Tre luigini inediti di Campi
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APPUNTI
di
NUMISMATICA ITALIANA
I.
TRE LUIGINI INEDITI DI CAMPI.
Poche e rarissime sono le monete de’ Principi Centurioni-Scotti, marchesi di Campi. Otto sole ne conosciamo dalle opere numismatiche finora pubblicate, e di esse credo utile premettere un rapido cenno. Nello splendido Catalogo delle monete d’oro del Museo di Vienna, pubblicato da Duval e Froelich nel 17691, troviamo il disegno di due doppie del principe Carlo Centurioni-Scotti2, una dell’anno 1661, l’altra del 1662.
L’Olivieri pubblicava nel 1862 una interessante monografia sulle Monete e i Sigilli dei principi Centurioni3. È l’unica operetta che tratta diffusamente della storia di questa officina monetaria, dei feudi di questi principi, dei privilegi loro concessi dagli imperatori, dei contratti di zecca, e delle varie specie di monete da loro coniate. Una tavola aggiunta ci offre il disegno di cinque monete di Campi, e l’autore, dandone la descrizione, dichiara di non averne vedute altre in tutte le collezioni pubbliche e private di Genova, compresa quella della stessa famiglia Centurioni, dove si conservano gelosamente tutte le memorie relative a quel casato. — Le monete da esso illustrate sono le seguenti:
Carlo Centurioni (1654-63). Una Doppia d’oro del 1662 (una delle due già pubblicate nel Catalogo del Museo di Vienna), e un Testone (?) di tipo identico alla doppia.
Gio. Batta Centurioni colla moglie Giulia Serra (1668-72). Una Doppia d’oro del 1668, e due Testoni (?) dello stesso tipo, uno dell’anno 1668, l’altro del 1672.
Lo stesso Olivieri poi, in un suo articolo su monete e medaglie di famiglie genovesi, inserita nella sua Rivista della Numismatica antica e moderna4, pubblicava nel 1864 due altre monete di Campi, in aggiunta a quelle da lui descritte nell’altra sua opera citata. La prima è uno zecchino del principe Gio. Battista Centurioni dell’anno 16685. La seconda è un luigino dall’Olivieri attribuito a Giulia Serra moglie del principe G. B. Centurioni. L’autore riporta quel luigino dall’opera del Poey d’Avant sulle monete feudali di Francia6, accennando però che il numismatico francese dubita che quella moneta appartenga a principe tedesco7.
Tutto ciò infatti che potrebbe far attribuire quel luigino alla prefata principessa, sarebbero le prime lettere della leggenda del dritto IVL • M •, che l’Olivieri interpreta Iulia Maria, e la data del rovescio 1669.
Quanto al nome Iulia Maria è bene notare che esso era comune a molte principesse dell’epoca, sì italiane che straniere. La data poi 1669 si trova su moltissimi altri luigini anonimi, coniati in officine italiane ad imitazione di quelli di Dombes. Si potrebbe da ultimo aggiungere (se questo argomento può avere qualche valore) che la leggenda del rovescio MELLIBAT • EX • LILIIS non è una delle tre state proposte dai teologi, dietro loro richiesta, ai principi Centurioni, pei loro luigini di Campi. Esse erano le seguenti:
- DICO HVIC VADE —
- SVM SVB POTESTATE —
- CENTVPLVM GERMINABIT8.
Quest’ultimo motto lo vedremo appunto nel rovescio dei primi due luigini che sto per descrivere, e, con qualche variante, anche in quello del secondo.
In ogni modo, il luigino pubblicato dal Poey d’Avant e riprodotto dall’Olivieri, resta tuttora di incerta attribuzione, e non porta nome di zecca.
Nel settembre dell’anno 1889, in un gran ripostiglio di luigini scoperti presso l’isola di Andrea (Mar Egeo) e appartenenti, per la maggior parte, a zecche italiane, furono trovati tre luigini, coniati a nome di Giulia Serra, moglie del principe G. B. Centurioni. Essi portano il nome della zecca e sono perciò i primi tre luigini di Campi di sicura attribuzione. — Due d’essi si trovano ora nella mia collezione; il terzo passò in quella del conte Nicolò Papadopoli di Venezia, che gentilmente mi volle mandare la moneta in esame, autorizzandomi a pubblicarla, per il che io gliene rendo qui i più sentiti ringraziamenti.
Ecco pertanto la descrizione dei tre luigini:
Peso gr. 1.100.
D/ ― IVLIA • M • PRINCIP CAMP •
Mezzo busto di donna a d. Sotto il busto un punto.
R/ — CENTVPLV GERMINAB •
Stemma coronato coi tre gigli di Francia, sopra i quali il lambello a tre pendenti. Ai due lati dello stemma, la data 16 68.
- (Coll. Gnecchi).
Peso gr. 2.300.
D/ — IVLIA • M • PRINCIP • CAMPI •
Mezzo busto di donna a destra.
R/ — CENTVPLVM • GERMINABV •
Stemma coronato coi tre gigli e il lambello come nel precedente. Ai lati dello stemma 16 68. Due rosette sopra lo stemma e una sotto.
