella dell'attuale Castello; per la qual cosa non v'è più residuo di quella devozione, e il salire a quella rocca non alletta, che la vista di uno stupendo panorama, il quale si prolunga sino a Castel Beseno.
Ultimo degli antichi Signori di Mezzacorona fu Giovanni, la cui unica figlia Dorotea sposò Nicolò di Firmian, famiglia delle più cospicue del Trentino; e per questo matrimonio i Conti di Firmian conseguirono la giurisdizione dinastiale di Mezzacorona, la quale incominciarono ad esercitare nell’anno 1473 e la tennero senza interruzione sino al 1825, in cui ebbero a rinunciarla al Governo, contenti di conservare per loro tutti i titoli ereditarj, compreso quello di Maresciallo perpetuo del Principato di Trento, ed altri privilegi colle decime feudali.1 Il Castello di Molveno sorgeva presso il paesello suo omonimo. È probabile che la casa di Molveno fosse derivata da quella di Alberto di Stenico; e pare che la famiglia antica dei Signori di questo castello avesse cessato di esistere circa l' anno 1400. — La dinastia passò allora, insieme con Andalo, a Bartolomeo Concini di Casez; poi al Conte Nogarola di Verona, e successivamente ai Conti di Sporo (Spaur), ai Conti di Terlago, ai Rodemonte, finché verso l’anno 1710 la ebbero i Conti Saracini che la conservarono sino al tempo, in cui le giurisdizioni feudali vennero surrogate dai Giudizi governativi.
Il Castel Belforte si tiene sopra una rupe tra Spormaggiore e Cavedago, ed è in ruina. Era il castello di Sporo antico, che poi mutò nome forse a riguardo della sua posizione, che lo rendeva ameno e maestoso insieme. Vi tennero giurisdizione diversi Casati, e ultimamente i Conti Saracini, che tuttora possedono il Castello. - Sotto Giuseppe II quella giurisdizione fu incorporata (1785) con quelle di Sporo e Flavon, e cessò intieramente coll’ abolizione del reggime feudale. — Fra Dercolo e Segonzone fa bella mostra di se il Castel Bellagio, sede degli antichi Signori di questo nome, ai quali appartenevano i diritti feudali sulle contigue cam- pagne. Ultimo rampollo di questa famiglia fu Elisabetta di Bellagio o Ballasio, che sposò Arnoletto Khuen (1380) e trasmise a’ suoi discendenti la Signoria o feudo in discorso. Ne sono tuttora in possesso i Conti Khuen residenti in Monaco.
Il Castello di Sporo, chiamato anche di Sant'Anna, giace in colle tra i due paeselli di Spormaggiore e Sporminore. È anch'esso abbandonato alle ingiurie dei tempi, come altri castelli eretti nel Trentino a freno dei popoli. Spetta alla Famiglia dei Conti di Sporo, ed è noto, che nell'anno 1419 (25 Agosto) fu arrestato dal Signore di Sporo il Vescovo Giorgio di Lichtenstein, strenuo difensore dei diritti del Principato trentino, e tradotto in questo castello, dove morì nel Settembre seguente.
Le più antiche notizie di que' Signori ci provengono dall’anno 1185, nel quale viveva Valterio di Sporo. Essi aveano giurisdizione estesa da Sporo, a Belforte, Flavon e Mezzolombardo; si dicevano di Sporo, e solo colle investiture che ottennero dipoi dai Conti del Tirolo intedescarono il loro titolo, dicendosi di Spaur.
Il Castello di Enno ha vestigia che si vedono al colle sotto il paesello di Denno verso settentrione. Lo possiede la famiglia de’ Ricci; la quale è altresì in possesso dal rovinato Castel Corona che giace in una grotta sopra il paesello suddetto. Il Vescovo Federico Vanga lo avea dato in feudo (9 Luglio 1217) ai fratelli Giacomo, Roperto e Ottolino di Enno; ed è questo il castello, dal quale prese il titolo la cospicua famiglia degli Alberti, che nella seconda metà del secolo XVI scese a Pergine, e diede poi alla Chiesa trentina due Principi Vescovi, Giuseppe Vittorio e Francesco Felice, al quale dobbiamo gli Annali del Principato ecclesiastico di Trento pubblicati per cura di Tomaso Gar, e le Micellanee, che si conservano manoscritte nella Biblioteca della nostra città.
