Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro III/Capitolo 72
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Esempio di due nobilissimi scholari di cappadocia, gregorio et basilio santi. Cap. LXXII.
Per sigillo di questo nostro discorso, nelquale havrei desiderato di dare utili avvertimenti al nostro padre di famiglia, reputando che la importanza della cosa gli richieda non poco, per sigillo dico, et concluso ne hò pensato di trascrivere una parte di quella eloquentissima oratione, laquale san Gregorio Nazianzeno scrisse in lode di san Basilio già morto, suo cordialissimo amico, et compagno di studio nella Città di Athene, chiamata madre, et maestra delle arti, et discipline. Certo dovria ogni scholare, che va à studio, leggere quella oratione et considerare attentamente tutto quello che si narra, de gli studii di questa rarissima coppia di due amici, et scholari, che furono poi quei due gran Vescovi et lumi dello oriente di santità, et di dottrina. Ma io per brevità lasciando molte cose mi contentarò di riferirne come hò detto solo una parte. Dice adunque così:
Pari speranza di dottrina, cioè di cosa sopramodo atta à commovere invidia, ci conduceva. Et nondimeno era bandita da noi la invidia ardendo solo di emulatione, la contesa nostra era, non quale di noi riportasse l’honore del primo luogo, ma quale lo cedesse al compagno, percioche ambedue riputavamo per propria, la gloria dell’altro. Pareva che una anima sola fosse in ambedue,, et portasse due corpi. Un solo pensiero era il nostro, di acquistar la virtù, et di accomodare le ragioni, et il modo del nostro vivere alle future speranze, già avanti la morte, partendoci dalla terra. Il che proponendoci innanzi à gli occhi dirizzavamo la vita et le attioni nostre, parte seguitando la guida della divina legge, parte stimulandoci l’un l’altro à lo studio della virtù, et se non è arroganza il dire, eravamo tra di noi scambievoilmente l’uno all’altro come regola, et norma di conoscere et distinguere il retto dal suo contrario, percioche la conversatione nostra non era con i più licentiosi, et più dissoluti de i nostri compagni, ma con i migliori et più costumati, ne meno pratticavamo con i più contentiosi, et inquieti, ma con i più tranquilli, et pacifici, et finalmente con quelli, la consuetudine de i quali grandissimi frutti, et giovamento ci apportava, havendo per cosa certa che molto più facilmente si piglia il vitio, che non si communica la virtù, cosi come più facilmente si casca nella malatia, che non si conferisce la sanità. Quanto poi alle discipline il gusto nostro era non delle più dilettevoli, ma delle più eccellenti, però che quindi anchora la gioventù prende forma, et qualità, ò de la virtù, ò del vitio. Due vie ci erano note l’una più principale, et più degna, cioè quella che conduceva alla santa casa di Dio, et à i sacri Dottori; l’altra secondaria, et non dell’istesso honore, et stima, quella dico che à i professori delle dottrine seculari menava, tutte le altre che guidavano alle feste, à i spettacoli, à i luoghi frequenti, et à i conviti publici, la havevamo lasciate à chi le voleva, percioche niuna cosa per mio parere è molto da apprezzare, la quale non apporta aiuto al bene, et honestamente vivere, et non rende migliori coloro che di lei sono studiosi. Sino à qui sono parole del gran Theologo, descrivendo l’imagine d’un ottimo et christiano scholare, nel tempo ch’egli era ottimo maestro.