Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro II/Capitolo 78

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Del rifrenar l’impeto de l’ira. Cap. LXXVIII.

Adunque il nostro buon padre dalle cose dette di sopra, prenderà materia secondo la capacità del fanciullo, di ragionargli di questo precetto della legge, Non occiderai, si ch’egli venga in grande abhorrimento, et come in uno horrore dell’homicidio, et reputi un’huomo micidiale quasi una fiera selvaggia, nemica de gli huomini, et dimostri al fanciullo che i magistrati usando della legitima potestà loro castigano con ultimo supplicio i delinquenti, et non sono rei, nè transgressori del precetto di Dio con tale occisione, anzi eseguiscono la voluntà divina, provedendo alla vita, et salute di molti con la morte, et castigo di alcuni pochi. Ma oltre le ragioni dette et che si potriano dire, è da considerare che l’effetto di cosi grave eccesso, come l’ingiuriar prima con le parole, poi con fatti, percotendo, dando ferite, et morte, ha la sua origine dalla immoderata ira et da altre passioni dell’animo, per tanto è necessario metter a buon hora a questi cavalli indomiti ilfreno della ragione et il giogo del timor [p. 78v modifica]di Dio, la legge christiana, legge amorosa, et perfettissima volendo tener il christiano lontanissimo da i più gravi peccati, prohibisce le cagioni remote, et per timor di grande incendio estingue sollecitamente per quanto si può, le faville de i nostri affetti. Però il Salvator nostro, parlando in san Mattheo di questo precetto, delquale ragioniamo, disse queste parole:

Havete udito dire che à gli antichi vostri fu detto, non occidere, et chi occiderà sarà reo di giuditio. Ma io dico à voi, che ciascuno che si adira contra il fratello suo, sarà reo di giuditio, et chi dirà al suo fratello, racha, sarà reo del Concilio, et chi gli dirà pazzo, sarà reo et colpevole del fuoco della gehenna. Dalla qual dottrina si comprende, che il christiano non solo si deve guardare dall’homicidio, che in questo genere è l’estremo male, ma dall’ira, dall’odio, dalle parole ingiuriose, dal desideio interiore, et da tutto quello che in qualche modo è via, et dispositione alla morte del fratello. Perilche come è detto mentre il fanciullo non intende anchor la gravezza del male, deve il buono agricoltore spianar le radici del male, et frenar l’ira, et gli altri affetti che sono nel petto nostro, non altrimenti che tante fiere. Sono i fanciulli per natura iracondi, et havendo diversi appetiti, et non li conseguendo, et non potendo per la debolezza dell’età difendersi da molte cose che loro dispiacciono, si accendono a sdegno, et ira, et non havendosi altro modo si vendicano col pianto; per tanto poco avvedutamente fanno coloro che attizzano i fanciulli invitandogli a dir ingiuria, et a percuotere chi gli ha offesi, somministrando esca all’ira, et appetito naturale della vendetta, anzi conviene fare tutto il contrario, et avvezzarli à sopportar alcune picciole ingiurie patientemente et à riconciliarsi facilmente, ilche da quella tenera et semplice età leggiermente si ottiene. Et perche i puttini sono vogliosi, et dimandano molte cose lequali alcuni per non sentirli piangere, subito le concedono loro, onde tuttavia sono più pronti a dimandarne delle altre per la instabilità della fanciullezza, di qui avviene che a poco a poco, diventano tanto amici del proprio volere, che se poi alcuna cosa è negata loro si sdegnano, et si adirano; per tanto è espediente romper i fanciulli nelle voluntà loro, et non permettere che diventino ostinati, et testativi, ma che siano pronti, et agili all’obedienza, et si volgano ad ogni verso, senza sentir durezza, ne passione, non altrimenti che i polledri ben domati, sono obedienti, et leggieri ad ogni piccolo movimento della mano del Cavaliere. Et questa cura , et diligenza è necessario usarla maggiormente con i figliuoli de i gentil’huomini et de i grandii, quali hanno più cose attorno, che nutriscono lo spirito della superbia in loro, come il delicato vestire, [p. 79r modifica]le molte commodità domestiche, molti servitori, molte carezze, et adulationi, et maggior facilità di haver ciò che vogliono, che se ben da principio sono desiderii fanciulleschi, crescono con gli anni, et vengono à tale, che se non sono ubiditi à cenno, prorompono in grande ira, et dicono villane parole, et sono intollerabili a i famigliari, et a i vassalli, et niun servitio aggrada loro. Et però avvenzinsi à buon’hora ad esser ubidienti, et a star contenti à quello che si dà loro, et à chiedere le cose non con imperio, ma con modestia, et timore, et à renderle volentieri quando à bello studio il padre, et la madre le richiede, et a sofferir di non esser sempre compiaciuti. Crescendo poi la capacità del fanciullo gli dimostri con ragioni la bruttezza dell’ira immoderata, laquale è chiamata da i savii furor breve, perche veramente un’huomo preso da vehemente collera, non usa di ragione, ma è a guisa di un pazzo furioso, onde il viso è pieno di un rossore di sangue, gli occhi sfavillano come fiamme, spuma la bocca, non trova luogo, et fa co’l corpo moti diformi, et grida et dice e fa cose delle quali, restinto quello ardore, ha grandissima cagione di pentirsi. È l’ira passione naturale, et perciò utile, et tal volta anchora necessaria per operare con un certo vigore, et vivacità molte attioni virtuose, et per saper riprendere, et castigare i falli de i soggetti quando fa bisogno, et insurgere contro a i vitii, onde i filosofi hanno chiamato l’ira, cote de la virtù, che arruota, et aguzza la virtù, non altrimenti che la cote il coltello; onde non si dice che avvezzi il fanciullo a esser stolido et stupido, ma a saper temperare l’impeto dell’ira, si che ella sia serva, et ministra, et non padrona della ragione, altrimenti non è cosa più intolerabile d’un huomo iracondo, et ciascuno fugge di trattar et conversar seco, et cosi ce ne eshorta il Savio ne i proverbii dicendo: Non esser amico d’huomo iracondo, et non pratticar con huomo furioso, aggiungendo che non è senza pericolo che si appicchi quel mal costume di adirarsi, onde si incorre poi in mille scandali, et disordini gravissimi, oltre ch’è cosa molto difficile conservarsi amico di tal huomo che per ogni leggiero incontro si rompe, et prorompe in indegnatione.