- (Coll. Papadopoli).
Peso gr. 1.800.
D/ — IVLIA • M • PRINCIP • CAMPI •
Mezzo busto di donna a d. Sotto il busto nna rosetta.
R/ — P · · RA GERMINAT BON •
Stemma coronato ooi tre gigli di Francia, e il lambello c. s. Ai lati dello stemma 16 69. All’esergo 4.
- (Coll. Gnecchi).
Il rovescio di questo luigino sfortunatamente è molto sconservato e ne riesce un po’ difficile la lettura e l’interpretazione.
Quanto al motto, il quale, come quello degli altri due luigini, si riferisce evidentemente ai gigli, io lo completerei in: plvra germinat bona, motto che avrebbe un senso molto analogo a quello dei precedenti. Il numero 4, posto all’esergo, è il segno della bontà della moneta, ossia di oncie quattro per una libbra d’argento, come troviamo nei numerosi contratti di zecca per la battitura dei luigini stipulati dal principe G. B. Centurioni con vari zecchieri negli anni 1668 e 1669, contratti riportati per intero nella citata opera dell’Olivieri.
Il titolo di questi luigini è evidentemente bassissimo e forse minore di quanto si conveniva nei citati contratti. Straordinaria poi e degna di nota è la differenza di peso fra queste tre monete (gr 1.100 — 1.800 — 2.300), mentre, avendo io pesato più di cinquanta luigini di Dombes degli stessi anni e appartenenti a quel medesimo ripostiglio, ho verificato che il loro peso oscilla fra gr. 1.750 e 1.900. Consultando i contratti di zecca, trovo, com’è naturale, che i luigini dovevano sempre avere uno stesso valore; perciò mi pare che questa grande differenza di peso non sia da attribuire che alla fretta e negligenza degli zecchieri, i quali, provveduti di scarsi mezzi di fabbricazione, si obbligavano per contratto a consegnare quella data quantità di monete ogni mese, e fino ogni quindici giorni, sottostando anche a multe in caso di mancata consegna. Queste monete poi, come dirò in seguito, erano destinate esclusivamente al commercio col Levante, quindi meno delle altre monete soggette a controllo per parte degli stati confinanti e dei sovrani che accordavano il privilegio di zecca; nulla quindi di più naturale che si usasse minor rigore e diligenza nella loro fabbricazione. Noterò da ultimo che sotto il nome di zecca di Campi non si deve intendere una sola officina monetaria. Precisamente negli anni 1668 e 1669 il principe G. B. Centurioni aveva attivato nella giurisdizione di Campi varie officine, di cui tre in Campi stesso, una a Gorreto, un’altra a Catabiasco, ed altre, di cui nei capitolati di zecca non è indicato precisamente il nome della località. Supposto anche, come vuole taluno, che in alcune di queste officine non si sia effettivamente lavorato, è ormai accertato, da una nota sincrona pubblicata dall’Olivieri in fine al citato articolo sulle monete e medaglie dei Centurioni, dei Doria e degli Spinola, (Rivista della Num. antica e moderna, pag. 64 e 65), che nella giurisdizione di Campi, lavoravano ad un tempo tre ofiìcine monetarie. — Questa suddivisione di zecche, per coniare le stesse monete, unita alle cause suaccennate, può in gran parte spiegare la irregolarità del loro peso.
La zecca di Campi viene pertanto arricchita di tre nuove monete, e resta assodato che colà si battevano luigini negli anni 1668 e 1669. Queste monete, più spesso denominate nei contratti di zecca gettoni, ottavetti o marchesini al pari di altre contemporanee di zecche italiane, imitavano esattamente il tipo dei luigini di Anna Maria Luisa di Borbone, principessa di Dombes, ed erano, come dissi, esclusivamente coniate pel Levante. Colà il loro tipo godeva gran credito e quelle popolazioni le accettavano volentieri, adoperandole anche come ornamento, badando quindi più alla bellezza dell’impronta che all’intrinseca bontà del metallo. Siccome poi colà si accettavano di preferenza i luigini con ritratto di donna, così i nostri principi si affrettarono a stampare su quelle monete, anziché il proprio, il ritratto delle loro mogli, oppure delle teste muliebri ideali.
Nei contratti per la battitura di questi luigini, vediamo spesso fra le condizioni per la durata della concessione, che quelle monete siano accettate nella Turchia e negli stati adiacenti. In un contratto stipulato fra il principe G. B. Centurioni e il sig. Luciano Centurioni, in data 6 dicembre 1668, per la battitura dei luigini, si stabilisce “che quella obbligazione non abbia loco e sia nulla sempre che dal Gran Turco o suoi ministri escissero proibizioni, ed ordini rigorosi che non si potesse più introdurre ne’ suoi Stati di detti Ottavetti”9. In un altro contratto, conchiuso dal detto principe con Giuseppe Maria Deferrari, in data 24 dicembre 1668, “si ripete che detta obbligazione però non abbia loco e sia nulla sempre che per parte del Gran Turco da suoi ministri fosse proibito il non potersi più portare né introdurre nei suoi Stati detti ottavetti, di modo che per queste proibizioni non avessero più il dovuto smaltimento” 10.