Il Castello di Tono (602 m.) torreggia maestoso e splendidissimo su di un colle soprastante al paesello di Toss, verso oriente. Forma uno dei più belli ornamenti della valle di Non, ed è abitato dalla nobilissima Famiglia de’ Conti Thunn, una delle più antiche e influenti famiglie del Principato Trentino, il cui rampollo ora s’innesta nell’animo colto e gentile del Conte Matteo. — Vi si conserva religiosamente un Archivio che è della maggiore ricchezza e rilevanza2; ed il Castello era detto anticamente di Belvesino, forse per la bella sua posizione, che dà luogo ad una vista stupenda ed estessissima. Non è il castello primitivo, da cui prese il nome l’illustre Famiglia, chè questo mostra le sue ruine appena passata la Rocchetta. — Alla medesima famiglia appartengono: il Castel San Pietro sul monte dello stesso nome, e la torre e castello di Visione, che si vuole di origine Romana, e che avesse servito ad avvisare i presidii romani, stanziati nell’Anaunia, dei movimenti del nemico; il primo situato in quel di Vigo, ed il secondo sul vertice d’un monte sopra la Rocchetta, ed ambedue diroccati.
III.
ESCURSIONI ALPINE
Distanze
in ore di cammino da Mezzolombardo a varii punti alpini.
Da Mezzolombardo alla Cima della Paganella per Fai | ore | 6 | min | — |
Da Mezzolombardo al Monte Malachino per la Rocchetta e Vigo | » | 6 | min | — |
Da Mezzolombardo alla Cima del Peller per Spormaggiore e la Rocca | » | 14 | min | — |
Da Mezzolombardo alla Cima del Peller per Tuenno, il laghetto di Tovel e la Tussulla | » | 13 | min | — |
Da Mezzolombardo alla Flavona per Spormaggiore, la Lovartina e il Prà dell'Asen | » | 11 | min | — |
Da Mezzolombardo alla Cima Tosa per Fai, Molveno e Bocca di Brenta | » | 9 | min | — |
Da Mezzolombardo al Grostè per la valle di Spormaggiore, il Campo della Flavona e il sentiero di Santa Maria | » | 9 | min | — |
La Paganella chiamata anche monte Zambana, si sta tra la valle di Andalo e l’Adige, s’attacca al monte Gazza col quale ha in comune la dolomia, di che si forma la sua massa ed appartiene ai Comuni di Zambana e di Fai; al primo con due cascine, Zambana e Olteson, ed al secondo con una cascina denominata Malga di Faj. Una vasta prateria si estende alla base nei luoghi chiamati alla Rocca e Gambinel; più sopra crescono i pini e gli abeti, ai quali s'unisce qualche larice, e poi tutto è scoperto sino alla punta delle due cime, del Becco di Corno (2120 m.) e la Roda, che non è sì elevata quanto la prima, nè dà come essa la bella vista del lago di Garda. Vi crescono: il Bianco di roccia (Gnaphalium Leontopodium Scop), l'Hieracium aurantiacum L., la Saxifraga adscendens L., l' Anemone baldensis L., la Sibbaldia procumbens L., la Gypsophila repens L., l' Alsine laricifolia Wahlb. ecc.
Il monte Malachino (1383 m.) sorge ad oriente di Castel Thunn, ed appartiene alle così dette Tonere, a quel complesso di monti, che coi nomi di Portole, Roccapiana, Cucco, Orza, e Borcola dividono i Comuni di Vigo e Toss da quelli di Mezzacorona e Roverè della Luna. — La Rocchetta (283 m.) si fa di una rupe gigantesca che monta a settentrione di Mezzolombardo, formando due costiere quasi verticali ed una stretta che va nel loro mezzo e per la quale passa la strada che mette a Cles sulla destra del Noce. Un forte costruito negli anni 1860-1861 custodisce e difende quel passo, al luogo stesso dove antecedentemente era una torre, avanzo di un castello appartenente ai Conti del Tirolo, e dove si pagava un dazio su certe merci che entravano ed uscivano dalla valle di Non o Anaunia.
