Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro II/Capitolo 65

Libro II - Capitolo 65

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Di alcuni abusi, et irreverenze che molti commettono ne i giorni festivi. Cap. LXV.

Si è detto, che nel precetto della osservanza delle feste, si prohibisce espressamente il fare opere servili, et manuali, et mercenarie, non perche di loro natura siano male, onde negli altri tempi lecitamente si fanno, ma perche ci distraggono dal culto divino, che è il fine di questo precetto, però grande è la cecità et miseria di coloro, i quali, ò non pretendono alcuna cosa nel giorno di festa, che il cessare dalle fatiche ordinarie, ò quello ch’è peggio, si danno allhora ad ogni licenza, et dissolutione, come se quello fosse il proprio tempo assegnato per allargare il freno alla carne, et a tutte le illecite voluttà, non si accorgendo, che niuna opera è più servile che il peccato, delquale è scritto, chi fa il peccato, è servo del peccato, ne è operatione alcuna quantunque mecanica, et bassa, che tanto ci distragga da lo studio delle cose divine, quanto il peccato, ilquale non solo ci disvia, ma totalmente ci disgiunge dall’amore, et unione con Dio. Per tanto è cosa grandemente lagrimabile il veder quanto poca osservanza sia communemente nel popolo christiano, del giorno della festa, et in quanti modi si offenda la divina Maestà, in quel tempo che spetialmente è stato deputato per honorarla. Lascio stare di quelli, che comprano, et vendono, et lavorano a prezzo, et fanno lavorare altrui, lascio alcuni altri, che per lievi cagioni non vanno pur a udir messa, ma chi potrà tacere di coloro, che aspettano la Domenica per immergersi nel fango di tutte le libidini? allhora si profana il tempio di Dio con sguardi pieni di lussuria, et si gettano gli huomini volontariamente nelle fiamme dell’inferno, et guardando fissamente gli obietti proportionati alla nostra fragile natura, restano miserabilmente feriti, et se ne compiacciono, et usano ogni artifitio per tirar alcuna semplice verginella, o altra anima innocente nella medesima perditione. Io non voglio esaggerar in questo luogo, la gravità di tanto peccato, come potrei, et forse dovrei, ma basti il dire che se [p. 70v modifica]non ritornano a vera penitenza, Christo nostro Signore con flagelli di fuoco, et con pena eterna, gli scacciarà dal Paradiso, Tempio celeste di Dio, poi che tanto sfacciatamente ardiscono di contaminare il suo Tempio terreno, et visibile, non vendendo buoi, et colombe, ma vendendo l’anima propria al Diavolo. Altri sono che consumano il giorno, nelquale si deve nutrir l’anima di cibo spirituale, nelle taverne, nelle ebrietà, et crapule, et spetialmente gli artefici, et quelli del popolo minuto, liquali in un giorno solo, gettano nella voragine insatiabile della gola tutte le fatiche della settimana, et spesse volte lo tolgono al nutrimento necessario della povera famigliuola, et ritornando poi la sera a casa, ebrii et fuori di loro medesimi riempiono ogni cosa di grida, et talhora battono le povere mogli, et danno occasione di maledir i giorni, instituiti per riempirci di benedittione, et di pace. Che diremo de i giuochi illeciti nutrimento di mille mali, seminario di risse, di biastemme, di inganni, dove, in breve spatio di tempo, disperdendo malamente il danaro, instrumento della cura famigliare, si perturba, et distrugge il buon ordine domestico per molti mesi? dallaqual cosa, quante male conseguenze habbiano poi origine, ciascuno può facilmente considerare per se medesimo. Ma che diremo anchora de i balli, molto famigliari, et proprii ad alcuni paesi? gli habitatori dei quali tanto maggiormente sono obligati a benedire il donatore d’ogni bene, et santificar più devotamente le feste, quanto maggior è la copia, et l’abondanza de i beni della terra, che Iddio ha dati loro; non è mio proponimento, di discorrere hora sottilmente di queste maniere di ricreationi, che forse considerate cosi nudamente, et nella loro propria natura, non sono male, onde alcuni hanno voluto difenderle, o almeno escusarle, ma descendendo, come si suol dire, all’atto prattico, et al modo commune co’l quale si fanno, non par da dubitare che vi si accompagnano di pessime circostanze; troppa pericolosa cosa è far congregatione di giovani huomini, et donne, dove non il freno della ragione, ne del timor di Dio, ma la licenza della carne guida il ballo, voglio dire, che quivi il luogo, il fine, i mezzi, et tutto quello che si fa, non serve ad altro, ne ha altra regola che la carne: chi porrà la paglia, et l’esca vicina al fuoco, et prohibirà la fiamma? chi potrà negare, che un giovane pieno di sangue, riscaldato dal moto, dal vino, dalla emulatione de i rivali, et dello obietto presente, non arda di concupiscenza, et di mille impuri desiderii? oltra che è molto mancata, ò del tutto estinta una certa antica simplicità de gli huomini, dellaquale anchora per fama si ragiona. Lascio di dire delle contentioni, et de i scandali che sogliono seguire, percioche il Diavolo non si sta con le mani a cintola, ma sa molto bene [p. 71r modifica]valersi della opportunità del tempo, et del luogo.

Hor io non intendo già ridurre le cose a tale estremo che non conceda alcuna ricreatione, etiandio nel giorno della festa, anzi è ella necessaria nella vita nostra, come forse si dirà in altro luogo, ma però la ricreatione ò sia publica, ò sia privata, ricordiamoci ch’ella è medicina, et come tale deve essere presa moderatamente et in modo che non si pregiudichi a maggior bene, cioè all’utilità dell’anima, all’honor di Dio, et alla riverenza, che si deve al giorno, et tempo santo di Domenica, et delle altre festività.