La stessa condizione vediamo ripetuta in altri contratti di quell’anno 1668 e del seguente.
Altre officine monetarie, fra cui quelle di Tassarolo, di Loano, di Fosdinovo e di Tresana,11 imitavano quell’esempio e andavano inondando la Turchia e l’Asia Minore di questi luigini, con gravissimo danno di quei paesi, giacché per l’ingordigia dei principi e dei loro zecchieri, quelle monete, già di bontà molto inferiori alle francesi, erano andate di continuo peggiorando, talché anche in quei paesi tali frodi furono talvolta scoperte, e gli agenti di quella vergognosa speculazione si videro costretti a salvarsi colla fuga o a vedersi sequestrate le partite di luigini che tentavano di mettere in commercio. La cosa era giunta a tal punto, che tutti i principi italiani proibirono il commercio di quelle monete, e la Repubblica Genovese, con decreto del 18 luglio 1667, vietava l’introduzione nel suo stato di tutte le monete mancanti e di bassa lega, e specialmente degli ottavetti12.
Infatti, in una concessione di zecca del principe G. B. Centurioni, la quale non porta data, ma dovrebbe essere posteriore a quell’anno 1667, si prescrisse che le monete battute in Campi non debbansi spendere dentro il dominio della Repubblica13.
Ma la persecuzione ai luigini non ebbe tregua: i principi e le repubbliche con ripetuti editti proibirono quelle monete, minacciando gravissime pene ai detentori, e questi si affrettarono a distruggerli. Da ciò la loro rarità.
PS. Quest’articoletto era appena licenziato per le stampe, quando mi giunse dalla Grecia un altro piccolo avanzo di quel citato ripostiglio di luigini scoperto presso l’isola di Andros. Nulla di relativo alla zecca di Campi trovai fra quelle monete, ma invece vi rinvenni altri luigini prodotti in zecche italiane e un certo numero di luigini anonimi molto verosimilmente fabbricati in Italia ad imitazione di quelli di Dombes. Mi propongo quindi di descriverli in un prossimo fascicolo, aggiungendovi anche gli assaggi di titolo, molto importanti per monete, che sono tuttora di incerta attribuzione. Darò poi il disegno di quelle tuttora inedite o che furono solamente descritte nelle opere numismatiche.
- Dicembre, 1890.
Note
- ↑ Monnoies en or, qui composent une des différentes parties du Cabinet di S. M. l’Empereur depuis les plus grandes pièces jusqu’aux plus petites. Vienne, 1759, in fol., pag. 258.
- ↑ Il principe Carlo Centurioni-Scotti aprì l’officina di Campi nel 1654, per concessione dell’imperatore Ferdinando III, e vi battè moneta in oro e argento, fino all’anno 1663.
- ↑ Olivieri A., Monete e sigilli de’ Principi Centurioni-Scotti che serbansi nella Regia Università ed in altre collezioni di Genova, Ivi, 1862, in-8, con una tavola.
- ↑ Olivieri A., Monete e medaglie delle famiglie genovesi dei Centurioni, dei Doria e degli Spinola, di recente scoperte. — «Rivista numismatica antica e moderna». Vol. I, pa. 68-65; tav. II, N. 8 e 4.
- ↑ Questo zecchino, forse unico, già posseduto dal Sig. Franchini di Genova, si trova descritto nel Catalogo della sua collezione (Pag. 14, tav. I, n. 167), ed è ora posseduto dal conte Nicolò Papadopoli di Venezia.
- ↑ F. Poey d’Avant, Monnaies féodales de France. Paris, 1858-62, in-4° (Vol. III, tav. CXIX, n. 10, e pag. 117, n. 5267).
- ↑ Olivieri, Op. cit., pag. 59. Ecco la descrizione di questo luigino:
- D. — IVL • M • S • R • I . PRINC • SOVV • DOM • Testa di donna volta a destra.
- D. — IVL • M • S • R • I . PRINC • SOVV • DOM • Testa di donna volta a destra.
- ↑ Olivieri, Monete e sigilli dei principi Centurioni-Scotti. Pag. 29.
- ↑ Olivieri, Op. cit., pag. 31.
- ↑ Idem, Op. cit., pag. 33.
- ↑ Su di un luigino anonimo, battuto a Fosdinovo, notiamo noi diritto la leggenda: HANC ASIA MERCEM QVAEBIT. Qaesto, come altri simili, che si leggono su altri luigini pure anonimi, ma certo di fabbrica italiana, provano chiaramente lo scopo a cui servivano queste monete. E così i nostri principi italiani, spacciando nel Levante i loro luigini contraffatti e adulterati, aggiungevano al danno le beffe.
- ↑ Olivieri, Op. cit., pag. 53.
- ↑ Idem, Op. cit., ivi.