Il Peller (2316 m.) sorge a ponente di Terres nel Distretto di Cles. — Forma parte del gruppo dello Spinale su quella serie di monti che separano a settentrione la valle di Non da quella di Sole, e consta delle formazioni cretacee proprie delle nostre alpi. Tiene a mezzogiorno la Flavona, e tra questa montagna, la valle di Tovel e quella che da Dimaro mette a Campiglio ed a Pinzolo, spiccano le vette del Pallon della Denna (2314 m.), della Nana (2199 m.), del Sasso rosso (2650 m.), così appellato dal colore del suo cocuzzolo, che fa contrasto al grigio della dolomia sottostante; del Padom (2630 m.) e del Sasso Alto (2929 m.) — La cascina (Malga) Tassulla (2070 m.) gli sta sotto, e da questa alla cima del Peller non è da fare che circa un'ora e mezza di cammino. Dal Monte Rocca (2120 m.) poi, che appartiene al Comune di Sporminore e s’eleva ad occidente di Spormaggiore, alla medesima cima, ne occorrono otto. Esso dista da Mezzolombardo sei ore di cammino e tiene ad occidente la Flavona, a mezzogiorno Bedole (2259 m.), a nord-owest Borcolo (2390 m.), la Cima del Fiblon (2667 m.), quella dell'Inferno (2494 m.) e la Lovertina (2284 m.), che sorge tra la valle di Sporminore e quella di Tovel nota pel suo laghetto dove si pescano i salmarini che giungono talora al peso di tre o quattro Chilogrammi. — Alla sommità del Peller ci corrono alla vista cento paesi, che si scorgono quasi tutti ad occhio nudo; panorama splendidissimo, che non si può godere più bello su nessun'altra cima dell’Anaunia.
Tuenno (648 m. — 1432 ab.): ameno paesello posto alla sinistra della Tresenga che nasce dal laghetto di Tovel sulla strada principale che mena a Cles, sede del Distretto capitanale del suo nome, a cui Tuenno appartiene. Si discosta da Mezzolombardo 4 ore di cammino; e un tempo avea proprio castello, il quale fu distrutto insieme con Sant’Ippolito e Altaguarda (1407) dagli abitanti della valle di Non insorti contro i ministri del Principe Vescovo di Trento — Da questo paesello alla Cima del Peller occorrono circa 9 ore di cammino, e vi si va prendendo la via che mena al laghetto di Tovel (1165 m.), al quale si giunge per comoda strada in circa tre ore. Colà è la casetta dei Conti Firmian, a cui spetta la pesca del lago, la quale può dare alloggio a 15 persone, e può servire all’alpinista in ogni tempo, chiedendone la chiave al Comune di Tuenno. Di là in 2 ore si monta alla Malga Tuenna; vasto fabbricato con due camere a letti, aperto nella stagione, estiva quand’è il bestiame, e prima e dopo servibile per chi ottiene la chiave dal Comune predetto. — Da questa cascina per l’alpe Val Formiga (2393 m.), e i pascoli della Nanna (2199 m.) si giunge alla cascina Tassulla, impiegando 3 ore, e alla Cima del Peller coll’aggiunta, come fu detto, di un’altra ora e mezzo. — Tenendo poi a sinistra la Torcola si giunge in un’ora circa alla Malga di Cles; altro comodo alloggio per sei persone nella stanza del conduttore della cascina, ed altro luogo che dà bella vista, prospettando di là, verso tramontana, quasi tutta la bella valle di Rabbi. Dalla Clesa in tre ore si discende comodamente a Malè, in 4.30 a Cles. — Da Tuenno in fine, tenendo la strada della Malga Fraine e Campo Tuenno si ascende direttamente alla Cima del Peller impiegando 6 ore di cammino.
La Flavona (2914 m.) s’erge in fondo alla valle di Tovel, ed è il centro delle meraviglie che dispiegano da questa parte gli strati ad Avicula contorta. Primo a colpirci è il Torrione (2376 m.), che monta isolato ed incorona l’alpe con calcari marnosi nerastri, e che prospettato da plaghe diverse ci si presenta in forma ora di cupolo a pero, ora di nave ed ora di torre a merli formati da massi erosi, d’onde il suo nome. Ha per base i calcari corallini coll’esteso della Flavona superiore, coperti da verdeggianti pascoli, da una flora stupenda, gradino possente alla piattaforma dell’alpe dove posano sulla dolomia principale che si mostra alla destra della Tresenga, e dai Pozzoi fa sgabello al Pra dell’Asen, attraversa il piede della Valle Strangola e si nasconde al sud del lago di Tovel(3) — Indi ci colpiscono le vette del Fiblon e della Gajarda (2626 m.); le prime ad oriente, e le seconde a mezzogiorno della Flavona, anche queste della natura del Torrione; e in fine il Mondifrà (2931 m.) e le altre vette dell’imponente gruppo di Brenta, il più maestoso e severo dei gruppi che spiccano ai lembi dell’Anaunia, una delle varie diramazioni dello Spinale. — Da Mezzolombardo per Spormaggiore alla Lovertina è uopo impiegare circa 7 ore di cammino; da questa al Prà dell’Asen, 2 ore, ed altre due per montare da esso alla Flavona.
La Cima Tosa (3179 m.) è la più elevata del gruppo di Brenta. Sorge ad occidente di Andalo, sul confine delle Giudicarie, e si vede da lungi co’ suoi campi gelati e la bianca calotta che le misero in testa le miriadi dei secoli passati dopo la sua comparsa. È la cima che stuzzica l’ardore dell’Alpinista trentino, e fu raggiunta la prima volta nel 1865 dal geologo Giuseppe Loss di Primiero, poi dal Payer e da altri, ed ora non è nessuno che visitando quel laberinto di montagne non si cimenti di salirla. Consta di dolomia principale e di calcare liasico; le due formazioni che si presentano quasi ovunque divise e separate dagli strati ad Avicula contorta. Pare che la vita non v’alligni e nondimeno qua e là, dove le nevi e i ghiacci non coprono le rupi, spiegano le loro delicate corolle quelle brillanti pianticelle che formano la delizia del botanico. La vista vi è poi stupenda: abbraccia i monti e le valli sottoposte, l’immenso anfiteatro alpino dell’Ortler, dell’Adamello, della Presanella ecc.
Il Grostè (2657 m.) si sta ad occidente del Torrione, ed ha in ischiena le cime di Vallesinella, dalle quali la vista si estende sino a Molveno, sino a Comano, sino a Carisolo comprese le valli di Algone e Brenta. Ha un Passo suo omonimo, che separa la sua Cima di quella che rimase innominata sino all’Agosto del 1875, ed ora, per lo battesimo conseguito dai nostri Alpinisti, è detta Cima Roma. Tiene a mezzogiorno la Cima Brenta (3015 m.); e tra questa e la Tosa s’apre la Bocca di Brenta (2547 m.), che mette da Molveno alla bellissima Valle delle Seghe in Giudicarie.
- ↑ Circa i Signori di questa illustre casa si veda: Baldinuzzi (Luigi) I Signori di Firmian, Memorie genealogiche', Pisa 1878, op. in— 8° — Ad un giovane Cavaliere di questa illustre famiglia si lega la leggenda del Basalisco, che tuttodì passa per le bocche del volgo, e si vuole confirmata nelle figure poste in rilievo sopra una lapide esistente in Mezzacorona, destinata a passare al Museo di Trento. Si narra che il Basalisco si teneva sulle rupi superiori a San Gottardo, e che volato una volta sul monte dell’antico castello di Tono, vi lasciò cadere una goccia del suo veleno, onde quel monte rimase sterile d'arbori per sempre. Tant’era micidiale quel mostro, che la gente uccideva col solo alito! Nessuno avrebbe osato combatterlo; ma uno de’ giovani Firmian se ne acciuse, e giunto ad illudere la malizia del fiero animale, lo uccise con un colpo di freccia.
- ↑ Gar (Tomaso) L’Archivio del Castello di Thunn, Cenni. Trento, Monauni, 1857, op. in-8°.
- ↑ Loss (Giuseppe) L’Anaunia, saggio di geologia delle Alpi trentine. Trento, Seiser, 1877, p. 115 e seg.